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Temporary Management : Maurizio Quarta prova a rispondere ai tanti interrogativi del post – evento

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Buonasera a tutti.
Ho visto che l’incontro di Firenze ha generato un’ondata di riflessioni e considerazioni, per lo più centrate sulle differenze tra TMan e consulente, sugli aspetti di gestione contrattuale di un progetto e sul ruolo delle scoietà di TM.

E’ difficile rispondere in maniera esaustiva nello spazio ristretto di un blog, ma ci proviamo, tenuto conto che parte delle risposte sta nella presentazione che Osvaldo vi ha inviato.

Consulenza e TM
L’elemento differenziante è rappresentato dalle deleghe operative di cui il manager dispone per gestire il progetto e raggiungere gli obiettivi definiti, e che normalmente un consulente non ha. E’ vero che in alcuni casi il TMan opera con un rapporto di collaborazione professionale e quindi con una veste formalmente riconducibile alla figura del consulente: non va però confuso l’aspetto contrattuale con l’aspetto sostanziale dei contenuti e degli obiettivi dell’incarico che richiedono competenze manageriali e capacità di esecuzione, a fronte delle deleghe fornite.
In sintesi, il TM non è alternativo alla consulenza e non c’è nessun conflitto tra le due tipologie di servizio professionale, è semplicemente una professione diversa, che richiede a sua volta attitudini, motivazioni e competenze diverse da quelle normalmente identificabili in un consulente. Non è casuale che nei due mercati europei più grandi ed evoluti, quello inglese e quello olandese, le associazioni professionali legate al TM, quella delle società erogatrici del servizio da una parte, e quella dei TMan dall’altra, abbiano dedicato molto tempo ed inchiostro a chiarire e rimarcare le differenze tra i due mondi. Ne riportiamo di seguito quelle più essenziali:
v il consulente offre pareri mentre il TM realizza piani e programmi
v il consulente risponde del proprio operato alla sua società, mentre il TMan è responsabile dell’esito del progetto nei confronti del cliente.

La distinzione non ha certamente valore assoluto e non vuole dimenticare che tra consulenza e TM esiste un’area grigia, più o meno ampia, di possibile sovrapposizione: in Inghilterra, ad esempio, esiste uno specifico settore di attività, chiamato implementation consultancy che opera con principi e modalità spesso identiche a quelle del TM.

Aspetti contrattuali

Dal punto di vista della gestione, in un progetto di TM tre sono le attività coinvolte e di conseguenza tre possono essere le tipologie di servizi erogati al cliente:
v un’attività di ricerca del manager (se eseguita da una società di TM va ricordato che si tratta di attività soggetta ad autorizzazione del Ministero secondo la più recente normativa:)
v un’attività di affiancamento e supporto al manager, con intensità variabile in funzione della complessità del progetto (se eseguita da società di TM, si tratta di attività non soggetta ad alcuna autorizzazione)
v l’attività diretta di gestione del manager in azienda.

L’erogazione delle tre componenti di servizio viene normalmente regolata in due modi alternativi: con un unico rapporto contrattuale tra cliente e società di TM, che a sua volta gestisce il rapporto contrattuale con il manager, oppure attraverso due distinti rapporti contrattuali, uno con la società di TM per i servizi da essa effettivamente resi ed uno con il manager.

