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TLC, Italia, PMI: ma la vera “frode” dov’e’ realmente?

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Ascolto ancora al tg l’ennesimo servizio sulle frodi nel mondo delle TLC. La riflessione non può che andare al mio lavoro di oggi e di ieri. Che nelle TLC ci siano aspetti sicuramente poco chiari, e’ cosa nota: le varie società, spesso estere ( in paesi compiacenti) che vivono e lucrano sostanzialmente sulla rivendita di traffico ( nazionale e non), e’ cosa nota e pure lecita (senza bisogno di arrivare agli estremi illeciti dei fatti di oggi). Rimane il dubbio se si tratti in realtà di fatti “al limite” o come si dice ( “border line”….BUD non me ne volere per l’inglese..) e che hanno in ogni caso, l’effetto di “regalarci” tariffe e servizi non certo tra i più competitivi.

Non ho naturalmente intenzione di puntare il dito su Fastweb o Telecom, visto che sono convinto che pochi potrebbero scagliare la famosa prima pietra ( provate per es. a capire dove risiede la sede legale di Vodafone e capirete il sottile giro finanziario che ruota attorno..), oltre al fatto che ovviamente c’e’ chi ha la competenza ed il ruolo per intervenire.

Vorrei fare semplicemente una riflessione più generale: in Italia abbiamo il costo/minuto dei servizi TLC che si colloca sulla media delle tariffe europee (e questo nonostante il famoso taglio dei costi di ricarica, che sembrava dovesse mettere ko i bilanci delle principali aziende del settore, per non parlare dei vari tagli dei costi di interconnessione), ma soprattutto (e questa credo sia la vera nota dolente) con servizi non certo evoluti: si parla di web 2.0, ecc.., ma ad oggi NON tutte le aziende ( e soprattutto le PMI, e aggiungo anche nel nostro territorio) hanno la banda larga!!! Abbiamo favelas brasiliane con postazioni internet a banda larga GRATUITE, ed invece nelle nostre civilissime regioni, la banda larga latita ed i costi rimangono alti.

Abbiamo liberalizzato il mercato, ma ancora le reti sono in grandissima parte Telecom, che le affitta ai vari gestori: sono linee spesso obsolete sulle quali Telecom, che ha un ottimo conto economico, ma un grandissimo indebitamento ( frutto forse di una finanza un po’ allegra..), inevitabilmente non investe come dovrebbe. Questo fatto non e’ banale, perchè un simile investimento porterebbe al sistema paese, un ritorno complessivo assai maggiore di un normale conteggio del ROI.

Anche quando ci sono idee innovative, chi governa il mercato non e’ rapido nel reagire. Vorrei farvi un esempio ( che non vuol essere uno spot per l’azienda per cui lavoro, – Tiscali – visto che la mia collaborazione con loro e’ in dirittura, ma solo il primo che mi viene in mente). Da poco e’ sul mercato Unica, un servizio semplice e geniale nello stesso tempo: un cellulare che si collega a seconda della copertura, alla rete tradizionale, o alla rete WI-FI di casa o ad una rete pubblica WI-FI ( ne esistono molte in giro per l’Italia, soprattutto nei centri urbani, anche se la cosa e’ poco nota: per esempio in Umbria, dove ora abito, sono ben 2, e tutte di buon livello): il vantaggio e’ di poter parlare o navigare, sempre con la tariffa più bassa possibile (molto innovativo per il mercato italiano, normale per mercati più maturi ed attenti al cliente come per es. i paesi nordici). Tutto questo e’ già tecnicamente possibile anche da subito, peccato che per fare questo, esiste un numero (chiamato nodale, che inizia con 55), che nessun gestore ha dichiarato voler aprire sulla propria rete. Il risultato e’ che, se chi ha introdotto il servizio, non inizierà una lunga battaglia legale, nessuno di noi ne potrà beneficiare! Provate ad immaginare un cliente di Bologna o Firenze che parla al cellulare con un solo costo fisso di pochi euro al mese….!

In definitiva, dalla situazione attuale, tutti guadagnano (Telecom ed i vari operatori) ma chi rimette siamo tutti noi (avete mai provato a chiamare i vari Call Center??… ). E non pensiamo che sulla rete mobile sia meglio, visto che ormai TIM e Vodafone hanno unificato i siti per le antenne ( premessa per avere una futura rete 4G in comune), così come Wind e 3 hanno già fatto per l’attuale rete 3G.

Forse un po’ di concorrenza vera, male non farebbe: provate a chiedere agli operatori mobili un’offerta per entrare nel mercato come operatori virtuali: avrete da tutti la medesima offerta!

Per non parlare poi del modello inglese, dove l’infrastruttura di rete e’ ancora di fatto unica, ma separata dal vecchio monopolista, ed utilizzata da tutti gli operatori a pari condizioni! Non si capisce perché da noi questo modello si sia applicato per le ferrovie e per l’energia elettrica, ma non per le TLC.

