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Cronache da un altro mondo

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EPISODIO 1. La Selezione (in questo mondo la chiamano Recruitment)

Circa quattro anni fa ho deciso che volevo cambiare lavoro: mi sono messo alla scrivania a casa, ho riscritto il mio CV ed ho guardato i siti Italiani di Ricerca Personale. Annunci per dirigenti, zero. Beh, ho pensato, da un certo livello in su le Aziende mica pubblicano niente; meglio se mando il mio curriculum ad un po’ di selezionatori: ho pur sempre un bel CV, una laurea significativa, anni di esperienza manageriale, qualcosa, cribbio, verrà fuori…quindi, mi sono procurato una lista di Head Hunter, ed ho provveduto ad informarli che ero più chedisponibile. Mi hanno risposto in due su trenta. Beh, qualcosa si muove! Ergo, vado a Milano ed incontro due senior partner di due società di selezione. Ambedue gentilissimi e complimentosi, ma prospettive zero. Bah. Decido di aggiornare il mio ammuffito profilo LinkedIn. Facendolo, scopro che ci sono moltissimi gruppi dedicati a ciò che mi interessa (Business Intelligence), e un sacco di discussioni interessanti in proposito; non solo. Ci sono anche un sacco di offerte di lavoro! Allora scrivo un bel CV in Inglese, mi iscrivo ai gruppi, ed anche ad un paio di siti Inglesi di Job Search. E trasecolo. Certo che esistono annunci per Dirigenti (che qua nell’altro mondo non esistono: il concetto di dirigente è un’idiozia italica) ed hanno TUTTI queste caratteristiche meravigliose:

1. Il salario (in questo mondo Compensation Package) è esplicitato nella parte fissa, in quella variabile e nei benefit

2. C’è una descrizione dettagliata di cosa si cerca, del tipo di lavoro offerto, e del tipo di azienda offerente (in questo mondo Job Description)

3. La ricerca ha senso. Non cercano 25enni con pluriennale esperienza in tutti i campi e che parlino sei lingue e che accettino prima uno stage a 400 euro al mese e poi un contratto a progetto a 1000. La gente è PAGATA con soldi veri

4. C’è un referente, con un indirizzo email ed un numero di telefono

Estasiato, comincio a rispondere. E succede una cosa sensazionale: mi contattano! Non dopo tre settimane. Il giorno dopo. Mi chiama gente per dirmi che il mio CV era troppo buono, o non abbastanza buono, ma che voleva sapere se poteva propormi altre posizioni…insomma, una cosa che davvero era di un altro mondo. Dopo una conversazione via Skype, uno di questi recruiter mi dice “Due giorni di preavviso ti bastano per venire a Londra per un colloquio?” “Certo”. “Ti faccio sapere”. Dopo due ore avevo ora e luogo dell’incontro, nome delle persone che avrei dovuto incontrare, posizione nell’organigramma ed un’agenda degli argomenti che sarebbero stati trattati. Ma la cosa magnifica, rispetto alle mie esperienze italiane, era che il recruiter sapeva di cosa stavamo parlando. Aveva studiato, e faceva domande sensate. Ah, dimenticavo. Hanno pagato il mio biglietto aereo e l’albergo.

Finora ho descritto cosa mi è successo quando io ero oggetto della selezione. Ma in questi anni Irlandesi mi è capitato di essere nella posizione di aver bisogno di selezionare persone per la mia Business Unit. In questo mondo, non è pensabile aprire una ricerca di personale senza una Job Description accurata, così come non è pensabile di selezionare qualcuno senza un supporto assiduo delle agenzia di recruitment e delle Risorse Umane. Puoi scrivere la più bella JD del mondo, ma se lo stipendio che intendi offrire è inconsistente col mercato, il recruiter semplicemente dirà al capo HR che la mia richiesta non sta in piedi, e che devo cambiare parametri. Una volta che il range salariale è stato concordato, pensa a tutto l’agenzia di selezione (in questo mondo Recruiting Business Partner): a me arrivano solo i CV, ed io decido quali tengo e quali no (spiegando il perché, però). Dopo si fissano i colloqui, e non si sgarra: né sull’orario, né sulla valutazione. Tutti i colloqui si svolgono con il supporto e la presenza di un Recruiter, e, come in precedenza, nessuno discute il mio diritto di accettare o rifiutare un candidato dopo il colloquio; tuttavia, sono tenuto a spiegare le mie motivazioni. Se una ricerca non va a buon fine, l’idea è che o la JD è insensata oppure non offriamo abbastanza, ed allora si cambia o la JD o il salario, e si ricomincia. Ovviamente, si da un feedback a TUTTI i candidati.