Per quanto riguarda il rapporto contrattuale tra azienda e manager, e i costi da esso derivanti, sono possibili scenari alternativi in funzione del bilanciamento delle specifiche esigenze di manager e azienda, ad esempio il modo in cui il manager ottimizza la propria posizione reddituale e fiscale:
v alcuni manager, specie se anagraficamente senior e molto vicini ai massimi pensionistici, possono essere interessati a beneficiare di contribuzione addizionale ai fini pensionistici per raggiungere i massimi citati, senza dover pagare il pesantissimo dazio della contribuzione volontaria, passando attraverso l’ istituto del contratto di lavoro dirigenziale a tempo determinato
v sono ormai pochissimi i manager che preferiscono operare con un contratto da dirigente a tempo determinato: si tratta per lo più di manager intorno ai 50 anni, che, avendo maturato oltre vent’anni di contribuzione necessari a garantirsi la pensione di vecchiaia, decidono di utilizzare altre forme e provvedere “privatamente” alla gestione della loro posizione contributiva. Essi tendono ad operare attraverso una propria società, per lo più una Srl o una Sas, ciò che consente al cliente di beneficiare di un costo aziendale complessivo più basso, e al manager di un compenso netto più elevato, essendo possibile portare in detrazione i propri costi operativi
v alcune aziende, per specifica policy interna, preferiscono operare con un contratto di dirigente a tempo determinato, anche per progetti di breve durata
v altre invece, e sempre per policy interna, preferiscono operare con un contratto di tipo professionale (soprattutto perchè in questo caso il manager non viene conteggiato nell’headcount.
In generale non esiste una forma contrattuale ideale e la stessa è il risultato della libera contrattazione tra le parti.

Società di TM o free lance?

In Gran Bretagna, mercato evoluto per eccellenza, il mercato opera su base per circa il 40% attraverso le società specializzate e per il 60% tramite i manager free lance.
In un mercato maturo ed equilibrato esistono quindi diverse soluzioni caratterizzate da livelli di prezzo differenti in funzione di diversi livelli di servizio offerto: il tutto però a partire da requisiti di qualità assolutamente irrinunciabili.
Una soluzione non è a priori superiore all’altra, si tratta di due modalità differenti di operare, caratterizzate da un diverso livello di servizio che si traduce poi in un diverso livello di costo. In particolare:
v la velocità con la quale è possibile identificare manager di qualità, più d’ uno per consentire al cliente di effettuare la scelta più appropriata: spesso gli interventi di TM devono poter partire nei 10-15 giorni successivi al conferimento dell’ incarico. Difficilmente una ricerca fatta in casa, attraverso il passa parola o la pubblicazione di un annuncio, consentirebbe di superare con successo e in tempi brevi il fatto che solamente un 1/5 dei curricula spontanei sono tendenzialmente adatti per ruoli di TM: solamente attraverso un superlavoro (che fa chi e in quali tempi?) sarebbe possibile l’ approfondimento degli aspetti motivazionali e personali necessario a valutare l’ idoneità del manager ad incarichi di TM, senza contare il problema relativo all’ approfondimento sulle tematiche affrontate e sulle competenze maturate. Con la pubblicazione di un annuncio, l’immediato risultato sarebbe solamente quello di aumentare sensibilmente la popolazione su cui andare a selezionare l’1/5 di cui sopra, data l’elevato nunero di risposte che mediamente annunci di TM riescono a
Qual è il rischio che l’azienda è disposta a correre andando ad imbattersi in un manager non adatto?
v garanzia di servizio: oltre al controllo del progetto è prevista la sostituzione del manager nel caso insorgano particolari problemi: il lavoro dello specialista prosegue ben oltre l’ingresso del manager e copre tutto l’arco del progetto.
Non va anche trascurato il ruolo di garante, anche nei confronti del manager, della continuità del progetto e delle condizioni al contorno (economiche, ambientali, etc.), ciò che consente al manager di concentrarsi al massimo sulla risoluzione del problema senza essere distratto da problemi differenti.

Anche in questo caso l’ elemento discriminante è il costo: il fai fa te sicuramente costa meno, specie in un momento in cui non è difficile trovare sul mercato manager disposti ad incarichi di TM per risolvere problemi di lavoro contingenti.

