News

Conflitti inter e intraziendali: il diritto non è tutto (vallo a spiegare agli avvocati…)

1110 visite

Il motivo per cui mi sono avvicinato a FdR, pur senza essere un imprenditore o manager, poggia essenzialmente su una considerazione: il sistema legale di risolvere i conflitti (diritto e processo) può essere talvolta inadeguato alle esigenze dell’impresa: esiste un’alternativa solo che è poco nota (in Italia) ed utilizzata (credo). 

Chiedo venia se l’incipit potrà rendere il discorso prolisso, ma la questione è delicata e mi sento obbligato a premettere alcune considerazioni per avere un background informativo congruo e condiviso.

Il settore legale è forse uno dei più conservatori con ordini professionali retti da regole degli anni ’30 ed interessi “corporativi” che solo ora iniziano a scontrarsi con le regole di mercato (belle o brutte…). Non vorrei parlare male in generale ovviamente, ma solo fornire qualche spunto di riflessione per verificare la convenienza della trattazione “classica” di un problema legale: con tale termine intendo una filiera in cui:

  1. descrivi il problema al tuo avvocato

  2. l’avvocato rende un parere

  3. inizia o si resiste in giudizio

  4. l’esito del giudizio non influisce sulla parcella dell’avvocato

  5. gli interessi sottostanti si devono adattare…

 Certo c’è chi negozia per evitare il giudizio, ma come? Scambiando una letterina e sperando che il “miracolo” (ossia l’accordo) si verifichi quasi fosse un fenomeno autopoietico?

Non sto dicendo che non ci siano avvocati che provano seriamente a risolvere le questioni fuori dai tribunali, ma forse che sono pochi se è vero che negli ultimi anni il numero degli avvocati è aumentato notevolmente e.. parallelamente all’aumento del numero dei processi. Ora non mi interessa stabilire se è venuto prima l’uovo o la gallina, sta di fatto che oltre 200.000 avvocati che subiscono o promuovo 6.000.000 di cause sono numeri che ci collocano nel terzo mondo dei servizi legali.

Ciò produce una serie di effetti sistemici non sempre noti:

A) aumento dei tempi (anche a causa dell’organico insufficiente e delle performance di alcuni addetti..)

B) decremento della qualità delle sentenze (talvolta motivate in maniera succinta o con veri e propri copia&incolla: sono strategie di sopravvivenza se devi fare centinaia di sentenze)

C) comparsa del fenomeno dell’ “abuso di diritto e di processo” (la questioni viene strumentalizzata alimentando più o meno inconsapevolmente il conflitto).

A ciò si aggiunga la non sempre adeguata preparazione degli avvocati (il concorso non è poi tanto selettivo…) e le loro esigenze di bottega (leggi conflitto di interessi…).

In questa situazione escono alcuni provvedimenti legislativi che nel giro di un paio di anni:

  1. obbligano gli avvocati ad andare in mediazione (che è un negoziato assistito)

  2. abrogano le tariffe professionali imponendo di contrattare la parcella

Si tratta di norme che hanno un impatto assai più rivoluzionario di quel che si creda, ma quanto efficaci a livello del sistema economico-sociale? I soggetti forti contrattano al ribasso e quelli deboli ci rimettono nello stabilire l’importo del corrispettivo (pensate ad forfait giustificato dalla quantità di incarichi e dalla disponibilità dell’offerta da un lato ed un patto di quota lite del 10% o 20% dall’altro).

Temo però che non si possano trasformare dei soldati in pacifisti.. a colpi di legge. Ed infatti gli avvocati in molti casi si stanno ribellando soprattutto alla mediazione che viene vista come un ostacolo all’accesso al processo ed alla giustizia.

Io – muovendo dall’esperienza ultratrentennale dei paesi a matrice anglosassone – credo che possa, invece, essere opportunità specie nella misura in cui permette di far emergere gli interessi delle parti talvolta segregati in una fitta maglia di norme giuridiche vecchie e comunque soggette all’interpretazione e dunque incerte per definizione.

Trattare poi faccia a faccia o trattare con l’ausilio di un terzo (il mediatore) appositamente formato non è la stessa cosa: nel secondo caso si innalzano notevolmente le performance negoziali, si evitano tatticismi e strumentalizzazioni e si riesce a fare un vero brainstorming in cui il diritto non sta necessariamente al primo posto. Non sto ovviamente parlando di accordi illegali.. ma all’interno della legalità, c’è – in teoria – solo l’imbarazzo della scelta e quelle che sono rinunce in termini giuridici possono essere grandi opportunità economiche, commerciali, relazionali, di sviluppo, di crescita o per guadagno di tempo.

Specie nel contenzioso che coinvolge a qualsiasi titolo un’impresa ci sono spesso tanti interessi che rischiano di essere compromessi dalla trattazione solo giuridica del conflitto: le relazioni commerciali con clienti o fornitori sono certamente pregiudicate dall’azione legale; i conflitti sul luogo di lavoro vengono acuiti dalla discussione sui diritti ed il workflow ne risente; quando l’oggetto è deperibile (fornitura di CPU o collezione di moda) il fattore tempo è strategico.

Il discorso sarebbe ancora lungo e concludo con una considerazione non nuova per voi: negoziare implica abilità di relazione, capacità di comunicare efficacemente, toccare le corde giuste dell’interlocutore, pragmatismo e creatività. Tutte “cose” che nelle facoltà di giurisprudenza (gulp?) non si insegnano. Sono di recente stato ad un incontro sulla certificazione e validazione delle competenze e mi sono chiesto: di quelle dell’avvocato chi si preoccupa? Il professionista forense conosce la legge (o dovrebbe) ma per il resto?

Insomma sto suggerendo di trattare la questione giuridica (il torto e la ragione, quello che “che mi spetta”, quello che è ”giusto”) con l’approccio tipico del problem solving:

Fase

Errore comune del sistema “classico”

Analisi del problema: diverse percezioni, difetti di comunicazione, gestione delle emozioni disfunzionale, problemi relazionali

Tutto quel che non è diritto resta fuori come se non fosse una componente del problema

Analisi del problema: interessi sottostanti (obiettivi economici, commerciali, organizzativi)

La legge si preoccupa dei diritti non degli interessi che stanno dietro o sotto

Esame tentate soluzioni inefficaci: negoziati falliti

L’avvocato è un abile negoziatore o replica gli schemi processuali “minacciando” ed ostacolando ?

Fare il primo passo: consolidare obiettivi tattici per raggiungere quello strategico magari non ancora definito

Se l’accordo non pare subito possibile è inutile perdere tempo è meglio andare subito in tribunale

Creatività: comunicazione costruttiva e brainstorming

Fiducia compromessa dal deterioramento della relazione in virtù di quanto precede

Che ne dite?

Lascia un commento