Adesso basta! Lo sviluppo autentico deve coltivare le eccedenze umane.
Per raccontarvi questa storia forse c’è bisogno di essere più chiari e ripartire dal principio.Anzi dai Principii, dai valori di Fiordirisorse, primo tra tutti: la Persona al centro. E’ bastata la potente convinzione che sta dietro il nostro claim ad attrarre nell’orbita di curiosità di chi pensa Fiordirisorse giorno dopo giorno, ora dopo ora, due personaggi quantomeno eccentrici, ognuno a proprio modo, ed a concepire l’idea balzana di metterli insieme e sentire che messaggio avrebbe generato l’unione di due mezzi codici segreti della vita, apparentemente distanti, pescati l’uno in un antico monastero benedettino e l’altro in una barca a vela ancorata in un porto del Tirreno.
Simone Perotti, ex manager di RCS Mediagroup e Natale Brescianini, monaco benedettino incontrano le Persone di FdR in CRN, nelle Marche, per parlare di downshifting, ovvero la scelta di chi decide di “scalare la marcia” della propria vita per ritrovare se stesso, la propria libertà, l’armonia, il tempo per vivere con pienezza i sentimenti, le relazioni, la spiritualità, e ricostruire il senso della propria esistenza.
Tutto quello che Natale definisce l’eccedenza umana, ovvero ciò che resta fuori da un sistema produttivo finalizzato alla crescita, ma che troppe volte perde di vista lo sviluppo sociale cosi come l’autentico benessere psicologico dei singoli. Un sistema a cui Simone Perotti, autore del più recente Avanti tutta! Manifesto per una rivoluzione individuale (si, è un recidivo, pare), a un certo punto della sua vita ha detto Adesso basta! Lasciando il proprio lavoro e Milano per dedicarsi esclusivamente alla scrittura e alla navigazione a vela.
Un’ esigenza, questa della cura profonda per la propria vita e per la felicità, che Simone e Natale hanno portato alla nostra attenzione uno, testimoniando la propria scelta di uscire dal sistema, l’altro, la cui vocazione lo terrebbe fuori dalla vita aziendale e d’ufficio, con il racconto dell’ingresso in quel mondo , voluta e intrapresa per capire meglio le persone e le loro esigenze spirituali reali nel tessuto sociale contemporaneo.
Ci siamo chiesti, ascoltando la storia di Simone, se davvero si può fare, se si può avere l’ardire di provare a realizzare un sogno di bambino (Cosa vuoi fare da grande? Lo scrittore! Sic) buttando a mare soldi, prestigio, potere, contro tutti e completamente da soli e non ci è piaciuto sentirci dire le cose che ci ha sbattuto sul muso in modo netto e tagliente, ma sincero:
si può fare, ma – come dice Rumpelstiltskin in Once upon a time – nelle “favole cambiate” di alcune serate 2012 – “Magic alwais comes with a price”. Ogni incantesimo ben riuscito ha il suo prezzo.
Lavorare poco, significa guadagnare anche meno, ma sia questa una scelta, o una necessità rimane comunque una grande opportunità: quella di ripensare la propria vita, distinguere i bisogni dai desideri, darsi la possibilità di ripensare i contorni del proprio sogno individuale e muoversi su un percorso avventuroso, che richiede coraggio, determinazione e una disciplina severa. Un viaggio facendo il quale tutto può cambiare, non appena si pronunci con fermezza e convinzione la formula magica: Vietato calpestare i sogni! (e le si dia seguito con le azioni).
Sono sensibile al mondo benedettino, in particolare. La categoria di “eccedenza” è certamente suggestiva e richiama al punto di forza dell’umano, nella sua gratuità e dirompenza. Ma devo dire con molta onestà che questo dibattito sul downshifting in un periodo storico come questo, in cui al centro è il lavoro (averlo o meno), dunque i redditi massacrati da tassazioni selvagge e un calo di speranza e progettualità, che spinge fior di imprenditori e uomini dabbene al suicidio (o comunque induce con forza a cadere nell’abisso, posto, per dirla con l’analisi, che la situazione psichicca fosse già malmessa, ma questo accade statisticamente ad almeno 6 italiani su 10, depressi senza cure), mi pare poco più che irrilevante e perfino un pò salottiero. Il down di qualcosa puoi farlo se hai avuto qualche up, oppure se sei appunto un monaco, e lo fai per chiamata di Dio (n.b.: io sono un cattolico credente e come si usa dire oggi, grottescamente, “praticante”, ed ho vissuto, non per downshifting, per 2 anni in un monastero benedettino, in Toscana, dunque so di cosa sto parlando), ma se vivi con la calcolatrice in mano quando vai a fare la spesa, hai figli, conti, bollette, marito o moglie disoccupati, e con un mercato del lavoro che non trova riforme, bè, allora, sei in un altro girone dantesco. E il downshifting, senza up di qualcosa, lo fai senza sceglierlo, come i ricchi manager o i figli di papà che inseguono i convegni, magari infilati in qualche cda e con qualche maniglia anche in confindustria, il luna park degli imprenditori che, come mi diceva anni fa un piccolo imprenditore fiorentino, anziché scaccolarsi come i bambini, a casa, con la mamma, vanno a farlo insieme ad altri ragazzotti o paraimprenditori assistiti, spesso, chiamando tutto questo mercato, capitalismo o addirittura “vita”.