Sicuramente il TM non è, come ssuggerisce qualcuno degli animatori del blog, una scorciatoia per contratti atipici con il solo guadagno delle società di TM, così come non si tratta di un pasticciaccio all’italiana. Il rischio di pasticciaccio in realtà esiste, ma deriva dalla confusione creata sul mercato dalle molte, troppe, società di consulenza, executive search e simili, che, fiutando il potenziale di sviluppo del mercato del TM o dovendo cercare strade alternative per sopravvivere a fronte di un business tradizionale in forte calo, lo aggiungono alla lista dei servizi offerti, spesso come puro fatto nominale di presenza nel settore, senza però alcuna preparazione e strutturazione interna preliminare.
Se tutto questo, unito alla considerazione del TM come ultima spiaggia da parte di chi cerca una ricollocazione, non viene adeguatamente monitorato e corretto per tempo, si può arrivare alla spiacevole situazione di deprimere sul nascere un mercato potenzialmente apportatore di benefici sia per le aziende che per i manager, data l’ elevata probabilità che molti utenti di TM, specie nel comparto delle piccole e medie aziende, possano restare scottati da esperienze non positive.

Per concludere, i TMan non sono gestiti da nessuno: sono grandi professionisti che sanno benissimo gestirsi da soli e che in maniera del tutto tattica operano da soli o attraverso società specializzate.

4 Commenti

  1. Inizio con un saluto al dott. Quarta che conosco dal 2002,la sua visione internazionale è, a mio avviso, fuori dalla norma di cio che si legge in genere sull’argomento.
    In questo caso mi sento di dire che il TM non può essere un cane sciolto, ha bisogno, proprio perchè ogni azienda che seguirà sarà diversa, di un allineamento continuo e di “reset” necessario ad essere incisivo ed orientato al risultato.
    Il controllo sul TM da la garanzia di una tutela del processo, il cliente mette in mano al TM fasi importanti della sua azienda ed è disposto a pagare una garanzia in pu’ a tutela del processo,se ben motivato.
    Il TM che lavora da solo,non si rende conto di sbagliare o di come deve correggere alcuni particolari , conta molte volte ” molto “sull’esperienza ma dal momento che “l’esperienza è il nome che diamo ai nostri errori” non può accrescere la sua esperienza dai clienti , il mondo è piccolo.
    saluti enzo zauli

  2. Approfitto dell’intervento di Maurizio Quarta, che ha contribuito a chiarire numerosi dubbi, per aggiungere alcune osservazioni.

    Guardando e curiosando grazie attraverso internet sul mondo dei Temporary Manager , ho potuto notare come si muovano da un lato società di TM e dall’altro TM free lance che attraverso siti e blog personali offrono la loro prestazione senza escludere nessun tipo di forma contrattuale.

    Questo rende palese che sicuramente una buona parte dei TM ha colto le potenzialità del proprio business, diventando imprenditori di se stessi, ovvero promotori delle proprie competenze e professionalità molto elevate, proponendosi nel mercato con la giusta flessibilità.

    Sicuramente la circostanza di essere in una fase avanzata della carriera, di godere di una posizione contributiva ben definita consente loro anche di potersi vendere sul mercato con forme contrattuali vantaggiose anche per le aziende.

    Ma non possiamo fare finta che non esista anche l’altra realtà dei manager che avrebbero preferito conservare il posto di lavoro che avevano, o che ne vorrebbero uno stabile, ma che non possono fare altro che adattarsi al mercato del lavoro, scegliendo spesso di affidarsi a società addentrate nel settore. Ed qui che sorgono spesso spontanee conclusioni del tipo :

    – c è precariato anche mondo manageriale…
    – le società di TM sono paragonabili ad agenzie interinali.

    Mi sento di non condividere la seconda poiché non credo che le agenzie interinali siano strutturate oggi per garantire, supervisionare e supportare il lavoro che il TM è chiamato a svolgere in azienda (tuttavia se la direzione è questa non mi sorprenderei se a breve le più organizzate aprissero un settore TM).

