Talent has no age … diversamente giovane
Sono stata al Top Management Forum, ringrazio FdR e Knowità per avermi dato l’opportunità di partecipare al workshop Risorse Umane ed Organizzazioni che quest’anno trattava le tematiche La creazione di Valore e La gestioni dei talenti all’interno delle aziende. Mi è piaciuto molto l’intervento di Francesco Paoletti, docente dell’Università Milano Bicocca, quando gli è stato chiesto: come vede il futuro delle aziende e delle persone dopo il prolungamento dell’età pensionabile? E’ strano, ma fino a quel momento non avevo pensato ai cambiamenti che possono svilupparsi se sarà così e non ci fosse la possibilità del prepensionamento. Confesso che neanche il professore ci aveva pensato prima… Queste persone “diversamente giovani “ come li ha chiamati il prof. Paoletti, che ruolo potrebbero ricoprire all’interno dell’organizzazione? Aumenterebbe la job rotation, si potrebbero creare dei nuovi ruoli dando maggior spazio al valore di queste persone come “maestri” di mestiere, significherebbe una rottura con l’attuale struttura retributiva, inquadramenti, incarichi e tempo dedicato in azienda? Vorrei avere un vostro parere, soprattutto di chi se ne occupa di organizzazione aziendale. Se “Il talento non ha età” le aziende sono pronte ad accogliere un cambiamento di queste dimensioni? Il futuro è già oggi… Questi sono dei link relazionati http://blog.panorama.it/economia/2011/11/30/pensioni-ecco-cosa-cambiera-dal-2012/http://video.panorama.it/Infografiche/Pensioni_estero/pensioni_estero.html
Cara Africa,
indubbiamente l’argomento è e sarà semrpe di più di attualità. Sono convinto che si stia per una nuova classe di persone (i “diversamente giovani disoccupati”), con età > 50 anni che saranno sempre più eliminati dalle aziende, alla ricerca di forze fresche, di basso costo, con notevole energia e non cristallizzate su modelli decisionali relativi a 20 anni prima (prendi come esempio le discussioni degli attuali politici di rilievo, parlano per la maggior parte con riferimento ad una realtà di 20 anni fa).
Stiamo passando dalla generazione dei 50enniinutilichevannoinpensione a quella dei 50enniinutilichevorrebberocapirecosafare.
Inoltre, l’ingresso nel mondo del lavoro ad età sempre più “anziane” andranno a rivoluzionare il modus operandi delel aziende (o dei disoccupati).
verso i 50, noi diversamente giovani abbiamo ancora parecchie energie da spendere, parecchie idee, ma poca propensione al rischio (veniamo dalla generazione del “posto sicuro”) e questo ci terrorizza e ci blocca.
Dall’incontro della Bussola per i manager, ho anche inteso che per chi perde il lavoro, deve entrare nel concetto che il posto sicuro non esiste più e che quindi bisogna diventare sempre più manager di sè stessi.
Fortunatamente ho un lavoro e la sfortuna che mi piace anche parecchio. Ho comunque provato (e sto comunque provando) a simulare come muovermi nel caso in cui rimanga senza lavoro e debba cominciare a tirare su l’azienda “de palo srl”, ma non ho ancora trovato un’ipotesi valida su come risolvere un quesito di questo tipo.
Sarebbe bello cominciare a pensare ad un percorso formativo per abiotuare le persoen a rimettersi in gioco, su come generare idee di business basate sui propri punti di forza.
Buona giornata
Ciao-Roberto
Anche io ho partecipato al workshop HR e del discorso del prof. Paoletti mi ha interessato anche la connessione che faceva tra eta’ e struttura retributiva per cui ad una certa eta’ puoi anche accettare di lavorare di meno e guadagnare di meno (o diversamente), concentrando il tuo intervento in aree e situazioni in cui esperienza e competenza possano dare valore aggiunto maggiore rispetto ai piu’ giovani.
E’ vero poi che piu’ che i talenti dovremmo (prima in noi e poi negli altri) scovare il talento in ognuno e valorizzare le persone nelle organizzazioni. Ultimo: sul fatto che il talento non sia legato all’eta’ ho qualche dubbio…credo che un giusto equilibrio tra le diverse eta’ sia comunque una strategia corretta.
Ciao a tutti!
Il tema dei “diversamente giovani” all’interno delle aziende è sempre più attuale e andrebbe affrontato con urgenza e molto seriamente -come giustamente avete già detto – analizzando le conseguenze che potrebbe avere dal punto di vista organizzativo, contrattuale e retributivo. La prima cosa, a mio avviso, è cambiare prospettiva nell’approccio e nell’analisi della questione e dare “dignità” allo strumento della job rotation, spesso utilizzato per far arrivare messaggi “subliminali” ai dipendenti coinvolti piuttosto che per valorizzarli. In questa direzione importantissimi possono essere interventi di coaching e formazione continua per i dipendenti over 45.
Convintissimo che il talento non ha età.
E dirò di più: l’esperienza invece sì.
Nati lavorativamente in un periodo dove il lavoro flessibile/precario era agli albori, abbiamo maturato esperienza spesso in diversi contesti e momenti storici.
A dispetto delle credenze, con il continuo cambiamento si acquisisce una certa elasticità e duttilità che non ritrovo spesso nei “giovani”.
Personalmente credo che questa tematica ha innumerevoli sfaccettature. Penso a come queste persone possono affrontare un cambio di rotta nella loro vita, anzi nella nostra vita, visto che ci coinvolge a tutti. Ma non mi riesce. Forse dovremo rompere con tutti i paradigmi fino ad oggi instaurati. Forse sarebbe stato il caso di creare una nuova politica di lavoro prima di dichiarare apertamente i programma delle nuove misure sulle pensioni, la base è la politica di lavoro. Aumentare l’età pensionabile delle persone che hanno una certa anzianità in azienda crea demotivazione alle persone e crea in modo diretto l’aumento dei costi del lavoro per l’azienda che preveda certe uscite, di certo non favorisce le assunzioni, anzi, crea esubero del personale in forza. Quindi coinvolge chi è giovane e chi è diversamente giovane. Quale sono le soluzioni?
