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Franchising senza controlli ? Un network di acrobati sul filo.

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Premetto da subito che non sarà un intervento completo rispetto alla vastità dell’argomento e, per questo, dovrei rimandare ad altri miei interventi/articoli al fine di avere una visione più completa della materia trattata.
Infatti, il controllo della rete è un aspetto alquanto ampio di tutta l’impalcatura che compone il sistema franchising o di tutti i sistemi a rete.
Molto sinteticamente posso (1) classificare le tipologie di supervisione da attuare ad una rete in: controllo esecutivo, controllo competitivo e controllo economico.
Il “controllo esecutivo” (o operativo) è essenzialmente il controllo rivolto a verificare la corretta “replica” del sistema di franchising, la fedele “riproduzione” dell’oggetto della franchise.
Il “controllo strategico-competitivo”, è essenzialmente il controllo rivolto a verificare quanto e come l’attività di cui sopra (replica) va a incidere e compromettere l’immagine, il marchio e, in definitiva, il profilo competitivo dell’affiliato e, di conseguenza, della rete.
Il “controllo economico” assume, dapprima, un aspetto “derivato” di carattere amministrativo-manageriale, conseguente dalla numerosità e dalla articolazione dei meccanismi attuati con i controlli di cui sopra, e, successivamente, se ne determinano tutti i riflessi di carattere economico per ambedue i soggetti.
Le caratteristiche di ogni singola area sono, poi, diverse nei vari sistemi di franchising a seconda del grado di discrezionalità concesso agli affiliati e per la loro attuazione sono adottati una molteplicità di strumenti.
Sempre sintetizzando, fornisco (1) degli esempi di strumenti di controllo con relative finalità (vedi tabella a seguire). Non posso evitare di far presente come sia facilmente rilevabile, da parte di coloro che operano nel settore del franchising, l’assenza, in molte reti (anche in quelle “famose”) di molti degli strumenti sotto indicati.

STRUMENTI DI CONTROLLO

FINALITA’

Conti economici previsionali – Prospetti di analisi finanziaria previsionale – Bilanci combinati Apprezzamento in via anticipata delle potenzialità di reddito e di sviluppo delle singole parti e della rete nel suo complesso
Analisi del bilancio del franchisor pre/post affiliazioni – Analisi del bilancio combinato pre/post affiliazioni – Tecnica dell’analisi del surplus dei valori di conto economico connessi ai rapporti di franchising Valutazione del contributo delle singole parti alla determinazione dei vantaggi economici congiunti
Meccanismo dei prezzi di trasferimento Distribuzione dei risultati comuni
Budget Responsabilizzazione e negoziazione delle condizioni di remunerazione delle parti
Controllo:- degli sviluppi di mercato rispetto al piano- dei risultati commerciali (quota mercato, fatturato)- dei risultati economico-finanziari- delle poste di capitale circolante- dei costi di gestione operativa

– dei tempi di recupero degli investimenti

Controllo dei risultati
Prezzi di trasferimento – Sistemi di remunerazione (fees/royalties) – Prezzi di vendita Incentivo agli affiliati
(1) “Il coordinamento e il controllo nelle organizzazioni a rete” – Anna Maria Arcari – Ed.Egea, Milano, 1996

La conclusione che se ne trae (o meglio, che io ne traggo) è che i sistemi di controllo economico rivestono un ruolo “successivo” rispetto agli altri, pur essendo i “più importanti” in termini di redditività aziendalistica.
Pertanto, l’assenza di una attività di monitoraggio sulle condizioni operative, organizzative ed economiche delle aziende affiliate è molto pericolosa per ambedue le parti contrattuali.
Nonostante questo sia un concetto alquanto consolidato ed anche di facile intuizione e comprensione imprenditoriale, la questione non trova una consolidata prassi attuativa. E le motivazioni di una mancanza di valida ed efficace (o addirittura assente) attuazione di attività di monitoraggio e controllo sono principalmente riconducibili a diverse ipotesi che hanno in comune la non conoscenza della natura del franchising, dovendo obbligatoriamente escludere altri intenti di altra natura (raccolto il messaggio ?):