Non so se questo a voi pare un altro mondo, e non so se lo trovate migliore. Io, almeno per quanto riguarda la selezione, certamente sì. Fatemi sapere. Alla prossima.

21 Commenti

  1. Di questo racconto di Luca, trascrivo una delle cose che mi sono sembrate davvero da un altro mondo. “Dopo una conversazione via Skype, uno di questi recruiter mi dice “Due giorni di preavviso ti bastano per venire a Londra per un colloquio?” “Certo”. “Ti faccio sapere”. Dopo due ore avevo ora e luogo dell’incontro, nome delle persone che avrei dovuto incontrare, posizione nell’organigramma ed un’agenda degli argomenti che sarebbero stati trattati. Ma la cosa magnifica, rispetto alle mie esperienze italiane, era che il recruiter sapeva di cosa stavamo parlando. Aveva studiato, e faceva domande sensate. Ah, dimenticavo. Hanno pagato il mio biglietto aereo e l’albergo”.

    Non mi riferisco tanto alla copertura delle spese (chapeau!) ma alla attenzione che sembra aver dimostrato il recruiter. Non faccio questo di lavoro, non ho mai selezionato personale, non mi sono mai misurata con un’attività così delicata.
    Però sono stata molte volte dall’altra parte, come ognuno di noi, trovando raramente capacità e ascolto da chi mi stava di fronte.
    Spero che qualcuno qui in Italia (cioé da questo mondo) ci racconti che non è sempre così e di questo ne sono certa: ma se ce lo raccontate in questo post magari il messaggio arriva a molte più persone!

  2. Penso sia un problema di professionalità, Stefania. Sono assolutamente certo che anche in Italia esistono persone che ascoltano e che si sono preparate. Il punto è però che mentre la noshtra madrepatria ha una tendenziale diffidenza verso la competenza, che si riverbera inevitabilmente ovunque, all’estero la competenza è ricercata, premiata e utilizzata. I recruiter all’estero hanno una finding fee di non meno del 20% (spesso arriva anche al 23, 24), ma sono cari perché cercano di proporre il meglio, spesso riuscendoci.

  3. Io le selezioni in questo mondo le ho fatte, ho una esperienza limitata geograficamente a territori caratterizzati da un tessuto economico artigiano e piccolo imprenditoriale però, che ci crediate o no, questa mi è sufficiente per affermare che quanto scrive Luca è vero!
    Perché i nostri imprenditori cerchino in ogni modo di avere il fenomeno di turno (che poi, lo vogliono davvero?) offrendogli uno stage non retribuito (figurarsi pagare l’agenzia che fa la selezione), o quale sia il motivo che spinge le varie Agenzie per il Lavoro o di selezione a farsi rappresentare da giovani neolaureati timorosi ed incapaci persino di scrivere in italiano un annuncio di lavoro, credo sia in parte dovuto alla realtà (e di conseguenza al modo) in cui da qualche anno ormai si è costretti a fare impresa sotto il tricolore.
    L’imprenditore deve risparmiare, l’Agenzia deve fare concorrenza spietata alle sue cugine, il candidato è un disoccupato che deve solo adattarsi e ringraziare se lo chiamo.
    Ho dipinto il quadro estremizzando, ma credo che se si vuole una job description ben compilata tutte e tre le parti debbano fare qualcosa in più. L’Agenzia facendo cultura, l’Impresa decidendo di investire nella crescita e non cercando di tappare i buchi venutisi a creare nell’organigramma, il Candidato (non necessariamente disoccupato) recuperando l’umiltà che si addice a chi crede ancora che la nostra Repubblica debba essere fondata sul lavoro.