Sicuramente ci troviamo davanti a grossi cambiamenti, di solito questi costituiscono grossi problemi ed anche grandi opportunità, mi piace la seconda.
Ho quasi 55 anni, buona salute e voglia di fare, sono uscito dal mondo lavorativo “regolare” da tre anni e mi do’ da fare con attività di formazione e consulenza che cerco di consolidare con qualche difficoltà. La saltuarietà non e’, di per se, un problema, la sensazione di remare contro corrente si.
Mi spiego meglio: gran parte delle mie attività, soprattutto formative, e’ rivolta a giovani promettenti in aziende di varie dimensioni, a cui trasferisco metodo ed esperienza pratica. Penso di poter dire che l’approccio e’ raccolto con soddisfazione.
Se questo è cio’ che i “diversamente giovani” possono dare, potrebbe bastare un minimo più di strutturazione della cosa, come si potrebbe fare?
Ma soprattutto, e penso questo sia il luogo giusto dove cercare questa risposta, cosa ne pensano le imprese ed i responsabili hr?
Se questo “servizio” e’ ritenuto utile, non come soluzione del problema dei senior, ma come potenziamento dei meccanismi di crescita delle persone nelle organizzazioni, non penso che sara’ cosi’ difficile trovare i meccanismi giusti.
Penso che possa essere una discussione molto costruttiva. Grazie di averla proposta.
Brava Africa,
il problema sta tutto lì. Si è fatto la manovra per il contenimento e si spera la riduzione del debito, agendo probabilmente nell’unica via più immediata ed a più breve risultato. Ma non c’è nessuna misura ne manovra sostenibile per la crescita a medio lungo termine, che soprattutto tenga conto della manovra in essere attuata.
Quale incentivo è stato previsto per le imprese al fine di sostenerle nel mantenere in azienda gli over 50 (parliamo fino a SETTANTA! anni) ??
Ci sono programmi finanziati per la riqualificazione e formazione di tali risorse ??
Ci sono incentivi per programmi a sostegno di progetti per la formazione di nuove leve con l’utilizzo di leve over 50, magari deducendone i costi dalle tasse delle imprese ??
Mi sa tanto che il prossimo ventennio sarà caratterizzatto da un aumento delle tensioni e conflitti sociali, specie all’interno delle aziende, dove si alimenteranno nuove pratiche (al momento siamo al mobbing ed allo stalking….poi vedremo!) per allontanare il personale non più in età efficiente.
Anch’io vedo i cinquant’anni avvicinarsi di gran carriera, e faccio parte di quella generazione che ha alternato lavoro precario (obbligatorio per farsi le ossa), situazioni più o meno stabili, libera professione, attività d’impresa. Ho fatto forza sulla personale duttilità e capacità di adattamento per lavorare in contesti diversi, avendo la fortuna di aver sviluppato un ampio spettro di competenze. Debbo constatare, ed è quasi una inutile sottolineatura, che le opportunità diminuiscono sempre, ed aumenta in maniera esponenziale il disagio per la riscossione dei crediti.
Sulla questione della riforma pensionistica, ho la netta impressione che, invece di disinnescare l’ordigno, si stia semplicemente allungando la miccia.
Con un mercato del lavoro in progressiva contrazione, si avranno due risultati identici ed opposti, che contribuiranno ad appesantire la situazione. Da un lato, i lavoratori con contratto a tempo indeterminato andranno avanti fino quasi ai settanta, allungando il tempo di ricambio generazionale, così che ci sarà un tappo all’inserimento di giovani risorse; dall’altro, si imporrà sempre di più il precariato, che forse sarà l’unica valvola di sfogo per gli under 40.
Già oggi trovare qualcosa che assomigli ad un lavoro è meno difficile di quanto si creda: basta accettare un contratto da 12.000 l’anno omnicomprensivi e lavorare 10-12 ore al giorno, senza una prospettiva diversa dall’andarsene dopo un paio di anni. C’è un numero esorbitante di ragazzi e non che già lo fa; e non sto parlando di manovali, ma di persone laureate con lode, e magari pure un master.
Pensierino della sera:
Ve lo immaginate un quasi settantenne fare un turno di notte in una fonderia, oppure solo anche da paramedico in ospedale… Correre in soccorso del paziente ed inforcare un paio di occhiali da presbite per una iniezione urgente… Non so, fate voi.
Pensierino della sera 2:
Dio salvi gli over 45 che dovessero rimanere a spasso
La situazione è preoccupante, molto. In questi giorni sono in Spagna per passare il Natale in famiglia. Qua si parla dei minijobs, non vorrei che anche questa corrente tedesca (iniziata in Germania nel 2003) arrivasse anche in Italia, ora la vogliono imporre in Spagna come soluzione alla disoccupazione che gira in torno ai 5 milioni. Si tratta di lavori considerati di “scarsa considerazione” che non superano i €400 di stipendio, che vuol dire rompono con lo “stipendio minimo” stabilito per legge. il dipendente non paga le imposta e versa solo volontariamente, invece il datore di lavoro pagherebbe le imposta che corrispondono.
CVD (Come Volevasi Dimostrare)
Ciao Africa
Auguri
Stamattina mi è stato segnalato questo articolo, vorrei condividerlo con voi perchè è molto interessante:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/26/cinquantenni-licenziati-italia-germania/193943/