  • da un lato, affiliati (o potenziali) che percepiscono l’attività di controllo come una eccessiva ingerenza nella loro autonomia imprenditoriale, da alcuni intesa più come vera e propria “anarchia”. Sono stato testimone anche di orgogliose frasi del tipo “i miei conti li metto a disposizione solo della Finanza, non del franchisor”…no comment !!! Questa tipologia di affiliati non dovrebbe essere presente in una catena di franchising, sono il polo opposto del franchising, ma, invece, sono molti, con ciò ponendo forti dubbi sui criteri e le modalità di selezione da parte del franchisor, ma anche della formazione iniziale e successiva;
  • dall’altro, affilianti (o potenziali) che, come prima, frettolosa e direi anche frenetica loro aspettativa, pur di far entrare nella loro rete nuovi affiliati (leggere “far giungere/incassare diritti di entrata”, cioè ricavi), prevedono basi di rapporto “molto elastiche” o “ad alto livello di concessione”, creando malintesi e fraintendimenti difficilmente recuperabili nel tempo che si riflettono poi, o possono poi riflettersi, sulla seconda aspettativa di tali affilianti: i contributi economici periodici (royalties, contributi pubblicitari, ecc.) che possono anche avere caratteristiche diverse (a percentuale sul fatturato dell’affiliato, ad importo fisso, miste, a scaglioni, ecc.). Non sono stato testimone, ma una frase del tipo “non siamo mica la Finanza, noi”, avrebbe chiuso il cerchio tra domanda e offerta di assurdità (vedi punto precedente).

Molti (purtroppo, e con tristezza, devo dire anche alcuni importanti franchisors) attingono e si appellano al concetto ed al termine “libertà imprenditoriale” per invocare un “non controllo”, così come altri invocano il “fare impresa vecchio stile”, con molta fiducia tra corretti imprenditori (la famosa “stretta di mano” o “sulla parola“). Addirittura, molti franchisor, giungono a considerare questa libertà come la soluzione alla eccessiva rigidità del “puro franchising”, volendo, in questo modo, “fare franchising” (che è di moda ed attrae) denigrandolo proprio per le sue più importanti e fondamentali caratteristiche. Insomma, una positività, un elemento da mettere in evidenza come parte del “buon franchising” (inteso come “bontà d’animo”: “noi siamo i buoni, dalla parte dei deboli“).

Purtroppo, a tutti coloro che adducono ad un qualsiasi argomento/giustificazione/motivazione e indipendentemente dalla condizioni economiche che il contratto preveda o possa prevedere, una rete di franchising non può essere gestita con successo se l’azienda franchisor non si attiva con adeguati e numerosi meccanismi di controllo. Questi controlli devono essere introdotti per salvaguardare la coesione strategica e l’integrazione dei processi delegati ai franchisee che possono essere seriamente compromessi da loro comportamenti non adeguatamente controllati, appunto.

In particolare, sostengo con convinzione, che qualsiasi (tradizionale o innovativo) strumento di controllo economico-amministrativo da solo non è in grado di monitorare i fattori che influiscono in modo determinante sulla gestione, quindi, i tre tipi di controllo sopra descritti ci devono essere tutti. Nonostante ciò, il focus di molte catene continua, non raramente e quando e se presente, ad essere rivolto esclusivamente o prevalentemente all’aspetto economico e spesso incompleto in quanto concentrato solo alcuni aspetti, non mettendo a sistema e, se presente, non mettendo mai in dubbio la sua validità ed efficacia, l’attività verso l’aspetto esecutivo e strategico-competitivo (l’autoproclamazione della qualità del proprio franchising è altra caratteristica di molti titolari di rete).
In ogni caso, indipendentemente dalla quantità e dalla qualità degli strumenti di cui sopra che possono essere messi in campo in un sistema di franchising e che ci portano a far comprendere come alcuni franchisor non abbiano mai affrontato l’argomento, soprattutto in fase di progettazione, vi sono, a parere di chi scrive, alcune basi fondamentali che non possono mancare in una impostazione di una franchise e che, ovviamente, permarranno per tutto il tempo come forma di garanzia, con necessari ed opportuni adattamenti e aggiornamenti. Ne cito solamente tre:

  1. clausole contrattuali ad hoc – clausole contrattuali che specifichino non i limiti di una attività di controllo, ma l’ampiezza degli stessi sotto tutti i profili (contabili, fiscali, amministrativi, rapporti di lavoro, ecc., ecc.). Non devono esserci limiti in tal senso e l’affiliato accetta o non accetta questa impostazione. All’apparenza può sembrare una imposizione, ma tutto questo contiene un reciproco interesse: la salute dell’affiliato è la salute dell’affiliante e il primo potrebbe “trascinare” con sé quest’ultimo in una grave malattia economico-finanziaria;
  2. almeno un conto economico tipo per tutti gli affiliati – una raccolta univoca e costante di dati ed informazioni che consentano di avere degli indici di bilancio che possano costituire una linea guida ed una forma di controllo. In particolare è importante individuare degli indici “chiave”, quegli indici fondamentali (con range minimo-massimo) che riescano manifestare immediatamente l’andamento gestionale in aree tipiche e caratteristiche;
  3. una forma/metodologia di controllo dei ricavi e (se franchising di distribuzione) degli acquisti dell’affiliato – indipendentemente dalla presenza e dalla metodologia di calcolo delle condizioni economiche continuative (royalties, pubblicità, ecc.), tale strumento non deve mai mancare, perché serve anche ad attuare con maggiore efficacia quanto previsto al punto due.