    1. Michelee, non si è “costretti” a fare impresa.. Si sceglie di farla. E si sceglie come farla. Le modalità di fare impresa di cui parli nascono da una tradizione e da un modello industriale artigianale che ci ha portato ad uscire dai grandi settori industriali (chimica, meccanica, aeronautica, elettronica, informatica) perché sono settori che richiedono gestione di problemi complessi, e quindi delega, innovazione, tecnologia. Su questo tessuto artigianale si è poi adagiata una classe politica immonda, che ha totalmente scordato ogni idea di politica industriale per almeno 30 anni, favorendo non la competenza ma la relazione. I nostri imprenditori si lamentano molto, ma innovano e delegano pochissimo.

  4. Questo bel post mi riempie di speranza e sono contenta di averlo letta di lunedì mattina! Mi fa essere ottimista e penso che ce ne sia assolutamente bisogno. Di solito tendo ad essere realista e spesso in questo paese non è semplice. Non ho molta esperienza di recruiting ma l’idea che esista un “mondo” di questo tipo a portata di un clic mi rasserena. Grazie del contributo prezioso, ci voleva!

  5. Occupandomi anche di recruiting l’articolo di Luca è stato come una “finestra” sulla possibilità di fare alcune cose in maniera diversa: a volte l’abitudine e la prassi ci portano a dare per scontato che certe cose “vadano così”, ma come si vede è sempre possibile trovare spunti per imparare e migliorarsi!

  6. Confermo tutto quanto scritto e aggiungo che non c’è bisogno di arrivare fino in Irlanda, bastano anche Austria, Svizzera e Germania. Si parla concretamente di opportunità di lavoro, Job Description dettagliate, remunerazioni in chiaro fin da subito e risposte garantite (non anonime). Ma se fai confronti con l’Italia sembra di parlare di un Altro Mondo. Ovviamente bisogna sapere le lingue!

  7. Ah! E i veri recruiter sono quelli che, quando una eventuale selezione non va a buon fine ti contattano successivamente per proportene altre! (Anche questo successo soltanto con agenzie estere)

  8. Simpatico e crudo: nel bel paese la chiamerei la de-selezione o la “selezione naturale”!
    Nella mia esperienza ho proposto di inserire anche il feedback dai candidati, laddove ci sia più materiale su cui valutare.
    La cosa non ha sortito interesse… tutti presi ad aspettare Godot?

  9. Purtroppo nulla di nuovo. Solo conferme. Eppure, come dice Stefano basterebbe solo imparare ad essere più professionali, più interessati alle persone piuttosto che al cliente (che viene pensato proprio nel senso clientelare del termine: colui a cui dare ciò che ha chiesto e non ciò di cui ha bisogno) – che in realtà è un committente; il vero cliente dovrebbe essere il candidato.
    Ma qui si entra nel mondo dell’etica e della preparazione professionale. La maggior parte degli HH italiani sono commerciali, venditori. E con tutto il rispetto che ho per la categoria dei venditori (quelli veri) sono convinta che in questo mestiere non basta. Ma è facile sparare sugli HH, pensiamo ai loro committenti, alle richieste confuse, fatte al telefono in 5 minuti tra una riunione e l’altra o a tarda sera (perché il pensare alle persone è sempre una delle ultime priorità), alle proposte “vediamo se trovi qualcuno e poi cui aggiustiamo”, ai profili, come dice Luca ” 25enni con pluriennale esperienza in tutti i campi e che parlino sei lingue e che accettino prima uno stage a 400 euro al mese e poi un contratto a progetto a 1000″ ai quali non si ha la forza e forse la possibilità di dire “no” perché si hanno dipendenti da pagare a fine mese oppure solo la bolletta del gas di casa.
    Nel mio lavoro ho sempre pensato che non bisogna lamentarsi se non si fidano di te, ma dimostrargli che sai lavorare bene. E non abbassare la qualità, mai.

    1. Concordo. Troppi recruiter sono venditori. Ma, molto più tristemente, troppi committenti non sono imprenditori: non pianificano, non innovano, hanno il terrore di perdere il controllo. Detto brutalmente, non sono sufficientemente preparati per affrontare il mercato, e non sono sufficientemente intelligenti per investire in persone qualificate che li aiutino. Sono, purtroppo, artigiani. Parecchi sono artigiani straordinari, ma non in grado di confrontarsi vittoriosamemte con problemi complessi. In un post precedente, Michele ha detto che “l’imprenditore deve risparmiare”. Io penso che gli imprenditori dovrebbero smettere di buttare via soldi con scelte mediocri.

