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Una generazione Sottocosto

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L’acronimo neet, ormai lo sappiamo tutti, indica quei giovani compresi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non cercano. Se ne parla da almeno due anni, la notizia è vecchia, e potete approfondirla qui.

Su alcuni blog, su twitter e su vari siti di informazione (evidentemente non istituzionali), inizia ad apparire da qualche settimana il movimento #nofreejobs, alimentato dal solito sottobosco del web scatenato da un articolo di Simone Tronconi sul sito di Wikicultura, che denunciava l’offerta di una società editoriale in cui si ricercano blogger professionisti in grado di produrre mensilmente una quarantina di articoli tematici pagati 20 euro (al mese!). Non staremo a riportare qui la fenomenologia del movimento che ne è scaturito; su google basta digitare #nofreejobs (qui un ottimo articolo dal blog di Paolo Ratto) per recuperare tutta la letteratura sul tema.

Quello che è invece interessante, è vedere come, alla luce di una neanche troppo velata provocazione, in tantissimi abbiano risposto, raccogliendo in brevissimo tempo un quantitativo di testimonianze e addirittura una serie di proposte da presentare al Governo, che disegnano un Paese incredibilmente trasformato negli ultimi due anni. E NON PARLIAMO SOLO DI GIOVANI.

Mentre in Gran Bretagna la tipologia di “stage all’italiana” sta per essere messa fuori legge, da noi spopolano le aziende che continuano a proporre periodi di training mal pagati, senza alcuna speranza di assunzione, per periodi anche di due anni, dove spesso e volentieri le giovani risorse sono utillizzate per sostituire qualche segretaria/o o qualche funzione aziendale “non più in organico”.

Ed ecco che qualcuno ha l’idea di geolocalizzare gli “stage indecenti”, dove la dura legge del web non risparmia nomi, cognomi e indirizzi, disegnando una vera e propria mappa geografica.   Incredibile verificare che fra i titolari di questi stage figurano non solo aziende ma anche istituzioni, università (in larga parte in territorio milanese…) e addirittura Ministeri.

E infine, a completamento di questo poco rassicurante stato dell’arte, ecco il solito, innovativo inserto del Corsera, l’avanguardista TrovoLavoro che ancora una volta, in barba al più misero buongusto (dopo l’entusiasmante articolo sul signor Proto che fa pagare i colloqui ai candidati), sul numero di venerdi scorso ci informava dell’ultima novità del mercato: “gli stages per gli over quaranta”.

In un Paese che non cresce, che non promuove la ricerca e sviluppo, dove la Scuola non è più competitiva, dove la managerialità sembra perdere valore a dispetto dell’esperienza, sospendendo al momento la fiducia nelle istituzioni ci si aspetterebbe che almeno l’informazione ricoprisse un ruolo fondamentale nell’indicare ed individuare strumenti ed opportunità.

Non vorrei pensare che qualcuno stia cercando di istituzionalizzare una “Generazione Sottocosto”. La nostra.

3 Commenti

  1. Cari FdR, purtroppo i Neet come li chiamate voi ormai hanno anche compiuto e superato i 30 anni. Come si fa? Una generazione che in pratica non ha mai lavorato e finisce per sentirsi come parassita in una società che pare non volerli. I furbi se la cavano, ma gli altri? Chiedono solo un’occasione, dopotutto.

  2. Ciao Osvaldo, ciao a tutti gli amici di Fior di Risorse!

    Grazie per aver citato il nostro contributo su Wikiculture.

    #nofreejobs è uno straordinario fenomeno nato quasi per caso, anche se non è un caso. Purtroppo.

    Ogni giorno, veramente ogni giorno, si leggono nuove cosacce: dagli annunci fake (ce n’è uno, in cui cercano giornalisti, che fa discutere spesso e malvolentieri gli utenti su Lavoricreativi) ad articoli come questi:

    http://d.repubblica.it/argomenti/2011/11/28/news/lavoro_apprendistato_e_part_time-695825/

    http://nonhovogliadicompiereglianni.blogspot.com/2011/11/nofreejobs-o-almeno-si-spera.html

    http://letteraviola.it/2011/11/lazienda-alla-disoccupata-sei-brutta-nemmeno-buona-a-prostituirti/

    Sono solo semplicissimi esempi che mi sono capitati sotto gli occhi nelle ultime ore (davvero).

    Vediamo se la stampa ci dà una mano. Oppure chiediamo a Fiorello di twittare la faccenda. Ormai gli hashtag vanno di moda, noi puntiamo su #nofreejobs #10cambiamenti.

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