La cosa veramente triste è che moltissimi sistemi di franchising non prevedono questi tre elementi che possono (anzi, devono) essere considerati alcuni dei “fondamentali” in materia, ma non sono certamente gli unici esempi.

Nelle franchise di maggiori dimensioni, ad esempio, si prende in analisi anche la struttura patrimoniale-finanziaria con idonee attività per il loro controllo, così come in alcuni franchisor l’unica forma giuridica ammessa è quella della SRL, per la possibilità di controllo anche presso pubblici uffici (CCIAA con deposito bilanci, ad esempio).
Inoltre, da non dimenticare, che più attività in tal senso sono predisposte, più “contenuto” vi sarà nella formazione iniziale ed in quella continuativa (per aggiornamenti, integrazioni, ecc.) e ciò, da altra cosa da non dimenticare, è anche sinonimo di trasferimento (iniziale e continuativo) del know how, l’elemento fondamentale ed indispensabile del franchising dove, il concetto del “meno” (meno contenuto, meno ingerenza, meno clausole, meno controlli) non può trovare casa, dimostrando che con idonee attività ed opportuni strumenti di controllo gli obiettivi raggiunti sono molteplici e, talvolta, vitali.

Infine, un altro aspetto non molto noto: i controlli fiscali. Si, avete letto bene, i tanto temuti ed odiati controlli fiscali.
Senza esprimere giudizi sul nostro sistema fiscale e le sue “ingiustizie” o le sue “giustizie”, il franchising è oggetto di interesse anche da parte dei nostri sistemi di controllo tributario.
Tale interesse è concretizzato nel contenuto nella maggior parte delle note denominate “Metodologie di controllo”, applicabili ad attività svolte anche attraverso lo strumento “franchising”. Tali note sono le istruzioni in possesso degli Uffici Territoriali dell’Agenzia delle Entrate e contengono le indicazioni per l’effettuazione di controlli contabili e documentali, nonché per la ricerca delle informazioni e dei dati utili alla determinazione dei corrispettivi effettivamente conseguiti dall’impresa oggetto di controllo.
Alcune frasi riportate in tali note e degne di segnalazione sono le seguenti:

  • Nel caso di franchising, soprattutto nel caso di royalties pagate non in modo fisso, ma a percentuale, sarà opportuno verificare la documentazione fra franchisor e affiliato che certifica il volume d’affari svolto”.
  • Per le imprese che operano in franchising, particolare attenzione sarà riservata all’analisi dei costi, considerato che i controlli eseguiti dall’affiliante sono tali da garantire, almeno in parte, la veridicità del fatturato attivo”.
  • Qualora siano stati dedotti importi rilevanti per pubblicità, promozione, rappresentanza, occorre verificare se alcuni di essi siano stati rimborsati dalla casa madre”.

Quindi anche il fisco pone fiducia nell’impostazione che il franchisor dovrebbe aver fornito al proprio sistema di franchising in termini di attività di controllo. Da parte mia, non sottovaluterei questo aspetto e la frase della quale sono stato testimone (“i miei conti li metto a disposizione solo della Finanza, non del franchisor”) acquisisce ancor di più la caratteristica di una frase assurda, inutile e anche da “spacconi”, mentre una rete di controlli interni, oltre alla sua principale utilità per il sistema, determina anche una rete di protezione di tipo fiscale, ma per far comprendere questo forse potrebbe non essere sufficiente neanche una spiegazione “porta a porta”.

In pratica, prendendo in prestito la frase di George Orwell, “chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”, potremmo sostenere che “chi controlla il suo franchising lo guida verso il futuro”.

O vogliamo sempre navigare a vista con tanto di vanto incluso ?

 

1 Commento

  1. Buongiorno,
    sono una studentessa laureanda, LM Amministrazione, Controllo e Professione.
    La mia tesi di Laurea verterà sul controllo che in una rete franchising può essere esercitato dal Frachisor nei confronti dell’affiliato e come.
    Sarei interessata ad approfondire l’argomento trattato in questo articolo.
    Grazie per l’attenzione.

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