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i giovani e il lavoro

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I giovani e il lavoro

 

Eccomi di nuovo a scrivere, ben sapendo che questa mia riflessione  risulterà – a molti – sicuramente impopolare….

Ho appena finito di leggere l’intervento della Ministra Fornero sui giovani “schizzinosi” verso certi tipi di lavori, e non posso…. Che darle ragione!

Sono reduce da due giornate di Job Fair, in quel di Firenze, dove per la prima volta la Overcapital media factory, ha affittato uno stand col chiaro e dichiarato scopo di incontrare candidati che avessero voglia di lavorare.

Per quelli tra di voi che non dovessero conoscere questa manifestazione, posso dire che si tratta di una delle più importanti fiere italiane del lavoro, storico appuntamento del capoluogo toscano, punto d’ incontro tra domanda e offerta. Gli organizzatori con una sorta di intervista pre – evento, cercano di capire quali profili professionali possono risultare appetibili per ogni espositore e “dichiarano” palesemente tali ricerche con un sistema di “bollini”. Ad ogni colore corrisponde una professionalità: nel nostro caso, “sfoggiamo” il bollino nero: ruolo commerciale; quello marrone: area marketing / comunicazione: quello giallo: informatica.

Al kick off di venerdì mattina, una folta schiera di “cercatori” ha invaso i locali del Mandela Forum, e subito si sono formate le prime code…. Davanti ai “soliti noti”!

Orde di giovani ( e meno giovani) armati di curricula, e bottigliette d’acqua anti disidratazione, in attesa di essere “ricevuti” dai recruiters dello stand di Banca Intesa, di Fendi e di Salvatore Ferragamo. E fin qui, nulla quaestio, lo avrei fatto anche io nei loro panni, ma ciò che indigna e fa riflettere è il totale disinteresse nei confronti di aziende dichiaratamente commerciali come quelle del ramo assicurativo (Pramerica, Fondiaria, Alleanza), ma anche in parte di quelle di information tecnology, come la nostra. Tra l’altro, essendo posizionato proprio di fronte allo stand di Banca Intesa, non ho potuto fare a meno di leggere con attenzione la job title, sapientemente raccontata sotto la veste di una testimonianza…. “Sara, 29 anni, siciliana, dopo la selezione, finalmente l’assunzione, la’, nella sua terra, dove nessun altro le aveva dato speranza è oggi è…..un consulente famiglia, cioè un C-O-M-M-E-R-C-I-A-L-E!!!!!!!

Come diceva Andreotti al culmine della forma: “A pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca!”  Sono certo che il 90% dei ragazzi in fila davanti al desk della banca non avevano idea di essere in procinto di candidarsi per un ruolo di vendita, ma sognavano una scrivania, uno sportello, in definitiva quel posto fisso in cui ancora credono e sperano, così come sono certi che la mattina del 25 dicembre Babbo Natale lasci i regali sotto l’albero….

Qualcuno, impavido e coraggioso, rompeva la fila e si avvicinava al nostro stand, e con ritrovata sicurezza e sicumera, ci chiedeva: “E voi…cosa offrite?? Chi state cercando?”  Col massimo della diplomazia di cui son capace, li facevo accomodare, gli raccontavo che il gruppo Overcapital è una media factory che si occupa di offrire servizi di comunicazione e raccolta pubblicitaria alle PMI, e che attualmente eravamo alla ricerca di consulenti commerciali su tutto il territorio nazionale, di una risorsa per il web marketing, e di sviluppatori in ambito open source. Ed ecco che i più fancazzisti si lanciavano a bomba sulla posizione marketing, fieri della loro esperienza di vita in face book! Ma poi i sogni finiscono e si devono fare i conti con la realtà: esperienza zero (ma su questo si potrebbe bypassare perché se nessuno fa far loro esperienza, non ne avranno mai), conoscenza  reale di comunicazione e marketing? Assolutamente no! Ma tanta, tanta (dichiarata) voglia di lavorare.

