News

Ragione e sentimento dei litigi di lavoro

1448 visite

Condividiamo con i nostri cugini scimpanzé oltre il 98 % del DNA, ma abbiamo similitudini genetiche pure con vespe ed ostriche.

Rimanendo sui primati dobbiamo riconoscere che tutte le enormi differenze che ci sono tra uomo e scimmia si riducono a meno di un 2% di patrimonio genetico che determina una diversa formologia ed anatomia. Quindi cervelli diversi; sì, ma quanto diversi?

Più di quello che un 2% scarso lascerebbe pensare, ma quanto di più?

A livello di volume circa 1/3, e diciamo pure che gran parte di questa differenza è data dal maggior sviluppo della nostra corteccia cerebrale (la parte più esterna) sede – non a caso – del pensiero cosciente e razionale, delle strutture coinvolte nel calcolo, ragionamento e linguaggio.

A livello funzionale la faccenda si fa più complicata: nella zona più profonda ed antica i due cervelli sono assai simili, giacchè in entrambi troviamo amigdala, ipotalamo, insula e pure i “famosi” neuroni specchio che sono la base dell’empatia.

Teniamo a mente questi dati e proviamo ad confrontare il comportamento di uomo e scimmia. Non solo entrambi sono mammiferi che vivono (vivevano o.. dovrebbero vivere..) in gruppo e che quindi hanno una qualche forma di organizzazione sociale, ma entrambi hanno una – seppur diversa – sensibilità etica. Gli individui che non rispettano le regole sociali ne pagano in qualche modo le conseguenze: il giovane che si abbevera, si nutre o si accoppia prima dell’aziano o del dominante viene sanzionato. Noi esseri superiori abiamo da tempo superato (seppure non ovunque..) questa sorta di atteggiamento da cavernicoli, ci siamo evoluti ed oggi risolviamo (?) i nostri conflitti con leggi, tante leggi, avvocati e magistrati che però sono pur sempre animali.

Prendiamo il caso di un problema di assemblaggio di componenti prodotti da due team diversi nella medesima azienda: uno che produce – per ipotesi – uno schermo LCD e l’altro che predispone l’alloggiamento che lo andrà ad ospitare: il pezzo non c’entra. La pressione della imminente consegna al cliente, il rischio di dover pagare una penale oltre alla pessima figura che ne deriverrebe, producono infatti emozioni negative come ansia e paura che ostacolano il pensiero razionale che è alla base di un efficiente problem solving. In tali frangenti basta niente per innescare una pericolosa escalation: le accuse reciproche o lo scaricabarile, trasformano l’ansia in rabbia che può far prendere decisioni autenticamente irrazionali o auto-lesionistiche. Il sentimento di ingiustizia soggettiva può innescare spirali talvolta difficiali da gestire.

La riflessione è: quando cerchiamo di risolvere il conflitto possiamo agire in modo esclusivamente umano?

Abbiamo in altre parole il potere di spegnere o inibire il funzionamento delle strutture cerebrali di cui la natura ci ha dotato da qualche milione di anni? Possiamo spegnere l’ansia, la paura o la rabbia a nostro piacimento?

Bastano nemmeno 100.000 anni (molto approssimativo) di linguaggio verbale a cambiare il funzionamento sociale di mammiferi geneicamente assai affini?

Oppure è tutta un illusione? L’illusione di un uomo che dimentica sia la storia recente che quella remota e che – come nota emblematicamente il noto genetista Luca Cavalli Sforza – si è evoluto culturalmente in modo assai più veloce di quanto non abbia fatto biologicamente.

Darwin ha dato un rivoluzionario scossone, ma purtroppo il padre dell’evoluzione non ci torna in mente quando litighiamo con il partner, i collaboratori o con chi ci frega il posto al parcheggio.

Quando un collega si infila nella coda davanti alla fotocopiatrice dicendo – a ‘mo di giustificazione – che deve fare solo poche copie ed invece tira fuori un mucchio di documenti, reagiamo razionalmente facendogli notare con calma che il suo comportamento è stato scorretto o monta in noi la voglia di reagire che ci spinge ad apostrofarlo con tono risentito e secco? Se la calma non è la nostra dote principale, è facile che la comunicazione diventi immediatamente emotiva: l’altro – con una coda di paglia che non ammetterà mai di avere.. – invece di accettare di buon grado la ramanzina, reagirà a sua volta minimizzando e facendo polemica per l’eccessiva reazione.. L’escalation anche in questo caso è servita..

