News

E la chiamano "crisi". Quelli che remano contro.

29 commenti1796 visite

Noi di FdR ci vantiamo di non aver mai una sola volta prestato il fianco alla crisi. Abbiamo cercato di offrirvi testimonianze “diverse”, da Mario Calabresi a Simone Perotti, condivisibili o meno, che fossero però testimonianze di ottimismo ed invito a cambiare i propri punti di riferimento.

Perchè di fatto, il mondo intorno sta cambiando i suoi e in qualche maniera bisognerà o adattarsi o trovare nuove strade.

C’è però chi rema contro.

Remano contro certi tipi di imprenditori e di politici (imprenditori o amici di imprenditori) che anzichè promuovere l’ottimismo e il cambiamento, ci raccontano che la riforma del lavoro ha il suo punto cruciale nell’art. 18. Se non si sblocca quello, le aziende non potranno più assumere (un pò come dire: “se non ci fai licenziare, non assumiamo”).

Remano contro quelli che incitano al Corporativismo, all’Associazionismo, alla Lobby nel senso peggiore del termine. Qualcuno forse ha visto ieri sera la trasmissione “Le Iene” dove FederPharma in combutta con la Provincia della regione Molise ha bloccato (dopo aver speso QUATTROMILIONIDIEUROTUTTINOSTRI) la sperimentazione di una macchinetta per la lettura delle ricette mediche che risolverebbe drasticamente gli imbrogli di molti compiacenti farmacisti che riciclano ricette e ticket (per la modica somma di 400MILIONIDIEURO l’anno che incidono sul nostro sistema fiscale..!!). E i tassiti, i notai, i consulenti del lavoro, i commercialisti, gli avvocati e…

Rema contro anche l’Agenzia delle Entrate che confonde Hermane, operaio marocchino, e Giuseppe, muratore bolognese uniti dal destino di un contenzioso fiscale mostruoso (entrambi si sono dati fuoco per vergogna e per disperazione), con certi imprenditori di lungo corso e altri politici di dubbio corso che pagano gli affitti in contanti o gli vengono regalate case a loro insaputa. I primi, evasori per necessità. I secondi, evasori per scelta.

Remano contro quelli che escono dal Parlamento e intervistati dai giornalisti non sanno cosa siano gli “esodati”, “perchè un Parlamentare, non deve essere un tuttologo”.

Fino a prova contraria, dovrebbe sapere almeno per cosa sta votando. E oggi, insieme al fenomeno degli assunti a partita iva indeterminata, il secondo grande fenomeno che la nuova legge sul lavoro dovrà tutelare, saranno coloro (30.000 secondo il Governo, 350.00 per gli organizzatori) a cui è stato proposto uno scivolo per l’uscita dall’Azienda, ma che alla fine dello scivolo hanno trovato un buco di 4 – 10 anni alla pensione. Ed ora non hanno nè stipendio, ne pensione. Vediamo su quale altra giostra verranno mandati a passare i prossimi anni.

E infine, remano contro quei giornali nelle cui pagine specializzate di ricerca di personale (una volta) qualificato, si trova una sola inserzione di un headhunter tutto blu che cerca un profilo ostinatamente impossibile, che sparisce in mezzo ad una serie di editoriali in cui ci fanno credere che le Business School stiano cercando ricercatori e docenti, una società di servizi cerca “professionisti della vendita” che naturalmente non assumerà e a cui chiederà di aprire una partita iva, una Banca cerca dei coadiutori (!!??) per fare ricerche di mercato (pensate forse che questo sarà un lavoro a tempo indeterminato?) e poi, come sempre, progetti per giovani, tirocini per giovani, corsi per giovani, Academy per giovani.E nel frattempo sparisce una generazione: quella dei 40-55 enni con un’esperienza e una forma fisica non ancora propriamente ospiziabile.

Ci stanno facendo credere che il lavoro vero, quello dove il responsabile commerciale dà le linee di vendita agli account, dove il marketing fa le strategie di comunicazione, dove l’amministrazione regola il bilancio, la logistica traccia le rotte per le movimentazioni e gli acquisti contattano i migliori fornitori e i servizi aziendali, non esista più. Stanno stravolgendo i job titles, stanno facendo sparire le aziende.