E allora eccomi, nel mio timido tentativo di proporre loro un ruolo di vendita… Un percorso strutturato, fatto di formazione lunga e articolata, di inquadramento a norma di legge, di piano carriera….. Sui loro volti compariva il disprezzo e l’incredulità…. “Ma chi è questo Bertellini che si permette di propormi di fare il venditore, tra l’altro di nuove tecnologie e servizi, quello di cui oggi tutti parlano e a tutti servono…. Io sono figlio di quell’Italia fatta di lustrini e giochi a premio, dove se vuoi fare i soldi fai il provino per il Grande Fratello, non ti sbatti certo tutti i giorni per strada per portare a casa – onestamente – la pagnotta!!”

L’indignazione dei non – aspiranti venditori era tale, che lasciavano in tutta fretta la mia scrivania, biascicando il loro non interesse, galoppando verso la più vicina fila in prossimità dello stand di un’agenzia interinale, dove l’offerta di un lavoro precario come aiuto magazziniere riempiva il loro cuore e soddisfaceva le loro aspettative!

 

Per fortuna ci sono stati anche (tanti) ragazzi in gamba che hanno affollato le mie scrivanie e quelle delle assicurazioni e pure quelle di chi vende fotovoltaico! E’ la percentuale che sconforta: il rapporto di 1 a 10 (e sono ottimista), tra visitatori e reali candidature.

 

Cari amici di FdR, vi chiedo clemenza: prendete il mio sfogo per quello che è, uno sfogo appunto. So benissimo che nel mare magnum della vendita ci sono tanti loschi figuri che hanno rifilato sole a tanti ingenui e volenterosi, e questo ha reso tutti un po’ più guardinghi, ma un fatto è certo e incontrovertibile: con la disoccupazione mai cosi alta dagli anni ’70, la mia azienda e tante altre fanno fatica (tanta) a trovare venditori, anche se si è disposti a scommettere sui giovani, su quelli senza esperienza, a garantire un futuro certo e legale, dove la apertura di una partita IVA non sia vissuto come una tragedia ma come un’opportunità!

 

Scrivo questo articolo in più momenti, tra una telefonata ed un colloquio di selezione,  navigo pigramente tra i quotidiani a cui sono abbonato sul mio tablet e mi cade l’occhio sull’ennesimo atto di accusa della Camusso nei confronti delle Aziende, colpevoli di offire solo incertezza e instabilità, quando il loro dovere sarebbe quello di assumere tutti e subito a tempo indeterminato…

E capisco tante cose.

 

Francesco Bertellini

FdR Umbria

 

 

 

16 Commenti

  1. Caro Francesco,
    permettimi di essere completamente d’accordo a metà con te.
    Naturalmente mi astraggo dalla tua specifica proposta, che considero certamente onesta e virtuosa. E non parlo di giovani fancazzisti e choosy; una volta si cominciava a lavorare e guadagnare da subito, con prospettive di affrontare un mutuo senza vedersi mandare all’asta l’abitazione nel mezzo del cammino, causa tassi impennati e/o lavoro perso.
    Nel 90% delle proposte per posizioni commerciali, giovani e meno giovani, soprattutto quelli con meno esperienza in posizioni di vendita, si trovano a dover affrontare situazioni in cui il rischio è tutto sulle proprie spalle.
    L’attività di vendita è estremamente delicata e si basa su reti di relazioni che si costruiscono col tempo. Quelli che mandano ad affrontare clienti business di un certo rilievo (ma anche famiglie) persone con scarsa esperienza e poca predisposizione alla vendita, finiscono col bruciare quelle risorse che non hanno nelle proprie corde il mestiere della vendita; risorse che, posizionate altrove, magari darebbero risultati eccellenti. Il parkinsoniano trema quando cammina, ma corre perfettamente; c’è un attore tuo conterraneo che nella vita normale balbetta, ma che quando recita non canna un colpo.
    Il parkinsoniano sa che non sa camminare; è il primo a sapere che a lui la marcia non fa bene.
    Io mi sono stupito di quante persone, in questi anni, si siano messe per la prima volta una vestito scuro ed una cravatta per vendere prodotti – usiamo un eufemismo – estremamente immateriali, piuttosto che pubblicità, abbonamenti a tivù satellitari o schede telefoniche. O, peggio, che abbiano cercato di rappresentare a clienti ben più consapevoli soluzioni tecniche ed offerte che loro stessi non conoscevano fino in fondo.
    Lo ripeto: questo non è il tuo caso.
    Dico piuttosto che tutto ciò ha messo in guardia la quasi totalità di risorse “consapevoli”. I loschi figuri, come li hai chiamati tu, hanno generato isteresi a livello collettivo.
    E avrei da ridire pure sul fatto che aprire partita Iva per un giovane rappresenti un’opportunità, oggi come oggi.
    Sulle provvigioni realizzate (e si spera incassate) peseranno l’Irpef per il 30% in media, l’Inps e Enasarco quasi per altrettanto, oltre ad addizionali varie. Più alcune spese indetraibili (che nel suo caso, fortunatamente, saranno limitate) ed anche i costi del commercialista… Insomma, alla fine per realizzare un reddito decente, il giovane venditore dovrà portare a casa un botto fin da subito, visto che i due terzi andranno all’erario ed agli enti previdenziali, pubblici e privati, “senza neppure passare per il via”.
    E allora, uno penserà, chi glielo fa fare…