    Quello che si trascura è che esempi di TM vengono da paesi molto diversi dal nostro, più ricchi, più floridi più dinamici; paesi dove la “cultura” della flessibilità è supportata da uno scenario di molte più opportunità lavorative, e di più tutele per i lavoratori.
    Pensiamo che in Italia si è tentato, solo con Legge Biagi (D.lgs. n 276/03), di offrire strumenti per il lavoro flessibile alle imprese e ai lavoratori , cercando di aprire un passaggio verso la “cultura” della flessibilità, e che, alla luce della crisi che si è attraversata e che spero stia finendo, il lavoro flessibile rischia di diventare solo un salvagente per non affondare (sia per chi si affaccia , che per chi nel mondo del lavoro era ben radicato).

    L’augurio è che da questa crisi ne derivi un opportunità di evoluzione verso quei paesi da molti citati e che la flessibilità-necessità, percepita come precariato, diventi presto flessibilità-scelta percepita come opportunità e libertà.

    Ad ogni modo credo di dover rassicurare alcuni affermando che la figura del TM sia da intendersi come un elaborazione concettuale , come una modalità diversa di svolgere il mestiere del Manager, non come un contratto di lavoro privo di garanzie.
     
    La forma contrattuale c’è e viene di volta in volta determinata dalle necessita dell’azienda, da un lato, e quelle del professionista,dall’altro.
     
    Quando il rapporto viene instaurato per il tramite della società di TM , vengono a costituirsi, da un lato, il contratto fra questa e l’azienda cliente per il servizio di conduzione di un progetto o di selezione di un manager, dall’altro, il contratto di prestazione d’opera fra il manager e la società.
     
    In effetti la presenza di una società di TM offre numerose garanzie ad un azienda che altrimenti dovrebbe:
    1.attivare una selezione per la posizione;
    2.individuare il candidato adatto;
    3.farsi carico di un rapporto contrattuale direttamente con il manager.

    Invece, fuori dai casi in cui è coinvolta nel processo una società di TM , è necessario regolamentare e codificazione del rapporto di lavoro avente ad oggetto un temporary management fra il manager e l’azienda.

    Le forme possono essere le seguenti:

    -lavoro autonomo (con P.I)
    -contratto di collaborazione a progetto
    -contratto a tempo determinato
    -contratto a tempo determinato dirigenti

    la scelta di una forma piuttosto che di un’altra è determinata alcuni elementi obiettivi:

    -sussistenza o meno di un progetto (co.co.pro)
    -sussistenza o meno di una causa giustificatrice dell’apposizione di un – contratto a termine (contratto a T.D);
    -inquadramento a livello dirigenziale (contratto a T.D. dirigenti);
    -presenza di elementi di completa autonomia (prestazioni d’opera ex art. 2222 c.c.)

    Mentre ragioni di opportunità di natura fiscale e contributiva possono effettivamente indurre il manager a preferire il contratto di lavoro autonomo.

    Dunque non è corretto parlare di un contratto di Temporary Manager , e nemmeno lamentare che la figura non sia regolamentata.

    Di fatto, è stato recepito un concetto non- made in Italy relativo svolgimento di ruoli manageriali caratterizzato dall’elemento della temporaneità, ma è sufficiente utilizzare con i giù numerosi e su citati strumenti contrattuali che abbiamo. Non siamo privi di strumenti giuridici idonei a disciplinare il rapporto di lavoro o di collaborazione fra il manager e l’azienda che ha necessità di ricorrevi solo temporaneamente per motivi legati per esempio a gestione di processi aziendali,mancanza temporanea di direzione o avvio di nuovi progetti.

    Infatti, tutti gli interventi legislativi e ministeriali che hanno di volta in volta limato il contratto di lavoro a progetto avvicinandolo sempre più al lavoro subordinato hanno realizzato uno strumento che ben si presta a regolamentare l’incarico dello svolgimento di un progetto (D.Lgs 276/03 art. 61 ss.) di qualsiasi livello e impegno professionale, purché sia ben definito il progetto e/o programma di lavoro.