Questo non è cambiamento, questo è un gioco di prestigio, dove il coniglio sparisce nel cilindro e nessuno sa dirci dove è andato a finire.

29 Commenti

  1. Sono profondamente in sintonia con quanto scritto, anche se rischiamo di cadere nel qualunquismo.
    La crisi in cui ci troviamo oggi è pricipalmente una crisi di valori, valori che i nostri politici, ammininistratori della res publica , hanno completamente abbandonato.
    Cosa dobbiamo fare per riprenderci la nostra vita sociale, economica, politica?
    Credo che sia giusto che le menti pensanti e ancora sane del nostro paese inizino a fare proposte concrete in tema di riforma fiscale ovvero di riforma del lavoro ovvero di liberalizzazione di alcune professioni, prima di tutto quella dei notai e dei farmacisti.
    Una azienda in crisi riunisce i propri dirigenti, analizza i motivi della crisi, adotta misure temporanee, elabora piani di ripresa a medio e lungo termine.
    E’ ora che anche noi proviamo a fare la stessa cosa per il nostro paese ed utilizzare anche i nostri prossimi futuri incontri per elaborare proposte da portare avanti con forza e vigore, quello stesso vigore che ciascuno di noi mette nel proprio lavoro.
    E forse anche io sono caduto nel qualunquismo: ma proviamo con FdR a fare degli incontri su temi da analizzare e proposte da sviluppare.

  2. Grazie per l’articolo, Osvaldo, che dice le cose a chiare lettere.
    Mi trovo da qualche mese a cercare lavoro, con il risultato di sentirmi moralmente ospiziato, pretenzioso (si “assume” ovunque solo a CoProCo da 12.000 annui tutto compreso) e ormai sulla strada giusta per diventare combustibile umano.
    Nel frattempo passo le mie giornate in un’azienda (?!?) che riassume e concentra in sé tutto il bestiario che hai evocato.
    E che, naturalmente, non paga!
    Scusatemi per lo sfogo, con una settimana di anticipo sul venerdì santo.
    Ma proprio così va la vita, ai tempi del colera.
    ;D

  3. come disse il Conte Mascetti correggendo i compiti di Lucianino nello studiolo…..”10 e lode”.

    Non ho commenti da fare semplicemente perchè dentro c’è tutto il mio pensiero attuale.

  4. Condivido profondamente questo articolo.
    Ormai il malcostume, gli interessi personali, la mancanza di etica e soprattutto la voglia di approfittare delle situazioni senza scrupoli è lo standard di alcune categorie sociali. Gli esempi le citano bene.

    Come ho scritto in un post (http://valerio.blogsite.org/2012-03/numeri-da-paura-e-noi/): e noi? E’ ora di ritornare protagonisti per una società diversa. Di assumere le responsabilità e reagire.

    Anche io, insieme ad altri, voglio contribuire a portare esempi positivi, ce ne sono tanti. E a questo scopo stiamo lavorando su una iniziativa: ricollocarsi (www.ricollocarsi.it). Vogliamo spingere le persone a ritrovare speranza, a vedere esempi positivi, ad agire nella società da protagonisti per CREARE la società che vogliamo e non subire questa.

  5. “Ci stanno facendo credere che il lavoro vero … non esista più”.
    Parto da questo piccolo stralcio del intervento di Osvaldo per esporre una scheggia di “speranza” che la realtà dei fatti e’ molto più tetragona dell’incessante smokeselling cui siamo sottoposti dai media.
    Da pochi mesi mi occupo di coordinamento operativo all’interno di una società di recupero crediti stragiudiziali.
    Conversando con un collega attivo in una realtà critica come quella meridionale, gli ho chiesto quanto ancora nel 2012 il “protesto” di un assegno o di una cambiale rappresentasse ancora un vero deterrente all’insolvenza di un’azienda.
    La risposts ricevuta – casi da contare su non tutte le dita di una sola mano rispetto a migliaia di posizione gestite – mi ha veramente confortato.
    La stragrande maggioranza del tessuto imprenditoriale italiano ha ancora “valori” sani e combatte quotidianamente per superare l’attuale congiuntura.