Tutto qua. La comunicazione è data dal contesto. E quello attuale non va bene. Ritrovarsi sul lavoro, su come si trova, si cerca, facendo reti di aiuto a chi lo cerca davvero, ha risorse, mezzi intellettuali e professionali, ma fatica di brutto, questo è ciccia storica. Il resto è, con tutto il rispetto, fuffa per annoiati, anche sotto le bombe.
Nel mio percorso di crescita personale, prima ancora che professionale, ho visto e imparato che, se vali, qualcosa per campare lo trovi di sicuro.
Tante volte, persone in preda alla disperazione per il timore di perdere il lavoro, costrette loro malgrado, ne hanno trovato uno migliore e recuperato motivazione ed entusiasmo.
Allora si può fare! anche per un cambio drastico, anche per realizzare il proprio sogno.
Voglio solo dire che disegnarsi un nuovo percorso e seguirlo comporta un salto psicologico, come quando siamo su uno scoglio e ci piacerebbe tuffarci, ma sembra troppo alto. Se troviamo la forza e il coraggio per farlo, riguardando verso l’alto il punto dal quale ci siamo lanciati, notiamo che tutto sommato non era poi così spaventoso.
…la vita è una sola.
leonardo
I tempi che ci attendono potrebbero rendere estremamente utile e paradossalmente attuabile il suggerimento di Simone. Fuori da ogni retorica di cui purtroppo si trova traccia (ma la comunità è grande…) anche dentro FdR.
a volte il problema è che si sogna una vita migliore ma il sogno da perseguire, anche a caro prezzo, semplicemente non c’è. Spesso perchè si è passata una vita a “produrre”, lavorando 12-14 o anche 16 ore al giorno e hai avuto tempo solo per quello che dovevi fare, e non ti sei nemmeno fermato a pensare a quello che ti sarebbe piaciuto fare. E quando la vita, crudelmente ma anche giustamente io credo, ti dà un segnale forte facendoti scendere dalla giostra, è facile trovarsi disorientati. A questo punto solo la fiducia in sè stessi può dare l’energia necessaria per continuare il percorso anche se con contorni incerti.
Condivido in pieno quello che ha detto Raffaele!
Un pò facile parlare di downshifting quando devi rispondere solo di te stesso e quando il tuo passato di manager ti ha consentito di avere i mezzi per poter cavalcare i tuoi sogni.
Certo la giornata del 22 ha messo insieme molti opposti:
parlare del vivere con poco dopo aver visitato yacht da 1000 e una notte è abbastanza insolito, mettere insieme un ateo e un monaco che sembra condividano uno stesso percorso fa sorridere. Probabilmente è questa l’essenza di FdR.
Un’ulteriore considerazione permettetemi di farla però:
perchè uno che decide di fare downshifting come Simone rimane così arrabbiato come se lavorasse ancora travolto da ritmi da multinazionale? Questa per lo meno è la sensazione che mi è arrivata….
Questo evento mi ha fornito spunti di riflessioni su questioni che mi sono molto care.
Rassicurante sentire parlare, sotto due aspetti diversi, di essenza ed etica.
Si può essere d’accordo oppure no ma se si decide di ascoltare e di avere il coraggio di sentire sé stessi, la coscienza inevitabilmente si muove e non si è più gli stessi.
Grazie a Natale Brescianini, che continuerò certamente a seguire, e a Simone Perotti di cui sto leggendo il bel romanzo ‘Uomini senza vento’ (con dedica ovviamente!).
Grazie a FdR per la splendida occasione e ad Alessandra Vizzi per averci dato la possibilità di godere di questo evento in una cornice unica ed affascinante: i Cantieri Navali CRN di Ancona.
A presto!