Mi viene in mente la famosa crisi energetica degli anni ’70: da piccolo e da buon ferrarese, giravo la domenica con la bici per la mia città, completamente libera da auto! Si chiamava “Austerity”. Già allora chi aveva buona capacità di visione (aggiungo oltre il proprio naso..), preannunciava la necessità di investire su nuove fonti energetiche, oltre alla necessità di sostituire il motore a idrocarburi con quello elettrico ( che erano nati insieme e che forse insieme si potevano sviluppare..): in realtà gli interessi di alcuni (chi si ricorda le Sette Sorelle??), hanno spostato l’asse temporale in avanti di oltre trent’anni….. con buona pace dei nostri bilanci e del nostro ambiente..!

Forse anche nelle TLC accadrà questo? Lo possiamo permettere?

Vista la qualificata platea degli amici di FDR, Consulenti, IT, persone di responsabilità in azienda, mi piacerebbe avere un vostro parere!

4 Commenti

  1. il mio non è un commento, ma una speranza:
    il tanto parlare di bisogno di cambiare mentalità e di innovare per superare la crisi economica, mi auguro si realizzi!!!!

    … tutti noi vogliamo vedere non solo parlare; ma già il parlarne ti permette di mobilitare energie per reagire!

    Grazie della riflessione!

    … anche io ripensando all’ “Austerity” provo nostalgia e anche un po’ di malinconia, forse dovremmo recuperare il significato positivo del termine per “superare la crisi”??!!!

  2. tutto vero, peccato siamo in italia.. il problema non è la localizzazione geografica del nostro paese, ma il fatto che le furberie sconfinano spesso e volentieri in veri e propri ladrocini perpetrati alle spalle e sulle tasche dei contribuenti.. Spiace dirlo ma è così per tutte le società. Finchè non avverrà un cambiamento culturale e mentale nulla cambierà.

    Allego un articolo di giornale, e purtroppo ciò che è scritto è tutto vero.. leggetelo fino alla fine e poi se volete commentate.. titolo: fastweb, la stangata..

    Oggi Fastweb e il suo fondatore, Silvio Scaglia, sono alle prese con un grande scandalo e una pesante inchiesta giudiziaria. Ma quando tutto iniziò, tra il 1999 e il 2000, si sentivano solo gli applausi: per l’impresa che prometteva di cablare Milano e poi l’Italia, portando il futuro – cioè telefono e internet superveloce a banda larga – nelle case degli italiani. Pochi, allora, osarono criticare il modo in cui fu fondato l’impero. Tra questi, quel rompiscatole di Basilio Rizzo, il consigliere comunale che fin dai tempi della Milano da bere fa le pulci alle scelte dell’amministrazione. La gloriosa fondazione, lui la chiamò così: “Quel pasticciaccio brutto di via della Signora”. In via della Signora, a un passo dal Duomo, c’era allora la sede dell’Aem, l’azienda energetica municipale, oggi diventata A2A. Lì vide la luce Fastweb.

    LA STRANA COPPIA. Personaggi e interpreti: Silvio Scaglia, il manager che dopo aver portato al successo Omnitel (oggi Vodafone), si lancia nel business della banda larga (anche se, detto oggi, sembra un’indelicata ironia). E Francesco Micheli, finanziere musicofilo che non ne sbaglia mai una, dalla scalata Bi-Invest a MiTo. I due, nel 1999, nel pieno della ubriacatura di massa per la new economy, fondano e.Biscom, poi si presentano al Comune di Milano e fanno il colpaccio. Tentano la Stangata, e ci riescono. A Milano nel 1999 c’è già una azienda che senza tanti clamori mediatici ha cominciato a cablare la città. Si chiama Citytel, è una società pubblica, interamente controllata da Aem. Sviluppa una tecnologia messa a punto da Nortel, un colosso canadese delle telecomunicazioni, e ha 80 chilometri di fibra ottica già posata e 400 da posare, attraverso il piano d’illuminazione pubblica della città: è previsto lo scavo delle strade per posare i fili elettrici, accanto a questi si possono mettere le canaline con le fibre ottiche. Ma a palazzo Marino piomba la coppia della Stangata, Scaglia e Micheli. Promettono di diventare “partner tecnologico” del Comune. E di cablare Milano, facendola diventare «come Palo Alto e Stoccolma, le città più cablate del mondo». L’enfasi, in quegli anni di ubriacatura tecnologica, pagava. I buoni rapporti con gli uomini al vertice del Comune, poi, sono determinanti, allora come oggi. La strana coppia conquista il sindaco, Gabriele Albertini. Affascina il suo capo di gabinetto, Aldo Scarselli. Convince il city manager, Stefano Parisi. Persuade il presidente di Aem, Giuliano Zuccoli. E stringe rapporti speciali con un assessore, Sergio Scalpelli.

