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QUANDO (NON) SERVE L’OUTPLACEMENT

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Nella sola giornata di oggi ho avuto modo di ascoltare i dubbi di Elisa (direttrice HR), Peter (business analyst senior) e Giulia (resp. procurement) dopo un primo confronto con alcune società di outplacement molto strutturate.

Partiamo dal presupposto che “outplacement” DOVREBBE ESSERE “ricollocamento” e nasce con l’intento di (ri)collocare gruppi di persone che ha visto la massima espansione durante gli anni 70 e 80 come strumento utilizzato per riposizionare operai e tecnici in seguito a licenziamenti di massa.

Negli ultimi anni per outplacement si intende invece un orientamento professionale personalizzato che PROMETTE di ricollocare lavoratori che le aziende decidono di lasciare a casa in cambio di una bella sciacquata di coscienza per tenere buoni i licenziati/e e far loro abbassare le pretese economiche in uscita.

In questa direzione le Agenzie per il Lavoro hanno individuato nelle crisi e nelle riorganizzazioni aziendali un bel business e quasi tutte hanno acquisito o fondato divisioni di outplacement.

Il profilo tipico del consulente di outplacement:
– psicologo/a con tante belle conoscenze teoriche, ma nessun contatto aziendale che ti renderà “consapevole dei tuoi punti di forza e pronto per nuove sfide”
– ex manager a sua volta “accompagnato all’uscita” che ha deciso di intraprendere l’attività di consulente di carriera.
– coach, counselor, e simili (nel qual caso, è utile farsi mostrare “il tesserino”)

Queste aziende vendono la loro expertise di settore e una “banca dati” di conoscenze, ma nessuna garanzia concreta. I percorsi mi dicono essere piuttosto elementari (a partire da aspetti totalmente inutili per profili di middle/top come “rifare il cv” o “migliorare il profilo linkedin”).

Molto spesso questi/e consulenti hanno a loro volta profili Linkedin senza contenuti, referenze, un piano editoriale.

Cosa chiedere dunque al/la consulente di ouplacement per capire se stiamo affrontando un percorso non solo costoso, ma anche efficace?

– di incrociare il tuo profilo con tutte le ricerche che l’APL (a cui fa capo la societa di ouplacement )ha aperte in questo momento in linea con le proprie caratteristiche e farsi inserire nelle short list delle agenzie che stanno curando le selezioni.

– di chiedere una lista delle 20 aziende del proprio settore (clienti dell’APL) e chiedere di essere introdotti/e e referenziati/e anche solo per un colloquio conoscitivo, utile a valutare prospettive anche future.

Ad un/una manager con 10-15 anni di esperienza consolidata non servono percorsi di 12 mesi; serve concretezza, focus sulle proprie competenze, una panoramica sulle opportunità.

Non è più tempo di due fustini in cambio di uno e di promesse che non si possono mantenere. Piuttosto, fatevi dare il corrispettivo in soldi e il/la consulente a cui affidarvi sceglietelo da soli/e.

Che costa anche meno.

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