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"E QUESTA E' SOLO L'ANTEPRIMA"

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Siamo fuori dal mondo?
Si!!!
Siamo in una delle nazioni più sviluppate del mondo, ma continuiamo a lavorare in modo arretrato.
Esistono delle eccellenze ed eccezioni che grazie all’informazione diffusa stanno aumentando, ma fin quando rimarranno eccezioni non saranno la spinta al cambiamento.
I vecchi sistemi, le vecchie politiche socio-economiche ci rendono inadeguati ad affrontare le sfide che oggi si presentano. Dicono che l’Italia abbia affrontato la crisi meglio di altre nazioni, meglio di altre economie.
Forse è meglio dire che l’Italia è riuscita grazie al suo sistema di ammortizzatori sociali a rinviare l’inevitabile. Perchè pur essendo stati avvantaggiati dal nostro sistema di salvataggio, moltissime società non sono riuscite a sfruttare questo allungamento dei tempi, in quanto non sono strutturate, non hanno gli strumenti e le competenze per compiere il passo e andare al di là e superare le situazioni di mercato. Ma ancor di più manca la mentalità imprenditoriale volta alla crescita e sviluppo di una società (siamo pieni di imprenditori avversi al rischio. Un assurdità per un imprenditore)! Culturalmente abbiamo un blocco. Ogni volta che vedo e sento un imprenditore deridere e prendere sotto gamba ogni politica volta allo sviluppo della società come entità, come essere vivente mi fa rendere conto che è proprio una mancanza culturale la nostra (come biasimarci, se l’Italia stessa da sempre non ha mai puntato sull’eccellenza, sull’innovazione, sulla ricerca e sviluppo). Quindi tutto è nelle singole eccezioni.
Questa cupa visione, però va vista con ottimismo e lungimiranza, perchè le contaminazioni sono continue e lo sviluppo diventa sempre più presente per le società che guardano oltre frontiera. Siamo in un sistema vergine dove tutto è da creare, c’è spazio per tutti coloro che hanno idee o credono in questo cambiamento.
L’Italia è di fronte ad un bivio: restare nella fangosa economia attuale costruita su speculazioni di ogni genere, su lobby, sul nepotismo e amicizie, dove quindi, l’incompetenza è al’’ordine del giorno e gli organi dirigenziali sono concentrati sul potere e sulle poltrone; oppure fare una rivoluzione socio-economica ( non si parla più di rivoluzione industriale).
Tutto questo è stimolante e mi mette in fibrillazione. Siamo noi gli attori che vivranno questo frangente della storia. A noi tocca l’onere e l’onore di fa partire e vivere e cavalcare questa rivoluzione.
Sarà una rivoluzione basata sulla professionalità, sulle idee, sulle persone che credono, come questo network, nell’importanza dell’individuo come cellula fondamentale di vita delle società.
Come avrete notato non ho mai usato i termini azienda o impresa.
Questo è dovuto al fatto che creano confusione e traviano i pensieri.
Sono termini che spersonalizzano, che “oggettivizzano” un’entità che invece è viva.
L’azienda o l’impresa, sono oggetti, sono strutture. Questo è l’errore dell’economia reale, pensare come l’economia finanziaria e speculativa.
Invece noi parliamo di società di esseri viventi. L’analisi va fatta su insiemi e sottoinsiemi che collaborano, che concorrono a creare l’intreccio di reti socio-economiche che determinano il mondo in cui viviamo. L’economia pura elabora modelli e teorie rigide, perchè considera le aziende e le imprese, creando incongruenze e modelli che una volta messi in essere non calzano, non si riesce a renderli funzionali nella realtà. Però, forti dei propri elaborati si obbligano le società a rientrarci comunque. Molto semplicemente ed evidentemente questo non ha senso funzionale e ne reale!!! Non si può avere l’arroganza di farlo.
Ora alla luce di tutto ciò, vorrei provare a ragionare su cosa e come si può dare l’impulso positivo tale per cui si crei il circuito virtuoso che porti ad una rivoluzione culturale di una società…….

2 Commenti

  1. Sarò meno prolisso di te, e molto meno diplomatico…se non mettiamo mano, a livello planetario, a una nuova redistribuzione del reddito e a una etichettatura socio-economica delle merci (serzio o beni), hai voglia di parlare di connessioni, modelli culturali ect ect….scusate la franchezza!

  2. Io condivido il pensiero di Alessandro, specie nel punto dove auspica il superamento della centralita’ dell'”azienda/impresa”.
    Proviamo, ed io per primo mi impegno in tal senso da sempre, ad agire eticamente in ogni nostra attivita’ (lavorativa e non).
    Ma per sperare di ottenere qualche risultato tangibile non basta l’impegno individuale. Pietro nella sua sintesi centra un aspetto fondamentale: la soluzione passa da una condivisione “globale” di un modus operandi alternativo alla massimizzazione del profitto/utilita’ dei singoli.

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