    E’ il mio punto di vista e niente più.
    Ti saluto
    Domenico

  2. Caro Francesco,
    comincio col dire che, malgrado tutto, concordo anche io con quanto affermato dal ministro Fornero.
    Solo che, ecco, vedo differire i termini: non è un consiglio, quello dato ai giovani, di essere meno “choosy”.
    E’ un dato di fatto. “O mangi questa minestra…”
    Altra notizia recente: i laureati sembra siano la “nuova risorsa” dell’agricoltura. E non parlo certo di agronomi, o enologi.
    Non mi stupisce, e da “quasigiovane” mi ritengo fortunato a poter fare comunque un lavoro che afferisce alla mia area professionale, “mia” perchè scelta e fortemente voluta.
    Avrei potuto essere più “choosy”… e rimanere disoccupato, con un cv fermo a “prendere polvere” ed una speranza di “futuro migliore” che si affievolisce ogni giorno di più.
    E se guardo i “giovani-giovani” in molti casi vedo questo: non la sensazione che “tutto sia dovuto”, ma che “nulla è più garantito”.
    Altro che aspettare il posto fisso e Babbo Natale: hanno capito che il momento più brillante della loro carriera è questo, e cercano di farlo durare, continuando a dirsi che “un domani…”
    Certo, sogni. Che resteranno tali, se non si rimboccano le maniche. Ma un giovane che non sogna, non è un giovane.
    Estremizzo, ma credo che la “fatica”, presa di per se non sia un valore. E’ un valore quando porta qualcosa, quando aiuta a costruire.
    Con la tiritera del “i giovani che pensano che tutto sia dovuto…” stiamo forse rischiando di andare un filo oltre, di demotivarli del tutto, di trasformarli davvero nella generazione “no future” che qualcuno già paventa.

    La scommessa sui giovani è cosa meritoria e sacrosanta, se scommessa vera: bisogna accettare di perdere, e ricominciare da capo. Se la scommessa è vera, i “giovani giusti” salteranno ben fuori:1 a 10 non è poi male, dato il momento e l’affluenza del JobFair.
    Se la scommessa è vera, e i patti chiari, non sarà la “fatica” a bloccarli. Anzi, li stimolerà.

  3. Ma come si fa a dire certe cose!Sono un ragazzo “in gamba”, che non si è presentato alla scrivania dell’Azienda citata, neppure a quella delle varie agenzie assicurative.Sono orgoglioso di non averlo fatto,mi ritengo una persona dotata soltanto di un pò di giudizio, quel giudizio che non accetta che gli venga offerto un lavoro senza una normale prestazione corrispettiva.Raccontarlo fuori dai nostri confini, farebbe ridere chiunque, bisogna rispettare il vero istituto della partita iva,la sua funzione primaria e non camuffare un rapporto di lavoro subordinato.Il ruolo di venditore non è da condannare ma da supportare con adeguati strumenti,considerarlo una risorsa non una fonte..firmato giovane over 30 choosy!!!

  4. Bene bene, argomento e commenti gustosi! essendo nato cresciuto nella vendita per passare, alla formazione SLS ed al Marketing in aziende di servizi blasonate e poi mollare tutto, non posso non commentare. Ma come Domenico non commento la proposta di lavoro non conoscendola.

    In primis non mi scandalizzerei se avendo la possibiltà di contattare nomi noti e blasonati questi facciano incetta di “visite” , è più che comprensibile ed in un certo qual modo offre anche delle garanzie di maggior ascolto in caso di “tentata vendita”: é più probabile che mi aprano la porta se dico di essere di Banca Intesa piuttosto che un nome meno noto.