  10. Interessante e amaro confronto Luca, una bella testimonianza del fatto che diversamente si può fare.
    Vorrei segnalre un altro aspetto.
    A me è capitato spesso d’essere cercata non tanto per il mio profilo ma, per avere nominativi di altri candidati affini alla mia posizione; in questo caso nessuna differenza sia recruiter italiani che stranieri. Premesso che non ho un “alto Profilo” inizialmente ero molto lusingata con il passare del tempo ho imparato che, forse, era il caso di essere collaborativa solo con le persone che avevo già incontrato personalmente. La considerazione che faccio ogni volta che ricevo telefonata o e-mail del genere è la seguente: “Certo deve essere proprio alla frutta. E’ cosi che si fa il recruiter?”

    1. In effetti succede anche a me, ma generalmente in questi termini: ricevo, tipicamente via email, ma anche telefonicamente, una proposta per una certa posizione, e spesso, se rifiuto, il recruiter mi chiede se conosco qualcuno che potrebbe essere interessato. La cosa particolare è che se propongo qualcuno e questo qualcuno accetta e viene assunto, io vengo ricompensato con una finding fee. Se la cosa è gestita in questo modo, io non ci trovo nulla di scorretto: è plausibile che io conosca persone nel mio campo e che quindi possa essere una fonte di informazioni utile, e che venga “pagato” per questo.

  11. Da “jobseeker” in terra Oirish da circa due mesi, penso di avere voce in capitolo. Quello che ha detto l’autore dell’articolo e’ vero; ma come sempre quando si parla di Irlanda, misteriosamente vengono tralasciate le parti negative che riguardano l’ incompetenza che anche qui, udite udite, esiste. Colloquio 1. “Mi scusi sig. Mario Bianchi, anche se lei e nato,cresciuto, studiato e lavorato in Italia per tutti i giorni della sua vita, dovremmo verificare la sua conoscenza dell’italiano, do your mind?” Of corse that I mind, e abbandonati l’interview. 2.(capitata all’amico informatico) “leiconosce TUTTI i linguaggi? Risposta si, ho fatto persino un corso di lingua azera il mese scorso! 3. Dopo che durante il colloquio alla domanda “sai di cosa ci occupiamo” racconto la storia dell’azienda dal 1879 ad oggi menzionando tutti gli AD in successione cronologica e tutti i brevetti da loro rilasciati in ordine alfabetico, vengo scartato per ((rullo di tamburi) scarsa conoscenza della compagnia. Tuttora ho il dubbio che fosse una motivazione sarcastica. O perlomeno cosi spero. Senza contare la pantomima del “100% match” che tradotto significa: puoi essere anche Nazareno figlio dell’Altissimo con laurea in tuttologia e 40 di esperienza, ma se ti stai candidando per lavorare al call ventre e non hai esperienza in un call ventre, ti preferiremo il ragazzino brufoloso che si fa la pipi’ addosso perche’ lui ha sei mesi di esperienza nel settore! Wow impressionante! Potrei andare avanti fino al tremila con stile aneddoti ma tanto l’esterofilo vedrà’ sempre le cose in modo fazioso, questo e quanto.