  6. Condivido al 100% anche perchè risulterebbe difficile pensare altrimenti.
    La questione si pone per il popolino ma non per la casta.
    È da tempo che invoco i forconi: le parole devono trovare fisicitá, azione e quindi cambiamento.
    Se il tutto viene lasciato alle sole paroleparate e scritte, non cambierá nulla nel futuro.
    UP PATRIOTS to ARMS!

  7. Complimenti Osvaldo per questo post.
    Due settimane fa ho partecipato al bellissimo convegno organizzato a Modena in ricordo di Marco Biagi ed un’esimia professoressa di diritto del lavoro Janice Bellace (della Wharton School di Philadenphia) ha detto che noi italiani stiamo facendo come la rana che muore bollita senza neanche accorgersene mentre la temperatura dell’acqua aumenta lentamente.
    Sono d’accordo con Tommaso, dobbiamo unirci e preparare proposte, progetti è il momento di mettere in pratica i preziosi consigli di Mario Calabresi. La strada da percorrere è la cittadinanza attiva.

  8. Sembra proprio così. Che dalla abolizione dell’art.18 passa la salvezza dell’imprenditoria italiana. Se si abolisce quello gli utili schizzeranno alle stelle, le imprese torneranno a competere nei mercati internazionali, diventeranno efficaci ed efficiente nei loro processi produttici e magari anche in quelli gestionali!
    Ma perchè non ci sono aziende in italia, italiane o no, che pure in regime di art. 18 fanno utili, sono competive in italia e all’estero? E allora?
    Allora non credo proprio che l’elemento di differenza stia in un articolo. La differenza sta nella competenza e nella lungimiranza.
    Competenze nelle gestione dei processi di gestione aziendale, in quelli produttivi, in quelli del personale.
    Ma i processi aziendali, li conoscono? Li misurano? Li correggono? Li migliorano?

    Lungimiranza nel saper fare almeno delle ipotesi sugli scenari futuri (che va oltre il mese o il trimestre: diteglielo!) e attrezzarsi per essere pronti. Lungimiranza significa almeno sapere che esiste un prima e un dopo e che questo non è pensabile poterlo affrontare con gli strumenti che andavano bene prima. Significa essere innovativi nei processi, nei servizi e nei prodotti.

    La grnade battaglia strategica e manageriale dell’imprendotoria italiana: abbattere l’art. 18!

    Mi facciano il piacere. Io voglio parlare eccome di art. art.18 ma voglio parlare anche di gestione di impresa menageriale.

  9. Chi ha scritto questo post? Antonio Di Pietro o Nicky Vendola? In un periodo di crisi serve certamente senso morale, ma occorre rimettere in discussione anche alcuni diritti che la situazione economica rende non più sostenibili.
    Questo post sembra santificare la Camusso e demonizzare manager e imprenditori. Ma siete un gruppo di manager comunisti delle cooperative rosse?

    1. @gianluca. Secondo quale criterio un manager deve far parte di un ordine ideologico precostituito e non avere idee diverse da quelle “di sistema”? Un manager è prima di tutto una persona, a differenza di quanto invece un certo ordine di cose veda un manager essere nell’ordine: 1) un biglietto da visita, 2) la macchina su cui poggia il deretano e sfreccia borioso davanti ai suoi amici 3) un’ameba che va a traino delle idee della sua specie e quindi deve inveire a priori su tutto quello che la sua cerchia gli impone: sindacati, leggi, processi aziendali. P.s.: è dal 1980 che i comunisti non indossano più l’eschimo e le polacchine. Si può essere esseri pensanti anche senza necessariamente far parte di alcuna categoria. Osvaldo (che con i sindacati non ho mai avuto a che fare e che la cosa più comunista che ho fatto è assistere a un concerto di DeGregori mangiando una piada a un Festival dell’Unità!)

