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Crediti a rischio, pagamenti lunghissimi asfissia finanziaria: come sopravvivere?

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Introduco un argomento un po’ atipico per FiordiRisorse, cionondimeno molto sentito dalla maggior parte dei manager e degli imprenditori, anche nella nostra Community.

Ogni giorno, molti di noi sono costretti a muoversi come equilibristi per far sì che il funzionamento dell’azienda sia garantito, nonostante i mancati o ritardati pagamenti dei clienti, i fornitori pronti a bloccare le consegne per un pagamento in ritardo, gli obblighi contrattuali e di legge da rispettare scrupolosamente (paghe dei dipendenti, Iva, tasse, imposte e balzelli vari) e, dulcis in fundo, una stretta dalle banche sempre più… stretta.

Come ci si difende da tutto questo? Quali tecniche si mettono in campo per salvare il salvabile, sopravvivere e guardare a domani, al prossimo anno, al prossimo triennio?

Posso fare alcuni esempi, con i pro ed i contro del caso.

Maggiore cautela nei confronti dei clienti: selettività, riduzione degli affidi, maggiore celerità nel passare al contenzioso, in caso di mancati pagamenti. Pro: riduzione del rischio e delle esposizioni. Contro: certa riduzione del fatturato e rischio di intaccare qualche rapporto di lunga durata.

Poi si possono tentare nuove contrattazioni con i fornitori: cercare di allungare i termini di pagamento, cercare ulteriori sconti, cercare fornitori alternativi. Considerando che i problemi sopra riportati riguardano spesso (e più gravemente) piccole imprese, spesso i rapporti di forza con i fornitori sono sbilanciati; inoltre, non è facile passare dalla logica tradizionalmente antagonista ad una logica di cooperazione, che porta benefici nel lungo termine ma che appare irrealizzabile in un mercato così “diversamente” competitivo come quello attuale.

Si può anche provare ad agire sul fronte delle banche, differenziandole, cercando di aprire nuove linee di credito. Pro: se si ottengono, l’azienda respira; ma quant’è difficile! Ogni banca ha la possibilità di visionare dati ed informazioni e, secondo gli affidi già ottenuti dall’azienda, decidere se concedergliene altri o meno. Contro: aumentano gli oneri finanziari, ci si espone con più istituti e, spesso si rischia di confondere i finanziamenti ottenuti per operazioni di medio-lungo termine con le esigenze più immediate di cassa. Inoltre, spesso, gli imprenditori devono accettare di garantire con beni propri, non solo con ipoteche sui beni dell’azienda.

Ed ora a voi la parola: chi ha idee, suggerimenti, considerazioni da condividere con gli altri amici (e partner e competitor e potenziali clienti o fornitori) di FdR, si faccia avanti!

10 Commenti

  1. la soluzione è l’espatrio. quello italiano è un sistema che avvantaggia le aziende che lavorano nel torbido a danno di quelle sane; è molto più dura la vita di chi deve farsi pagare rispetto a quella degli insolventi e truffatori. grazie ai nostri politici che fanno regole a vantaggio dei loro simili

  2. Hai ragione Giorgio questo è un argomento davvero molto sentito. I tuoi esempi sono molto giusti. Dal mio punto vista occorre essere selettivi con i clienti anche attraverso preventivi chiari e regolati da contratti scandendo il lavoro in step precisi a cui deve corrispondere una retribuzione stabilita fin dall’inizio senza dovere aspettare una conclusione del lavoro e tempi lunghi nei pagamenti. Nel mio caso si è rivelata una strada giusta per me ma anche per il cliente che ha così la possibilità di avere un confronto graduale e probabilmente più diretto e costante. Essere sempre trasparenti, pretendere il giusto riconoscimento del proprio lavoro migliora il rapporto con i clienti.
    Qualcuno ha paragonato il bravo imprenditore ad un artista. Io credo che tra i compiti importanti per riuscire non solo a sopravvivere ma anche fare bene il proprio lavoro c’è una forte capacità a proiettarsi nel futuro quindi essere innovativi, essere creativi anche nelle scelte aziendali che non devono essere sempre rigide ma più al passo coi tempi e coinvolgere e valorizzare sempre i propri collaboratori vera risorsa anche per una piccola realtà. E tutto questo può essere fatto in modo molto più semplice di quello che si pensa. Già semplicemente confrontandosi come in questo momento.