Luana
Ero ai Canteri Navali CRN anch’io, dove ho “sentito” molte cose. Sentito col cuore e col cervello. Simone e Natale hanno dimostrato secondo me una cosa, pur essendo così lontani come impostazioni (o, forse, proprio perché sono così lontani). Mi sono sembrati simili forse perché ognuno di loro è riuscito a fare ciò che desidera. Tutto il resto conta meno. Che ci piaccia o no: le persone serene che vivono all’essenza fanno invidia a chi corre continuamente con la scusa del lavoro…
Stefania, non confondere la passione e l’invettiva, entrambi armi di chi voglia svolgere una autentica attività intellettuale, con l’essere arrabbiati. credo che ci c’era a cena abbia potuto constatare che, fuori dalla vis polemica della relazione (utile anche per non far addormentare le persone), tutto sono fuorché arrabbiato. dovevi vedermi in riunione come ruggivo… ciao!
Rossella, con questo post, è riuscita a focalizzare, con l’acutezza e l’ironia che la contraddistinguono, gli elementi centrali della serata.
Natale e Simone hanno condiviso con noi, seppur con toni e modalità differenti, ciò che per loro è importante:
– essere in armonia (con se stessi, con gli altri, con la natura e con la spiritualità);
– realizzare i propri sogni o, comunque, vivere una realtà personale e professionale il più vicino possibile a ciò che desideriamo;
– distinguere i bisogni (ciò di cui non possiamo proprio fare a meno) dai desideri (ciò che ci piacerebbe). L’etimologia latina “de sideribus”(dalle stelle) dovrebbe aiutarci a capire che i desideri sono le stelle che orientano il nostro cammino;
– ridimensionare i propri consumi ed avvicinarsi ad uno stile di vita più “sobrio” e sostenibile;
La serata è stata piacevole e interessante, mi sembra che ognuno dei presenti abbia ricevuto stimoli e “provocazioni” che potrà rielaborare come meglio crede …
Stefania, posso confermarti che la tua impressione era rimasta anche a me dopo la prima parte della serata. E’il motivo per cui ho voluto poi parlare con Simone quella sera per conoscerlo un po’ meglio dopo aver letto Avanti tutta la scorsa estate. Ho capito che ad animarlo c’è un grande senso di realtà e, soprattutto, credo che con questi suoi incontri pubblici voglia mandare questo messaggio: è possibile vivere scalando la marcia, dati alla mano. Il vivere da solo, condivido con lui, non facilita certo le economie di scala.
Quella che in lui definisci rabbia penso sia invece un’attitudine alla vita, una modalità caratteriale di relazionarsi al chi e al cosa. Del resto dove sta scritto che chi sceglie di fare downshifting non possa comunque mordere un po’? Mica ha scelto di fare il monaco…
Trovo meritevoli di sostegno in logica di downshifting iniziative di “riciclo” come quelle menzionate nell’articolo linkato in calce.
Io personalmente ho già interagito con soddisfazione con una delle società citate come “venditore” e mi riprometto a breve di acquistare uno dei beni citati sempre con questo metodo.
http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2012-03-29/zxcv-164751.shtml?uuid=AbdfHyFF
@Stefania aggiungo anche che, nel libro di Simone, nelle prime pagine lui stesso ammette che, chi ha famiglia con figli, mutuo e pendenze varie farà di certo molta più fatica ad adottare il modello di downshifting proposto. Di fatto è anche vero che abbiamo barriere culturali e sociali piuttosto alte. “bello, ma io non posso..” è una delle bugie che ci piace raccontarci più spesso.
Non è un caso che “il cambiamento” sia uno dei moduli più remunerativi per coach e societò di formazione. (Salvo quando chiedi a un coach di cambiare, e lui per primo è la persona più inadatta a farlo!)
Concordo con diversi commenti, una considerazione però è da fare. La storia di quest’uomo insegna che DEVI saper fare altro! Devi saper fare lo skipper, devi saper fare sculture, devi saper scrivere libri e venderli, o ancora devi saper coltivare un orto, devi saper dipingere un muro, devi saper fare il muratore ecc ecc.
Insomma la lezione è semplice, le tue passioni DEVONO produrre qualcosa per poter vivere anche con poco ma devono produrre qualcosa.
A molti piace leggere ma non sono capaci di scrivere un libro, a molti piace viaggiare anche tanto ma non a costo zero navigando ma prendendo treni e aerei e dormendo magari in ostelli low cost e quindi non a costo zero.
Io credo che la lezione da imparare sia che se sai fare davvero qualcosa bene oltre al tuo lavoro forse con questa cosa puoi vivere! Io ho un amico che sapeva cucinare benissimo, lavorava in una multinazionale, si è licenziato ed ha iniziato a fare il cuoco…ora ha aperto un ristorante, si è fatto un nume, non cucina più e viaggia per il mondo (con i soldi del ristorante però..).
Se sei (siamo) un impiegato che magari ha delle passioni ma queste passioni non producono nulla allora è difficile realizzare il sogno di viaggiare per il mondo (ad esempio)..