    Probabilmente è comunque vero che in Italia i giovani cercano ancora in prevalenza il posto fisso, non è pero vero Domenico che si debba partire con una entrata certa specie alle prima esperienza di vendita. Quando ho iniziato io 1984 (accidenti che vecchio) ho iniziato a percentuale senza fisso e, prevengo, senza copertura familiare.Ho fatto esperienza e poi su su verso l’assunzione, i premi oltre la busta paga e l’auto aziendale. Penso quindi che un giovane, altra cosa sarebbe per un adulto con famiglia, possa permettersi benissimo di iniziare anche senza fisso e molti lo fanno (tra parentesi Allianz offre un minimo garantito).
    E’ vero però quello che dice Domenico quando le PI diventano contratto subordinato mascherato in quetso caso il gioco non è più corretto.
    Penso in fine quindi che si debba trovare un giusto balance tra: voglia di fare, età, serietà dell’offerta,forza del marchio, voglia di rischiare, possibiltà di rischiare (talvolta è un lusso)…

  5. Ciao a tutti, come avevo premesso il mio era uno sfogo, e mi ero ripromesso di non rispondere a nessuno perchè non volevo creare ne mantenere polemica o dibattito.
    Al “giovane” Marco però non posso non rispondere: scrive di essere uno di quelli che non si è avvicinato al mio stand e degli altri ruoli commerciali. Mi chiedo: conosce le offerte? Ha perso due minuti per leggere la job title che esponevamo e che non ripeto perchè non voglio usare fdr per farci pubblicità…. Si è almeno reso conto quanto investiamo sui nuovi consulenti, solo per fare un esempio ospitandoli per due settimane in azienda (vitto e alloggio) per erogare adeguata formazione?
    No, Marco è di quelli che non l’ha fatto, è passato oltre alla ricerca di opportunità più interessanti e meno disdicevoli.
    Bravo Marco, sai io ho due figlie, ancora troppo giovani per preoccuparsi del loro futuro, ma spero tanto che giunte all’età della consapevolezza, non abbiano una visione così limitata come tu proclami di avere!
    Credimi, non c’è rancore nelle mie parole, solo sconforto
    Francesco Bertellini
    fdr Umbria

  6. @Vito
    Il 1984 era un’altra epoca in un altro millennio. Non c’era tutta questa gente a spasso ed il lavoro aveva un’altra dignità, con le persone che venivano pagate a fine mese. L’Iva era al 19%, l’INPS addirittura al 10 e, a volerla dire tutta, non c’erano né l’Agenzia delle Entrate e neppure Equitalia. Io ho cominciato ad alternare studio e lavoro nel 1985, con un regolare contratto di lavoro subordinato part time, facendo fin da subito esperienze qualificanti proprio in campo commerciale. E per me, a 21 anni, 550.000 lire al mese pulite erano bei soldini…
    I giovani di cui si parla oggi hanno altre età ed hanno imparato a confrontarsi con datori di lavoro (veri o presunti) che non assumono e (ripeto, non è il tuo caso), non pagano.

  7. Mi permetto di commentare sentendomi tirata in causa, sia come dipendente di un’Agenzia per il Lavoro dirimpettaia di stand Francesco sia come madre di una 22enne che si sta affacciando al mondo del lavoro. Il mio percorso professionale poi mi vede dal 1991 ricoprire ruoli commerciali e in tale percorso ho lavorato nei primi anni come promotore finanziario a PI (@Domenico: fosse il male dell’IRPEF; è l’INPS che ti strangola nei primi anni quando i contributi sono dovuti come se tu avessi un reddito cero ma in realtà, giovane e inesperto e quindi poco efficace, non porti a casa quasi nulla). Detto ciò non mi stupisco che solo 1 su 10 abbia visitato lo stand di Francesco. Per fare il commerciale infatti bisogna possedere poche ma fondamentali caratteristiche personali, innate, sulle quali si può costruire con la formazione e l’esperienza, ma soprattutto bisogna sentire proprio quel tipo di lavoro. Nella mia esperienza ho assunto e formato commerciali, ma ben poco ho ottenuto da chi in realtà non voleva farlo. Neppure mi stupisco se chi cerca un lavoro è attratto dalla grande azienda titolare di un marchio di prestigio. Piuttosto mi sembra brutto che aziende che notoriamente non stanno assumendo e soprattutto quelle che, si legge sui giornali, paventano enormi esuberi di personale, si mettano in vetrina illudendo dei giovani di poter rappresentare un’opportunità per loro.
    Silvia
    P.S. le Agenzie per il Lavoro non offrono soltanto precarietà e lavori generici. Anzi, purtroppo abbiamo sempre meno proposte per i giovani e per chi non ha una professionalità e dobbiamo ricercare invece figure professionali ben precise e complesse.