  3. Premesso che non prevedo che la situazione attuale possa migliorare, credo che l’imprenditore dovrebbe fare ciò che è nelle sue possibilità. Sembra paradossale (ed in effetti lo è) ma pur di perseguire la vendita, sono molte le imprese che trascurano la gestione del credito che, per la mia esperienza (consulenziale ma anche imprenditoriale) è diventata oggi una attività aziendale vera e propria.
    Le banche chiudono i cordoni e sempre più il ruolo di fornitore è non solo di prodotto o servizio ma sempre di più anche di credito, nel momento in cui si accetta di attendere senza valutare le implicazioni sui conti aziendali.
    Certo in qualche caso ci vuole il coraggio di dire “No” ma che senso ha cercare di soddisfare qualcuno oggi rischiando di non poter soddisfare molti e prima di tutto l’impresa domani.
    I tassi sono bassi, ma ciò non vuol dire che gli impegni siano da mantenere a valle e a monte di dove ci troviamo.
    Iniziamo a lavorare sul rapporto con i clienti, vedendolo come un fascio di relazioni che oggi contempla in un ruolo fondamentale la gestione del credito.
    IL sollecito può essere fatto in molti modi ma pensare di condurre consapevolmente l’impresa senza un processo che tenga conto delle esigenze di liquidità effettive è come guidare con gli occhi bendati.
    In merito alle banche, se è vero che non sempre sono sensibili alle esigenze reali di aziende non strutturate, è altrettanto vero che sono queste a presentarsi agli istituti in condizioni alle volte improponibili. E non parlo di “fondamentali” quanto, più semplicemente, di possedere consapevolezza della propria “Carta di identità del credito”. Se dobbiamo andare a chiedere, è bene prima mettersi il vestito migliore! Quindi studiamo prima i nostri numeri. Facilitiamo il lavoro alle banche con dei prospetti esplicativi e con idee chiare sul nostro futuro. Altrimenti tutto si riduce alla scelta “Si o no” che (fortunatamente?) è oggi molto più lontana dalla discezionalità personale del direttore di turno.
    La questione è senza dubbio complessa e non sarà qui che la chiariamo, ma di sicuro non è tutta colpa dei tempi attuali.
    http://www.direzionebp.com per alcuni post in proposito.

  4. Giorgio, quanto è vero quello che scrivi (solo chi ci si sbatte dalla mattina alla sera può comprendere cosa significhi).
    Mi rivedo anche nella metafora dell’artista citata da Roberta, forse più vicino ad un equilibrista che deve saperlo fare al buio, ignorando se la corda su cui cammina è sufficientemente lunga per raggiungere il punto desiderato.
    La situazione è veramente difficile e più vuoi innovare più ti esponi ai rischi finanziari, perchè scegliere strade nuove (che ti differenzino rispetto alla concorrenza che fa del prezzo basso l’unica strategia) comporta importanti investimenti i quali, per definizione, generano delle uscite sicure a fronte di risultati probabili.
    Non ho però dato un contributo alla domanda di Giorgio.
    Se riesco a ritagliarmi qualche minuto, proverò a raccontare alcuni dei meccanismi a cui faccio ricorso per sopravvivere.

    leonardo

  5. Credo che Giorgio abbia aperto un tema molto sentito, specialmente tra coloro che lavorano nelle PMI, sicuramente da ogni imprenditore, ma anche da molti manager. La stretta creditizia, la mancanza generale di liquidità sono elementi che fanno ormai stabilmente parte del nostro sistema economico, ed è indispensabile organizzarsi per navigare in queste acque. E’ vero che in Italia è più facile aggirare o ignorare le regole e questo favorisce i furbetti di vario genere. Ma io preferisco cogliere gli spunti di coloro che vogliono fare impresa in modo sano, migliorando l’efficienza, usando la creatività per trovare nuove risorse.
    Clienti, fornitori, banche, dovrebbero fare tutti parte di una unica catena, i clienti dovrebbero capire che non serve strozzare i fornitori, i fornitori dovrebbero tenere alla sopravvivenza dei clienti, le banche….la mia sensazione che le banche, in questo momento, siano quelle che più lontane dalla realtà delle cose, lontane dal sistema delle imprese, lontane da criteri di efficienza interna, lontane da una idea di futuro: oggi, pare, che la materia prima più scarsa, di cui abbiamo più bisogno, sia la Fiducia. Tra imprenditori e manager io vedo e sento ancora fiducia; c’è qualche bancario in FdR che mi racconta quanta fiducia c’è all’interno del loro mondo? (non più dorato)

  6. Fermo restando quanto messo in evidenza dai commenti precedenti, concordo con il fatto che la situazione si sia aggravata ultimamente. E non solo sul mercato interno. Occupandomi del comparto export, mi confronto con richieste sempre più pressanti da parte dei clienti. Buon senso e negoziazione gli strumenti più utilizzati per non rimanere impantanati sia dal punto di vista del fatturato che della cassa. Evidenzio inoltre il ricorso alla copertura assicurativa che oggi non è solo appannaggio delle grandi aziende. I prodotti offerti sono diversi e anche più facilmente gestibili rispetto al passato. C’è ovviamente il risvolto della medaglia (costi e affidamento dei clienti) ma non è detto che sia un male: l’analisi del cliente fatta dalle compagnie è anche un momento per rivalutare le valutazioni alla base del rapporto col cliente stesso.