  10. il mondo sta cambiando e ritengo sia naturale trovare aggregazioni di persone resistenti al cambiamento. Lo sono certamente molti imprenditori, molti lavoratori e talvolta anche le associazioni che li rappresentano. In questo momento di cambiamento bisogna esserci, per scrivere quello che potrà essere il futuro. Più ciascuno di noi ci sara’ fattivamente e più il mondo somiglierà a quello dei nostri desideri. Mi aspetto che si disegni assieme un nuovo mondo, non che tutti ci limitiamo a dire “NO”.
    Vorrei che FdR, oltre a fare cultura positiva, divenisse maggiormente propositivo e nelle sedi opportune. Proprio come scrive Daniela. Altrimenti restiamo solo degli abili ascoltatori ed ottimi opinionisti.

  11. @MassimilianoNucci: fai parte del Direttivo, niente di più facile per cercare di “spingere” in questa direzione. Di certo dovremmo capire cosa si intende per “sedi opportune”. Alcune sono opportune ma lottizzate dai soliti noti, altre sono meno opportune però decretano il vero cambiamento. Intanto, anche fare cultura su questi argomenti, confrontarsi e coinvolgere le persone, a mio parere ha un ruolo determinante. Se con FdR vogliamo assumere un ruolo di opinion leader su certi argomenti, è importante anche farli emergere. poi, sono d’accordo con te, portarli nei posti giusti.

  12. Parlare sempre e solo di articolo 18 evidenzia la capacità dei media di indirizzare gli argomenti di discussioni secondo schemi precostituiti. Condivido la paura dei sindacati nell’abolizione di un articolo dello statuto dei lavoratori attiene la cosidetta tutela reale, ma solo perchè il livello dei manager aziendali italiano (ovviamente generalizzo per comodità senza in alcun modo volere offendere la categoria) ha un livello di preparazione livellato verso il basso.
    Secondo me le persone lavorano bene nelle aziende se sono opportunamente motivate e se sentono che il proprio lavoro, qualunque esso sia, sia parte di un progetto più ampio.
    Ed una persona motivata si sente partecipe dell’andamento della propria azienda. Così la produttività di ciascuno aumenta.
    I lavativi nelle aziende possono e devono essere licenziati anche utilizzando le regole attuali.
    Ma poi faremmo meglio a vedere come normare e controllare l’utilizzo dei contratti a tempo determinato in tutte le infinite forme che la nostra fantasia è stata capace di sviluppare.

  13. @Gianluca: ti assicuro che sono parecchio distante dalle posizioni di Vendola e Di Pietro. Guarda che qui l’ideologia politica non c’entra un bel nulla. In questo post si sta parlando di gestione di impresa. Questi voglion farci passare come essenziale e moderno la riforma dell’art.18 e così non è. Vogliono oggi solo scaricare i costi dovuti agli errori dovuti alla pochezza gestionale e imprenditoriale.
    Poi, vogliamo modificare l’art.18, ma facciamolo pure ma sia abbia l’umiltà di ammettere la modesta capacità di gestire le imprese, di prendere consapevolezza che la italica genialità + i bassi prezzi dei prodotti italiani, oggi non basta più, non sono strumenti per competere. Se non si passa da qui, si sarà modificato l’art.18, ma i problemi della scarsa capacità di competere delle aziende italiane resteranno tutti in piedi.
    Hasta la vista compañero (.. non prendere troppo sul serio quello che dicono i politici… )

  14. Io credo che la valutazione di questa riforma del lavoro debba andare oltre l’articolo 18, altrimenti rischiamo di farci intruppare da chi ha interesse a che il tutto si limiti ad un referendum su questo punto. io qualcosa di positivo lo vedo nei limiti posti alle partite iva, nella disincentivazione dei contratti a tempo determinato, nella (leggera) stretta di vite sui contratti a progetto, nell’estensione dell’articolo 18, seppure rivisto, anche alle aziende con meno di 15 dipendenti (e questo non è cosa da poco), certo questo non basta (forse non serve) a far ripartire l’economia, ma quantomeno corregge alcune storture createsi negli ultimi anni. Si può fare di meglio? Certamente, ma ricordiamoci che nel recente passato ne destra ne sinistra sono state capaci di proporre qualcosa che non finisse in un coro di “guai a chi tocca l’articolo 18”. Personalmente spero che si riesca finalmente ad andare oltre, quantomeno si comincia a cambiare qualcosa, quantomeno si comincia a camminare in una direzione diversa, altrimenti se percorriamo sempre la stessa strada sempre nello stesso posto arriveremo.