  8. Silvia, il mio non era un monito contro le apl! mi verrebbe da dire (rivolto a me stesso) tu quoque, fili mi (più o meno), non mi conosci, non sai che vengo dalle apl dove ho lavorato dal 1997 (un anno prima delle aut) al 2011, per cui mai sparerei contro di loro!
    però è buffo! se cerco lavor le apl sono aperte 5 gg alla settimana per ricevere il mio cv, non sarà meglio sfruttare l’opportunità di conoscere un’azienda che sta cercando posizioni di struttura e commerciali?
    ai posteri l’ardua sentenza!
    f

  9. Francesco, francamente anche noi ce lo chiediamo. Forse pensano di avere l’occasione per incontrarne molte in un’unica occasione. In realtà a questa edizione le ApL erano davvero pochine.

  10. Non so se sentirmi chiamato in causa… ma essendo l’organizzatore del JobFair un commentino lo devo lasciare. Intanto @Silvia ti sorprendo dicendo che quest’anno di apl ce n’erano 2 in più dell’anno scorso! Per il resto condivido anche io la perplessità di andare alla Job dove potresti andare ed essere accolto tutti i giorni, tant’è che davanti ai vostri stand code interminabili.
    Parlando con le aziende (lasciamo quelle che non cercano che fortunatamente erano poche…) le impressioni erano in realtà simili a quelle di Francesco per le figure commerciali ed in generale di poca idea di cosa fare sugli altri lavori. Non voglio fare discorsi sociali del tipo colpa della scuola o colpa della famiglia, è solo una constatazione di una “realtà” indicata dalle persone agli stand. Piccolo particolare che per me non è indifferente: si cercano specializzati che non esistono sul mercato (e qui si colpa della scuola e dell’università!!!)e i non specializzati richiedono ruoli di rilievo, diciamo in generale uno scollamento profondo tra chi cerca e chi offre. E tutto questo prima ancora di ragionare di contratti o PI o tasse…

  11. @ Francesco in particolare ed agli altri intervenuti in generale:
    provocazione.
    E se i profili fossero cercati tra l’esercito dei senior attualmente espulsi dal mercato del lavoro e potenzialmente disponibili ad un downsizing anche reddituale pur di “rientrare in pista”?

  12. ciao Andrea,
    nel caso specifoco della mia azienda, non si fa troppo distinzione tra giovani e senior (anzi….) è che non è tanto vero che siano così disponibili a ripartire dal nastro di partenza…. Magari, ad averne….
    Francesco Bertellini
    fdr umbria

  13. Per noi il problema dei “seniores” esiste, eccome. Quando proviamo a proporli le aziende non ne vogliono sapere e se proviamo ad imbucarli (ci abbiamo provato di recente per una selezione di generici) guarda caso sono gli unici che non superano il colloquio. Poche le aziende che non mettono il limite dei 45 anni. In Francia un amico che ha un’azienda ospita degli stageur over 50 che si stanno riqualificando avendo perso il lavoro, con buone prospettive di ritrovarlo.

  14. Ciao a tutti,
    ho letto il post e i commenti con molto interesse.
    In quanto non proprio giovane, ma non ancora senior, mi permetto di esprimere un altro punto di vista.

