Inbound Marketing: attirare, soddisfare, fidelizzare i clienti
Ricorre ai vecchi, primordiali concetti di marketing Francesco Vernelli per parlarci di Inbound Marketing, quel marketing che facciamo dal nostro spazio in rete che è sì tutto nostro, ma che inevitabilmente è connesso, arricchito da interventi, contributi, intrusioni e tanto altro. Parte, per parlare di questo, dal concetto di rete contrapposto a quello di organizzazione, ossia di un qualcosa che ha testa e che dalla testa fa partire processi, azioni, interventi, connessioni e strategie.
“Ma anche gli altri organi, oltre la testa, hanno qualcosa di importante da dire”
Questa frase mi ha molto colpita nei primi minuti del suo intervento. Per così dire, tutto ciò che esiste in rete ha, a suo modo, il potere di influenzare anche il processo di inbound marketing aziendale. Serve, quindi, ricominciare ad osservare la realtà circostante (come si fa in una qualunque analisi di mercato o di contesto) con gli occhi della rete, riattivare l’ascolto per cogliere gli input utili a produrre contenuti di valore, da distribuire attraverso la rete in modo attento, coerente, perseguendo una strategia di medio termine.
E riporta alla luce il vecchio, caro acronimo di Aida, che mi ha fatto sussultare: per anni lo avevo utilizzato per fare capire quanto fosse importante, per comunicare dal catalogo, dalla lettera commerciale, dalla presentazione di vendita, fare i quattro benedetti passaggi. Ossia, individuare un messaggio di apertura, di inizio, che cogliesse subito l’ATTENZIONE dell’interlocutore, per far sì che proseguisse la lettura (o l’ascolto, appunto) e fosse spinto a provare non solo INTERESSE, ma anche il DESIDERIO di procedere all’AZIONE. Vernelli la descrive efficacemente e ridà alla cara Aida un nuovo e più attuale splendore.
L’azione a cui mirare con la nostra strategia di Inbound marketing è quella, appunto, di far sì che il nostro interlocutore si interessi ai nostri contenuti, a ciò che offriamo e che abbiamo da dire, da vendere e da proporre, ci segua, ci “compri”, si avvii verso quella parola che si chiama fidelizzazione. Contenuti di valore, creati con attenzione, ordinati, aggiornati e distribuiti, facendo del nostro spazio una specie di hub dove il cliente può trovare spunti, informazioni, idee, soluzioni ai suoi bisogni.
Se tutto questo è sostenuto da una strategia a medio termine, sostiene con convinzione Vernelli, il nostro utente è facilmente incline non solo a fare upselling nei confronti di ciò che proponiamo ma anche a fare una sorta di upselling nei nostri confronti. Di nuovo, con efficacia, a me è rivenuta in mente la metafora del Bazar, tanto utilizzata nei primi anni in cui si parlava di commercio elettronico. Il mercante espone la propria merce, privilegiando quelle cose che possano attrarre maggiormente l’attenzione, così che il cliente possa essere incuriosito ad entrare nel bazar. Lui naturalmente lo invoglia, così come farebbe un banner, un cartellone, una offerta speciale. Lo attrare, lo blandisce, lo accompagna. Gli mostra tutto quello che vuole vedere e alla fine, dopo una contrattazione, lo accompagna alla cassa.
Efficace l’immagine utilizzata durante l’ElevatorSpeech per farci capire le interconnessioni fra i vari contenuti: un dedalo di strade e sopraelevate piene di auto, che tuttavia scorrono ordinatamente verso le rispettive direzioni, prendendo e perdendo traffico nei vari punti di snodo.
Sapere guardarsi, osservare e riuscire sempre a decidere cosa dire, come dirlo, cosa fare, quale target tenere a mente come destinatario, visto che la rete ci offre una destrutturazione dei contatti e delle relazioni.