Eppure potremmo sfruttare quella grande corteccia che abbiamo per fare un po’ di metacognizione, ossia una semplice riflessione su cosa ci sta accadendo durante la lite: il battito cardiaco aumenta e pure la pressione sanguigna, può aumentare la sudorazione o apparire rossore sul volto, subentra una sensazione di malessere, di essere trattati ingiustamente e poi il desiderio di fare giustizia.

Possiamo trovare tutte le motivazioni razionali che vogliamo per dimostrare (autoingannandoci..) a noi stessi che si tratta di un’attività intellettuale elevata, ma in buona parte si tratta di un meccanismo di trasferimento di emozioni: il cervello animale e quello umano non si integrano sempre alla perfezione.

Dunque ha davvero poco senso ed ancor meno efficacia lavorare solo sulla parte razionale del problema; peggio ancora se per la risoluzione ci rivolgiamo a professionisti che poco o nulla sanno del funzionamento del nostro lato animale.

Come cantava Battiato “l’animale dentro me..”. Poeti e cantanti sono esperti empiricamente di emozioni, ma oggi la scienza ci dimostra che letterati ed artisti ci vedono meglio di (alcuni) filosofi che hanno solo teorizzato la supremazia della ragione.

Nessuna apologia del determinismo ed annullamento di responsabilità, solo uno spunto di riflessione: se ammettiamo per un momento che i nostri e gli altrui comportamenti (tra cui come si reagisce ai conflitti quotidiani) sfuggono in parte al controllo volontario e razionale, potremmo vedere noi stessi ed il prossimo sotto una luce diversa.

Come ricordava Proust non un nuovo mondo, ma lo stesso mondo con occhi diversi.

Certo non basta comprarsi un paio di occhiali o fare veloce operazione con il laser, al contrario dovremmo lavorare su noi stessi, continuamente: e lo possiamo fare ogni giorno, più volte al giorno.

Ritorniamo alla fotocopiatrice: che succede nel nostro corpo (non solo nel nostro cervello, attenzione..) quando il tizio tira fuori il papier di carta artatamente celato? Non tutti hanno la stessa reazione: c’e quello che “incassa” senza farsi troppi problemi (R. Shell della Warton University lo definirebbe un “arrendevole”) anche perché nel suo organismo non si generano aumenti di pressione sanguigna o accelerazione del battito cardiaco e c’è quello che invece passa al contrattacco (un competitivo) pilotato da una strana sensazione alla bocca dello stomaco o sotto la gola o dall’eccesiva sudorazione. Il primo passo per gestire al meglio le nostre emozioni disfunzionali è riconsocere i segnali che le anticipano.

Siamo animali sociali che passano al lavoro gran parte della loro esistenza: migliorare il modo di relazionarsi in azienda è il più bel regalo che ci possiamo fare. Trasformiamo ogni piccolo o grande screzio con un collega, un cliente o un fornitore in una palestra, alleniamoci ad essere riflessivi e non reattivi.

C’è in atti un lasso di tempo (purtroppo breve, giacché le emozoni sono una sorta di pilota automatico molto veloce ed efficiente come ha notato il premio nobel D. Kahneman) tra i primi segnali e la piena attività emotiva.

L’emozione, se conosciuta nel suo insorgere e svilupparsi, può essere controllata: nasce come campanello d’allarme in un modo culturalmente arcaico che non c’è più. Sta a noi gestirla e finalizzarla in un modo che si è complicato troppo velocemente rispetto ai tempi dell’evoluzione.

Siete soggetti che tendono a scattare naturalmente? La prossima volta che percepirete un’ingiustizia al tavolo delle riunioni o mentre siete in fila, provate a pizzicarvi il palmo della mano: non è una cosa semplice e se ci riuscite è anche doloroso: in entrambi i casi impedirete al cervello di occuparsi dello sviluppo della rabbia. E’ solo una soluzione tampone che vi da però la possibilità di prendervi una pausa per riflettere su e come e cosa dire in quel frangente a quella persona, senza pilota automatico…

Lascia un commento