    Ed atri e tanti, a dir poco estenuanti, interventi legislativi e giurisprudenziali sul contratto a tempo determinato lo hanno regolamentato riducendone i rischi di un uso fraudolento, da un lato, circoscrivendo in modo chiaro i casi in cui può essere legittimamente apposto un termine (E’ consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro- art. 1 Dlgs n. 368/01), dall’altro, definendo la durata massima quando se ne faccia un uso reiterato(tre anni con una proroga – 36 mesi fra proroghe e rinnovo quando di tratti di mansioni equilavalenti).
    Quando poi si tratti di inquadramento a livello dirigenziale , non è nemmeno necessario imbattersi nell’individuazione d elaborazione precisa e formale di una ragione giustificatrice , poichè sono esclusi dal campo di applicazione del D.lgs n. 368/01 “contratti di lavoro a tempo determinato, purche’ di durata non superiore a cinque anni, con i dirigenti” (art. 10 ).

    E’ tuttavia necessario,al fine di evitare spiacevoli controversie, a seconda dei casi verificare preventivamente che: sussistano i presupposti di legge, temporaneità della collaborazione, determinazione di un progetto, ovvero l’autonomia nella gestione dell’incarico
    Teniamo inoltre a mente che nell’ordinamento italiano valgono due regole importanti:
    – Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato (art. 1 D.lgs n.368/01)
    – ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è necessario aver riguardo all’effettivo contenuto del rapporto stesso, indipendentemente dal nomen iuris usato dalle parti (principio di giurisprudenza ormai consolidata).
    Buon lavoro tutti

    Paola

  3. Buongiorno a tutti, approfitto anche io per ringraziare il Dott. Quarta sia per l’intervento a Firenze, sia per questo post che dà una visione molto chiara del Temporary Management.
    Vorrei lanciare un argomento: come possiamo creare la “cultura” sul temporary management nei territori extra-milanesi, caratterizzati da aziende anche non piccolissime ma sicuramente meno proiettate verso le novità che arrivano dall’estero?
    Come lo stesso Dott. Quarta raccontava a Firenze, il problema della mancata conoscenza del temporary management è legata anche all’assenza delle società di temporary internazionali che non entrano nel mercato italiano per non rimanere invischiate nella legislazione lavorativa italiana che di fatto non agevolerebbe le forme di lavoro atipiche.
    Come possiamo fare quindi per creare noi stessi tale cultura e far capire alle aziende che un temporary manager un’opportunità per loro di inserire managerialità in azienda senza accollarsi un manager a tempo indeterminato?
    Mi piacerebbe che fosse organizzato un convegno, anche attraverso FdR, dove venissero invitati, oltre alle società di temporary (accuratamente selezionate!) ed ai manager, anche aziende ed imprenditori, per una tavola rotonda sull’argomento.
    Al momento mi sembra il modo più semplice e diretto per creare conoscenza sul tema nelle aziende e sentire anche la loro opinione.
    Che ne pensate?

  4. Concordo con Laura che l’argomento TM meriti un ulteriore incontro, a Firenze e sul blog e’stato detto molto, ma gli spunti di approfondimento sono tanti. Ad Osvaldo ho proposto, in particolare, di portare piu’ testimonianze di TM e certamente l’idea di accompagnarle alla testimonianza di imprenditori di PMI e’ ottima.
    Colgo l’occasione per tornare su un aspetto che secondo me e’ stato mal posto nei vari commenti: TM non e’ precariato, sfiga, ripiego. E’ una professione ben precisa, ricca di occasioni, di opportunita’ di accrescimento (si pensi a quante persone si possono conoscere e quante cose si possono imparare cambiando contesto lavorativo ogni 6 mesi). Certo, non tutti i managers sono in grado di fare i TM, tanto che stanno nascendo percorsi formativi ad hoc per trasformare un manager in un buon TM (come ad esempio ci apprestiamo a fare in Federmanager con la ns Academy). E non tutti preferiscono l’incertezza del cambio continuo alla stabilita’ del tempo indeterminato. Ma TM e’ oggi una delle tante forme in cui sta evolvendo il mercato del lavoro delle alte professionalita’, probabilmente una delle piu interessanti e va vista a mio avviso come una opportunita’ piu’ che una minaccia.

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