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Cronache da un altro mondo: Portogallo

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Mi sono laureato in Economia e Commercio a Bologna, all’inizio degli anni ’90.

In quel período, in Italia, stava avvenendo un terremoto politico, económico e sociale: mani pulite. Si iniziavano a vedere le prime avvisaglie di un grande processo di destabilizzazione e precarizzazione del mercato del lavoro e forse anche qualche segnale di future crisi, di rallentamento. Insomma, dopo l’inebriante ottimismo borghese degli anni ’80, in Italia, all’inizio degli anni ’90, era tutto fermo e si respirava un’aria pesante.

Dopo anni di libri e teorie varie, avevo voglia di vedere un pó come funzionavano le cose nel reale, come si viveva in una impresa, cosa si faceva in una fabbrica. Ed avevo anche voglia di viaggiare, di vedere un pó il mondo, di fare un’esperienza di lavoro all’estero. Forse, anche se non in forma del tutto consapevole, avevo voglia di allontanarmi un pó dalle miserie dell’amata Patria.

L’occasione per viaggiare e lavorare arriva quando, dopo uno stage di fine corso in una cooperativa di mobilieri a San Giovanni in Persiceto, riesco a farmi richiedere da una sua filiale all’estero. Com una borsa di studio della Comunitá Europea per un progetto di riorganizzazione aziendale, parto quindi per il Portogallo.

L’impatto con il lavoro e la cultura portoghese é straordinario. Il Portogallo é entrato da poco nella Comunitá Europea ed é in pieno sviluppo económico. C’é voglia di fare, di lavorare, ovunque. Ci sono operai in fabbrica che dopo il lavoro si dedicano ad attivitá in próprio. In fabbrica si lavora anche il fine settimana, se ce n’é bisogno, ed il commercio é sempre aperto. Mi stupisce che anche le persone piú anziane si dedichino al lavoro e a nuovi progetti con lo stesso entusiasmo di un giovane; spesso mi capita di rimanere in ditta bem oltre l’orario d’ufficio per parlare di lavoro, di problemi e progetti com colleghi e dirigenti bem piú grandi di me, e poi si va a cena tutti insieme. Insieme ad un colega molto piú anziano e ad un amico fabbro, costruiamo pezzo a pezzo un macchinario per il body-building, cosí, per divertimento e per il puro gusto di fare, di verificare se riuscivamo a fare qualcosa che avevamo visto e poi progettato.

Dopo pochi mesi di lavoro la ditta mi assume com un contrato a tempo determinato di un anno, contrato che poi diventerá, dopo due anni, a tempo indeterminato.

Mi rendo presto conto, non solo sulla base della mia esperienza personale, che ai giovani possono venire affidati incarichi di responsabilitá, in funzione delle loro capacitá e della loro voglia di fare e di migliorare. Avevo fatto amicizia con alcuni architetti italiani neolaureati, ad alcuni dei quali dopo pochíssimo tempo di atelier vennero affidati incarichi di accompagnamento e coordinamento di importanti cantieri.

Le gerarchie informali sono piú forti di quelle formali, dell’organigramma. In azienda é piú ascoltato e rispettato chi é bravo anche se há un livello d’istruzione basso piuttosto che un laureato incompetente e gerarchicamente superiore.

Le distanze fra i livelli gerarchici sono molto ridotte. Mi capita spesso di passare del tempo libero, com colleghi e dirigenti, a parlare dell’attivitá dell’azienda. Sembra quasi che esista una sacralitá del lavoro; tutti insieme indipendentemente dall’etá, dal titolo di studio, dalle gerachie, dalla provenienza geográfica, com un único obiettivo: migliorare il próprio lavoro, l’organizzazione della ditta, il servizio al clente, la qualitá dei prodotti. In fondo in fondo, considerando l’importanza che l’attivitá lavorativa há per ogni persona, l’obiettivo é migliorare la própria vita. 

 Guardando la cittá di Porto dal mare, si vedono moltissime gru. L’edilizia avanza a pieno ritmo, contribuindo com forza allo sviluppo dell’economia. Rimango sbalordito anche dal gran numero di opere pubbliche in esecuzione, strade, autostrade, ponti, viadotti, raccordi.

Avrei appreso piú tardi le ragioni di tutto ció, i fondi strutturali europei, la dittatura terminata solo nel 1974, la necessitá di un riammodernamento del parco abitativo, lo spirito colonialista- imprenditore dei portoghesi.