  15. Ottimo post che condivido nei pensieri e nei social 🙂
    appena ri-twittato… vediamo se a diffonderle un po’ di queste cose la gente comincia a ragionare diversamente

  16. L’articolo e i commenti hanno aperto e sorvolato una quantità infinita di tematiche sull’onda dei temi che vengono affrontati dal governo e dai media.
    Per fortuna qualcuno si sta svegliando e sta cambiando l’ottica con cui osservare quanto accade, ponendosi altre domande oltre alle solite.

    Voglio essere provocatorio dicendo che:
    – sono favorevole all’abolizione dell’art.18, ma con la contemporanea creazione di un’indennità di licenziamento pari all’80% dello stipendio;
    – sono favorevole all’abolizione della CIGS specialmente per quelle aziende decotte che vivono o hanno vissuto di sussidi, però con il contemporaneo finanziamento delle aziende che creano realmente lavoro;
    – sono favorevole all’abolizione dell’IRAP (che incide indirettamente sul costo del lavoro perché indetraibile), con la contemporanea tassazione delle lavorazioni fatte da imprese controllate extra UE (China, India, ecc.).

    Ma guardiamo le imprese che stanno andando veramente bene e guardiamo gli imprenditori e i manager che le guidano. FdR girando per l’Italia ne ha conosciute tante e hanno caratteristiche similari:
    – tengono ai loro dipendenti e il loro timore è che se ne vadano, perché perderebbero le loro competenze che sono la loro ricchezza;
    – tengono al territorio dove sono insediate e di certo non se ne andrebbero via solo perché da altre parti il lavoro costa meno o perché avrebbero aiuti di stato; il territorio è la loro ricchezza;
    – non sono solo piccolissime realtà e a volte sono anche multinazionali estere (nonostante sindacati e art.18)!!!!

    Proposta: così come è temporaneamente richiesto ai comuni ricchi (con avanzo di bilancio) di essere solidali con i comuni poveri attraverso il patto di stabilità, potrebbe essere lecito richiedere ai cittadini ricchi di essere temporaneamente solidali con i cittadini poveri, anche attraverso finanziamenti forzosi.
    Un altro modo di intendere la Finanza creativa!

    E’ insopportabile vedere ricchi non toccati dalla crisi e contemporaneamente vedere la media borghesia (imprenditrice o lavoratrice) sparire, sprofondando nella povertà e con lo Stato che li aiuta a sprofondare più velocemente.

    In Tunisia si è bruciato un ambulante ingiustamente punito .. ed è stata rivoluzione!
    In Italia di suicidi emblematici ce ne sono stati molti di più!
    Non ci si sta accorgendo che la misura è veramente colma e che basta poco perché la situazione degeneri. O forse è quello che si vuole?
    Qualcuno potrebbe essere contento che arrivi la rivoluzione, così finalmente si potrà imporre un governo tecnico “forte”. Già da più parti si sta plaudendo al governo tecnico lontano dalla sporcizia della politica.
    Già negli anni ’20 fu chiamato un altro tecnico a governare temporaneamente l’Italia e sappiamo come è andata a finire.

  17. La cosa più vera è più terrificante dell’articolo è che stanno DAVVERO sparendo le aziende. Spariscono perché non sono più luoghi di produzione, ricerca, vendita, organizzazione, ma eri centri di potere personale, miope e astratto. Non si cerca più personale qualificato (reale, non quello modello superman onnipotente degli annunci) perché il personale qualificato non serve. Non c’entra nulla l’articolo 18, che è una battaglia ideologica di ambedue i fronti; c’entra la carenza di infrastrutture, la pochezza di Internet, la lobby ed il favore che sostituiscono la ricerca, il diritto e la competenza. Temo che andarsene all’estero sia l’unica strada. Triste.

  18. Carlo, quello che esponi tu, si che è un concetto comunista!

    A parte la battuta, condivido quello che hai scritto. L’unico problema è che la tua proposta è assolutamente avulsa dalla mentalità italiana (almeno dei politici e di molti imprenditori, categorie che ultimamente si sovrappongono).
    Warren Buffet (la seconda persona più ricca al mondo) ha più volte sostenuto questa tesi durante la campagna di Obama.