    1. Mi sfugge un tantino il senso del tuo commento. Probabimente, in modo perfettamente analogo a come a te e’sfuggito il senso del mio articolo. Non ho mai intesi dire che l’Irlanda fosse perfetta, oppure immune dall’incompetenza, che e’ un virus che affligge in modo imparziale tutti i posti del mondo (anche se in alcuni di essi e’ piu’ spettacolare che altrove); ne’ ho mai espresso sentimenti di esterofilia. Se tu provassi a rileggere il mio articolo (e magari anche quello successivo) noteresti come facevo, semplicemente, il confronto fra come avviene il recruitment da queste parti (in realta’, e’ come avviene il recruitment in qualsiasi paese civile) e come invece avviene in Italia; ovviamente, non avendo il privilegio papale dell’infallibilita’, sono conscio che il mio discorso vale in media, e che e’ sempre possibile trovare controesempi. Pero’, essemdo in Irlanda da due anni e non da due mesi, posso dirti che solitamente (“solitamente”, come sono certo converrai, NON significa “sempre”) la selezione del personale avviene con le modalita’ che ho descritto; sono anche abbastanza sicuro che converrai che invece nel nostro amato paese solitamente non funziona cosi’, ed io, perdonami la presunta esterofilia, preferisco come funziona qua. Io sarei l’uomo piu’ felice del mondo se potessi tornare in Italia e trovare le stesse cose che ho trovato qua in ambito lavorativo (anche se il fatturato di Ryanair probabilmente crollerebbe…); non sono esteroflilo a prescindere, ma nemmeno cieco, e, for the time being, non vedo–ahime’–nulla che mi spinga a tornare. D’altronde, visto che stai cercando lavoro all’estero anche tu (in bocca al lupo), azzardo la supposizione che tu sia d’accordo con me.

  12. io ho capito perfettamente il senso del post come tu hai capito perfettamente il sendo della mia risposta, quindi non ha senso nascondersi dietro finti equivoci. Sto cercando lavoro all’estero (rumore di clava sui testicoli) perche’ “annoiato” dai miei successi in terra tricolore. Mai decisione fu piu’ amara perche’ ho forti dubbi che qui riusciro’ a trovare quel posticino da quadro che incautamente ho lasciato. Sara’ che ho un imprinting da itagliano troglodita. Comunque sono d’accordo che sia fantastico che chiunque spari un cv, seppur nella piu blasonata delle aziende, riceva una risposta, nonostante si tratti di un diniego automatizzato che spesso non e’ nemmeno pertinente con la situazione (es: vacancy per spazzino e lo spazzino da 25 anni che si candida, risposta automatica: il suo profilo non e’ esattamente allineato alle richieste sorry). Io sconsiglio fortemente l’espatrio qui a tutti coloro che sono specializzati, tantomeno chi tenta per pura curiosita’ come il sottoscritto. Raccomando l’esperienza ai neolaureati o ai lavapiatti(eith all my due respect x la categoria) E’ inutile girarci attorno se uno ha il talento emerge anche nella nostra vituperata nazione come in Zaire o a Taiwan. E probabilmente anche in questo cesso di isola dimenticata dal signore e ostile alla vita umana (si sono offensivo, si e’ una cosa personale). A patto di farloccare il CV e raccontare una vagonata di balle (been there, done that, a richiesta sono disponibili i nomi). Comunque pace, buon per te che qui ti trovi bene, io sto facendo il conto alla rovescia per andarmene e trovare lavoro in 3 secondi in Italia. Il mio e’ forse uno sfogo ma ritengo che questo paese(EIRE) sia enormemente sopravvalutato sotto tutti gli aspetti e non capisco come mai non si levi mai una voce fuori dal coro. Ricordiamoci che stiamo sempre parlando di uno stato tecnicamente fallito che senza i dindini dell ‘asse IT/GER/FRA a quest ora sarebbe tornato all’era delle patate. Mi scuso se mi sono dilungato e/o ho spezzato l’incantesimo ma ho voluto ribadire che 100% rosa esiste solo nel mondo dell’LSD

    1. No, non hai proprio capito. Questo non è Tripadvisor per espatriati o candidati tali. L’idea di parlare di “altri mondi” non presuppone di esprimere un rating sui paesi esteri. È solo in modo per fare un confronto fra come funzionano–in meglio–alcune cose rispetto all’Italia, sperando che servano da spunto per cercare di cambiare il nostro paese, che è quanto di più statico, resistente al nuovo e chiuso io abbia mai conosciuto. La tua affermazione sul successo del talento in Italia è talmente avulsa dalla realtà che la prendo come una boutade, o come il risultato di un momento di obnubilamento dettato da questioni personali.

    2. Ah, perdonamo, aggiungo una cosa. Anche il Giappone e la Germania nel 1945 erano tecnicamente falliti. Anzi, erano morti. Si sono salvati grazie ad aiuti altrui (perlopiù Americani). Direi che ne sono usciti bene. È come reagisci al fallimento che mi interessa.

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