Sicuramente, per un neolaureato che arriva in Portogallo all’inizio degli anni ’90, questo Paese é sinonimo di libertá, possibilitá e voglia di fare. Possibilitá di poter svolgere un lavoro attinente ai propri studi, libertá di poter mettere su un’attivitá in proprio, di crearsi e organizzarsi la própria vita e il próprio percorso professionale. Tutto ció senza raccomandazioni, conoscenze altolocate, amicizie influenti, semplicemente col próprio sforzo e la própria buona volontá.

I miei obiettivi di viaggiare, di avere un lavoro stabile e interessante e di allontanarmi un pó dalla triste situazione italiana erano stati raggiunti.

 Alla fine degli anni ’90, dopo un’esperienza semestrale in Finlandia come ricercatore universitario, torno in Portogallo con la consapevolezza che la mia esperienza in ditta doveva terminare. Avevo voglia di viaggiare di nuovo, di fare nuove esperienze di vita e di lavoro, avevo voglia di muovermi.

L’occasione, non per viaggiare ma per cambiare lavoro, arriva quando mi si presenta l’occasione di aprire una attivitá in proprio in regime di francheesing. Com molto entusiasmo, nel 1998, apro la mia ditta, un Istituto di Lingue Straniere, e mi dedico al settore dell’educazione.

L’attivitá imprenditoriale é oggi la mia attivitá principale, che si svolge nel consolidare e nello sviluppare l’impresa fondata nel ’98. Durante questi anni la ditta é passata da locale a regionale, com una sede principale e cinque filiali nel nord del Portogallo.

Mi dedico anche ad altre attivitá.

Nel 2007 viene fondata a Oporto l´Associazione Socio Culturale Italiana del Portogallo, ASCIP, oggi ASCIP – Dante Alighieri. Questa giovane associazione, ormai distintasi come una delle piú dinamiche della regione, ha come obiettivo la diffusione della cultura italiana e la socializzazione intorno alla stessa. Io vi participo sin dall‘inizio come membro della Direzione.

Grazie ad un’accurata pianificazione strategica della regione urbana, la cittá di Oporto ormai é diventata una delle principali destinazioni turistiche d’Europa. Da qualche tempo stó cercando di utilizzare questo “vantaggio di posizione” strutturando una nuova attivitá económica collegata al turismo.

Insomma, fra imprese vecchie e nuove, gratificante associativismo e tante altre attivitá minori, quí c’é sempre qualcosa da fare. E ci sarebbe ancora di piú da fare se si pensasse a quanto é grande il Portogallo, a quanto sarebbe possibile realizzare se si prendesse in considerazione il “mondo portoghese”.

Durante i decenni degli anni ’80 e ’90 il Prodotto Interno Lordo portoghese registra livelli di crescita superiori al 30 %. A partire dal 2000 inizia la flessione del PIL, il rallentamento dello sviluppo dell’attivitá económica. Purtroppo, nell’ambito della recente crisi internazionale iniziata nel 2008, il Portogallo é stato uno dei Paesi che há dovuto richiedere l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale.

Possiamo quindi dire che il Portogallo é in crisi.

Ma il Portogallo europeo é solo uno dei “portogalli” che esistono al mondo.

Dopo una decolonizzazione frettolosa a metá degli anni ‘70, esiste oggi la CPLP, Comunitá dei Paesi di Lingua Portoghese. Brasile, Angola, Mozambico, Capo Verde, Guinea-Bissau, San Tomé e Principe, Timor Leste, Goa e Macau ne fanno parte. In tutti questi paesi si parla portoghese, in tutti questi paesi c’é l’impronta indelebile di secoli di colonizzazione portoghese.

Se il Portogallo europeo é in difficoltá, il Portogallo nel mondo presenta un potenziale di sviluppo económico straordinario, un universo di opportunitá, di sfide e di possibilitá; una galassia di paesi presenti in vari continenti con una popolazione di centinaia di milioni di persone e con alcuni di essi in frenetica crescita economica (es. Il Brasile).

Il Portogallo europeo é stato il centro di gravitá di questa galassia, il suo punto di genesi culturale ed económica, il suo modelo di riferimento durante vari secoli.

Dopo un pó di tempo che si vive in Portogallo ci si rende conto della sua dimensione transeuropea, ci si rende conto di come questo Paese possa essere la porta d’ingresso principale per entrare nelle sue diramazioni nel mondo, il “mondo portoghese”.

E torna súbito la voglia di viaggiare.

2 Commenti

  1. Caro Matteo, é sempre un piacere sentirti.
    Dobbiamo sempe immaginare un futuro migliore del presente ed avere progetti, senó ci appiattiamo. Certo, adesso siamo meno idealisti rispetto ai bei tempi della facoltá, ma la voglia di cambiare c’é sempre.
    Spero di vederti presto,
    Gennaro

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