    Ma se un Parlmento non riesce a limitare neanche di qualche euro lo strapotere delle banche, non ha la capacità di scalfire nessuna lobby, neanche dei tassisti…. se un governo di supertecnici esperti non ha trovato altra strada che aumentare ignobilmente le tasse alle solite categorie senza neanche avere il minimo di capacità di invertarne di nuove… (e mi fermo) lasciami dire che il cambiamento che speriamo tutti non avverrà se non tramite un miracolo.

    Proprio le notizie del marciume profondo del sistema Italia (dal quale naturalmente salvo una buona parte che però non fa notizia e non incide nel cambiare rotta al paese) ci fa capire quanto grave sia la situazione.
    E se ti guardi intorno ti accorgi che la disinformazione, voluta dai media ma supinamente accettata dalla stragrande maggioranza in cambio dei talent show e delle partite di calcio) regna sovrana… quale speranza possiamo covare?

    Queste riflessioni che stiamo facendo le leggi su internet (qui ad esempio) ma poi nella vita reale si perde tutto, perchè in Italia il distacco è ancora tanto e perchè l’italiano è un popolo di individualisti.
    Ci vorrebbe un Obama… ma la nostra politica ucciderebbe anche lui.

  19. @Valerio, hai solo dimenticato di scrivere che il parlamento non è riuscito (chissà come mai) né ad abolire/limitare i propri privilegi né tanto meno a ridurre i propri emolumenti stellari e fuori da ogni logica, andiamo a rivedere le interviste di Sabrina Nobile (Le Iene) ai nostri parlamentari e pensiamo quanto sarebbe il giusto stipendio per certa gente.

    Concordo in pieno con quanto scritto da Eustachio, complimenti comunque ad Osvaldo per il post.

  20. Post molto interessante e condivisibile pur nel rispetto di alcune idee divergenti che sono già venute fuori nei commenti precedenti.
    Il mio rammarico principale è nel fatto che l’Italia (inteso come sistema) avrebbe tutte le potenzialità, viste le capacità delle persone vista la storia e visto il potenziale di attrazione che da sempre abbiamo verso il resto del mondo, di essere l’unico paese a risollevarsi dal declino (non è una crisi questa rendiamocene conto!) del continente europeo.
    L’impressione è che, come altri hanno ben sottolineato, ci sia un disegno dietro questo accanimento nei confronti delle solite persone che rappresentano la maggioranza degli italiani e la contemporanea salvaguardia delle lobby.
    E per carità lasciamo Obama in America, noi avremmo bisogno di ben altro (@Carlo, parla con gli americani non è che ti dicano meraviglie del suo operato… anche lui come il nostro Mario dimostra una “concreta e strana amicizia” nei confronti delle banche)

  21. A Valerio: mai stato comunista … anzi!
    Mi piaceva quella che una volta si definiva “politica dei redditi”, contro la “politica dei patrimoni”, un’idea tutt’altro che comunista, anche se non conservatrice.

    Parlando dei “tecnici”, all’università mi insegnavano che non esistono politiche economiche neutrali o “tecniche”, ma che TUTTE hanno un radicamento ideologico.
    Basta chiedere ai cileni di cosa pensano dei tecnici americani della scuola di Boston.
    Far pagare il Lavoro o il Capitale è una scelta politica e non tecnica.
    Far pagare la ricchezza non produttivo è una scelta che ha guidato da sempre la politica italiana, dalla liberazione dal latifondo all’introduzione dell’ICI … ma ora non più.

    Quello che mi stupisce è che tanta gente sembra aver portato il cervello all’ammasso!

  22. A Paolo:
    non ho parlato di Obama. Forse ti confondi con Valerio.
    Cmq condivido: se Bush ha sbagliato a far fallire Lehman e a creare il panico, Obama ha sbagliato a placare il panico dando soldi alle banche senza prenderne il controllo … ma questo va contro l’ideologia liberista americana. Ora ne è schiavo!

Lascia un commento