    I punti toccati sono diversi:

    1. le proposte lavorative come commerciali
    2. quanto davvero schizzinosi siano i giovani
    3. mancanza o meno di professionalità

    Cominciamo col punto 1.
    Nessuno conosce la proposta lavorativa di Francesco e della sua società, ma la fuga davanti alla parola “ruolo commerciale” non mi stupisce affatto.
    Le proposte lavorative lette e discusse con vari datori di lavoro che propongono un ruolo commerciale hanno tendenzialmente queste caratteristiche:
    a. compenso a provvigione, nessun fisso nemmeno per coprire le spese base (telefono e benzina), quindi un investimento di almeno sei mesi per il lavoratore
    b. nessuna formazione, se non quella tecnica specifica per capire il prodotto che si deve vendere
    c. tutti i nuovi clienti che il commerciale riesce a coinvolgere diventano automaticamente proprietà dell’azienda che ti ha “assunto”, con penali pazzesche se così non fosse. Quindi un giovane commerciale non riesce nemmeno a costruirsi un suo portafoglio clienti, cosa che viene richiesta per un medium level.

    Le prospettive non sono particolarmente allettanti, anche se uno non fa lo schizzinoso.

    Punto 2.
    Sono ambiziosa, in molte cose sono brava, molte altre le devo imparare, in altre sarò sempre negata.
    Lavoro ormai da 8 anni e, seppur selezionando un po’, non mi sono mai tirata indietro.
    Mi ritrovo adesso in una situazione del genere: un datore di lavoro che sostiene che io sia una collaboratrice costosa perché mi faccio pagare ben €10 lordi all’ora; questa collaborazione che non mi dà prospettive di carriera, perché è una società orizzontale, dove non mi viene offerta nemmeno della formazione di alta qualità, in cui al massimo, fra qualche tempo, potrei chiedere di passare ad un contratto a tempo indeterminato, peccato non sia di mio interesse (mi rendo conto che ai più sembrerà una follia e un perdere un’occasione preziosa. Disposta a spiegare le mie ragioni); la voglia di andar via e cercar di meglio. Questo mi rende schizzinosa? Può darsi, ma se lo fossi stata davvero, fino in fondo, non mi sarei trovata in difficoltà nell’andar via, e così passiamo al punto 3.

    Quanto professionalità c’è nei giovani?
    Ho sempre lavorato per società italiane, non sempre in Italia, ma sempre con management italiano. Società che mi hanno sempre usata come “jolly”, perché in quanto persona curiosa, creativa, entusiasta, che impara facilmente, sono in grado di svolgere più compiti e in ruoli diversi, senza spaventarmi della responsabilità, ma con la capacità di farmi le fotocopie da sola.
    Questo mi ha reso una qualunquista, perché la professione “jolly”, non esiste!
    E all’estero, così come nelle grandi società italiane, abituate a relazionarsi con un mercato globale, cercano persone dall’alta specializzazione, quindi io, a 33 anni, dopo 8 anni di esperienza lavorativa, continuo ad essere un entry level e per maturare l’esperienza specialistica che mi serve mi devo proporre addirittura come tirocinante non retribuita (in Italia).

    E quindi non sono proprio convinta che il Ministro Fornero abbia ragione e che è da dentro il mercato del lavoro che si può cercare di meglio e quindi ci si debba accontentare, pur di cominciare.
    Ci si deve accontentare e cominciare perché le bollette non si pagano da sole, ma questo è un altro discorso.

    E ad aziende che hanno dei percorsi professionali di crescita reali, suggerisco di cambiare la propria comunicazione esterna, perché chi comincia a lavorare adesso ha bisogno di speranza e di un’opportunità, ma chi è dentro da un po’ è stanco di lavorare gratis perché “ci sono prospettive di crescita” che poi difficilmente ci sono davvero.

    Buona giornata a tutti.

  15. Mi spiace molto smentire Francesco Bertellini, ho fatto l’agente per Overcapital (società dove lui lavora e mi ha colloquiato) e mi hanno trattato come uno schiavo per fare una vendita porta a porta: mi hanno promesso i contatti prefissati e non me li hanno mai passati( solo un paio all’inizio ma erano pessimi);
    Mi parlavano di alte provvigioni e invece niente di niente;
    Mi parlava di affiancamento alla vendita e invece niente;
    Alla fine mi licenziano dicendo che non avevo avuto un buon risultato….certo senza il minimo appoggio dell’azienda; l’unica volta che mi hanno affiancato un superiore ha giocato con l’Ipad tutto il giorno.
    Quindi non è essere Schizzinosi ma ormai molti hanno capito che devo stare alla larga da società che offrono contratti di lavoro a P.IVA con Enasarco, proprio come la sua.
    Ma pensa da che pulpito arriva la predica….RIDICOLO.

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