    FIBRA OTTICA. La Stangata prende la forma di un complesso accordo tra i due di e.Biscom e il Comune di Milano. Si formano due società miste: la prima è Metroweb, trasformazione di Citytel, che dovrà posare i cavi; la seconda si chiamerà Fastweb e venderà i servizi sulla rete. Scaglia e Micheli sono minoranza in Metroweb (67 per cento Aem, 33 per cento e.Biscom), ma maggioranza in Fastweb (60 per cento e.Biscom, 40 per cento Aem). Non male, visto che la prima è la società che spende: prevede d’investire 500 miliardi di lire in dieci anni, comincia a stendere 3.200 chilometri di fibra ottica e s’indebita rapidamente per 200 milioni di euro. La seconda, invece, ingrassa.

    IL COLPO DEL SECOLO. Scarselli diventa presidente di Metroweb, Zuccoli di Fastweb, Scaglia amministratore delegato di entrambe. L’investimento di Scaglia e Micheli è, tutto sommato, modesto: versano 17 miliardi di lire in Metroweb (per il 33 per cento) e 18 in Fastweb (per il 60). Totale: poco più di 35 miliardi. Intanto la loro creatura, e.Biscom, che in pancia di significativo ha solo le partecipazioni in Metroweb e Fastweb, cresce fino a valere, secondo Merril Lynch, ben 12 mila miliardi. “Il colpo del secolo”, scrive Massimo Mucchetti. Anche perché nella primavera del 2000 i due la quotano in Borsa. Non quotano Fastweb (la società mista), ma la loro creatura e.Biscom. Con la gente che s’accapiglia per poter partecipare al collocamento e fa la fila per comprare le azioni, alla bella cifra di 160 euro l’una. Due milioni e mezzo di richieste, con sorteggio per determinare i 114 mila fortunati vincitori di una lotteria in cui i soldi non si prendono, ma si danno. Con questo bottino, Scaglia e Micheli hanno le liquidità da investire nel business che hanno promesso: rete a fibra ottica, per telefonia, tv e internet ad alta velocità, direttamente a casa. Negli stessi anni, nella Roma di Francesco Rutelli, la spagnola Telefonica fa un accordo con Acea, la società del Comune di Roma omologa di Aem. Ma paga ben di più, una settantina di miliardi, per una quota di minoranza (il 49 per cento) della joint venture per la gestione della rete. A questo punto, a Milano, in consiglio comunale c’è chi comincia a sentire puzza di bruciato: il verde Basilio Rizzo chiede “se il know how e la presenza di Aem abbiano avuto una valutazione congrua”. Micheli risponde che non c’è problema: «Fastweb l’avremmo lanciata anche da soli, e Aem avrebbe dovuto affittarci il cavo, dunque il 40 per cento va bene».

    I DEBITI AL PUBBLICO. Come sia andata a finire, si sa. Nel 2003, Fastweb viene acquistata tutta da e.Biscom, Metroweb tutta da Aem. I debiti al pubblico, i soldi al privato. Non solo: a pagare lo scambio è di fatto Aem, che sgancia 37 milioni di euro a Scaglia e Micheli per avere Metroweb e poi versa loro altri 240 milioni, sottoscrivendo un prestito obbligazionario convertibile in azioni e.Biscom. I due maghi prendono i soldi così incassati (277 milioni) e li girano a Aem per impadronirsi di Fastweb, che poi fondano con e.Biscom. Negli anni seguenti, anche Metroweb, che nuota nei debiti, viene venduta: nel 2006, dal nuovo sindaco, Letizia Moratti. Sottoprezzo, a una strana società lussemburghese, la Stirling, che poi si scoprirà molto vicina agli uomini Fastweb.

    I FEDELISSIMI. Premiati gli uomini del Comune che hanno fatto l’operazione: Stefano Parisi (il city manager) nel 2004 diventa amministratore delegato e direttore generale della società, e lo è tutt’ora. E Scalpelli (l’assessore amico) già dal 2001 passa a Fastweb come direttore delle relazioni esterne. Fastweb intanto cresce e guadagna. Oggi ha una rete in fibra ottica di nuova generazione che supera i 27 mila chilometri e nel 2008 ha dichiarato ricavi per 1.708 milioni di euro. Dal 2007 è passata a Swisscom. Scaglia ha fatto cassa, vendendo a 47 euro azioni che oggi ne valgono 13. Micheli invece ha divorziato da Scaglia subito dopo la Stangata: “Non ho litigato ma, come diceva Cuccia, apparteniamo a giardini zoologici diversi”.

  3. I comportamenti che Giuseppe denuncia sono possibili quando un settore, anche privato, è gestito come una corporazione.
    Le corporazioni sono poi praticamente inamovibili se i procedimenti giudiziari sono inefficienti (impossibile o antieconomico, alla fine, far valere i propri diritti).

    Non trascurerei che, se tt ciò allontana gli investimenti stranieri, dal punto di vista corporativo è solo un ulteriore benefit…

    La soluzione non può che essere politica.
    A buon intenditor…

  4. Considerazione purtroppo molto giusta, caro Domenico, temo che pero’ non vi sia soluzione, visto che gli interessi verso le TLC sono…trasversali…!

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