  7. Grazie a tutti per i commenti, gli spunti, i suggerimenti.
    Aggiungo qualche elemento.

    Qualche anno fa, quando, nell’azienda in cui ero, combattevamo quotidianamente con i livelli delle scorte, il mio capo di allora diceva “Profit is vanity, cash flow is reality”; questa piccola massima è sempre più valida e non solo per il controllo delle scorte ma soprattutto per l’analisi finanziaria da fare a priori per ogni ordine cliente, ogni commessa: a quanto mi paga il cliente? A quanto pago i fornitori? Quanto e quando incide il costo del lavoro? Su che affidi bancari posso contare? Che rischi di insoluto avrò? Quindi, oltre che economicamente, sta in piedi anche finanziariamente, cioè la mia impresa sopravvive o va a gambe all’aria?

    @Luigi: molto bella quella del vestito buono; anche mio nonno (maresciallo di Marina, quindi statale) lo diceva a mia nonna (bottegaia, quindi imprenditrice) quando doveva ancdare a discutere le tasse all’ufficio competente.

    @Beniamino: mi piace la parola Fiducia (chiave anche del post di Max Amagliani). Credo che anche le banche stiano imparando che si devono comportare da imprese: la stretta non è data solo da incompetenza o distacco è anche data da obiettivi interni che sono sempre più stringenti (Basilea 3, tier 1, perdite in borsa, necessità di ricapitalizzazione…).

    @Maurizio: l’assicurazione del credito e la cessione del credito (factoring) sono ottimi strumenti, a seconda dei clienti; le banche facevano “la coda” quando nel mio precedente lavoro, si parlava di crediti verso Alstom, Bombardier, Ansaldo Breda o Siemens. Quando si parla della Migliavacca S.r.l. di Pizzo Calabro, con un cantiere aperto a Finale Emilia… non si avvicina neanche la finanziaria più spericolata. E poi piccole imprese commerciali che hanno migliaia di clienti in anagrafica, non riuscirebbero, onestamente, a reggere l’impatto organizzativo. Ma il senso di autoanalisi e disciplina che sollevi nel tuo intervento sono molto, molto centrati.

    Estero: in Francia si paga a 30 o 45gg (fantascienza da noi!) e non ci sono storie; i fornitori “fanno paura” ai clienti, da questo punto di vista, perché si sentono tutelati dalla legge (e dalla magistratura… ma qui c’è una piccola nota polemica che è un’altra storia). In Germania, mi dicono, che siano ancora più stringenti sui 30gg. Da noi… Chi ha dei crediti verso enti ed istituzioni pubbliche? A quanto è pagato? E gli sollevano problemi formali o contestazioni su pinzellacchere, per ritardare ulteriormente? E da lì in giù, tutto a catena.

    Spero che arrivino altri commenti: l’argomento è davvero interessante e centrale; magari riusciremo anche a proporre un evento FdR su questo (purché non sia barboso come la maggior parte dei convegni sullo stesso tema).

    Giorgio

  8. Gent.mi, dico la mia…
    da molti anni impegnato in studio legale in quell’attività di recupero del credito sulla base di incartamenti stantii da aziende commerciali, sto cercando di fare un passo io verso l’azienda e verso quella figura che va “per definizione” sotto il nome di credit manager.
    La situazione degli ultimi anni ci ha riportato un po’ indietro ed io che sono una bilancia so che l’equilibrio quando è tenuto in maniera troppo faticosa va riequilibrato con un disequilibrio… In questo senso sto lavorando per creare un servizio per le aziende che preveda un percorso tipo past/future cioè la creazione o previsione o inserimento o formazione….. di una figura o un ufficio deputato, che cominci, senza disperazione di passare la pratica al legale prima o poi, a fare seriamente credit collection-credit control-credit management.
    Certo molte aziende sono organizzate già in questo modo; ma queste aziende che sono più avanti e quindi vanno meglio, sono strutturate in questa maniera; oltre il 94% delle microimprese (att! fatturato sopra i 2,5mln e oltre 10 dip) non sono strutturate così, hanno il responsabile amministrativo, i capi area, alcune volte il responsabile finanziario e di certo l’ad non si occupa del credito….
    Troppo spesso a mio modesto avviso questa gestione in un modo o in un altro è affidata “extra label” a segretarie o impiegate che la svolgono svogliatamente in maniera massiva ed interloquendo con soggetti parimenti disinteressati; l’esito è certo… l’esito è altrettanto certo, lo dicono i numeri, quando le pratiche migrano allo studio legale, il quale le fagocita e gli dedica più o meno la stessa attenzione del soggetto precedente, salvo avviare procedure che non hanno alla base (d’altro canto non viene richiesta e prevista, un’analisi di fattibilità; anche per lo studio legale cash is king).
    Il tono non è polemico ma propositivo; spesso la cura può essere iniziata da una purificazione interna.
    Questo il mio pensiero grazi e dell’attenzione.
    Andrea

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