Il talento di guidare (non solo un camion). Intervista a Sebastiano Zanolli
Sebastiano Zanolli è un manager decisamente “atipico” e visionario: è Direttore Generale di un’importante azienda di abbigliamento, scrittore di successo, speaker, blogger, formatore e altro ancora. Nei suoi libri, nel suo blog (www.sebastianozanolli.com), nelle sue conferenze ha la grande capacità di accompagnare il lettore (o l’ascoltatore) in un percorso di riflessione e di crescita.
Venerdì 7 febbraio, al MUSTer di Fior di Risorse, ospitato dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna, terrà un workshop sul talento e sulla leadership, dal titolo: “Dovresti tornare a guidare il camion, Elvis”.
1. Sebastiano, cominciamo dalle basi: che cosa intenti per “talento”?
Il talento è una capacità che abbiamo fin da piccoli, anche se con forme un po’ diverse, che riesce a farci ottenere risultati riproducibili, migliori della media, facilmente e senza grandi sforzi. Quando la sviluppiamo, con la passione, lo studio, la pratica e l’approfondimento, siamo in grado di raggiungere livelli decisamente straordinari.
2.“Il talento”, come ricorda Donatella Rettore nell’introduzione del tuo libro “Dovresti tornare a guidare il camion, Elvis”, “non si trova appeso agli alberi, non si improvvisa”: dove suggerisci, allora, di andarlo a cercare?
Più che andarlo a cercare direi che bisognerebbe coltivarlo. Tom Rath, nel suo libro Strenght finder, suggerisce una “formula” che trovo interessante: Forza = Talento x Investimento.
Dove forza è la capacità di produrre risultati di qualità in modo costante, talento è una maniera naturale e spontanea di manifestarsi e investimento è la pratica e l’attività di arricchimento della conoscenza sul tema oggetto del talento.
3. Quali sono gli accorgimenti, in una realtà sempre più rumorosa e complessa, per mettere in luce e far “brillare” il nostro talento, ammesso che ne abbiamo uno?
Sicuramente lo abbiamo: io credo che nessuno sia così povero da non avere nulla da dare, né così ricco da non avere nulla da ricevere.
Imparare a trovare supporto morale, psicologico, sociale, finanziario è la chiave per realizzare i nostri sogni più brillanti e per mettere a frutto il nostro talento; talento che sarà accompagnato da una gran passione, cioè da motivazione ad approfondire, ad allenarsi, a fare fronte, con coraggio, ai fallimenti.
Far brillare il nostro talento è una grande fatica, soprattutto quando ci spingiamo fuori dalla zona di comfort, sbagliando e riprovando. Ecco perché è così importante la passione: perché ce ne vuole a pacchi per superare il rumore di fondo e resistere al richiamo di rimanere, immobili e al sicuro, dentro lo steccato.
4.E’ davvero possibile, quindi, sviluppare le nostre passioni e riuscire a trasformarle in un lavoro?
Certo che è possibile: la passione, sostenuta da impegno e costanza, consente di penetrare a fondo in un talento e di trasformarlo in un lavoro di cui vivere.
Bisogna rimboccarsi le maniche, però. E’ opinione comune che servano almeno dieci anni, o diecimila ore di pratica, per migliorare i punti deboli ed entrare nell’Olimpo di chi con il talento ha combinato qualcosa di buono.
Durante questo periodo, occorre impegnarsi costantemente, avere continui feedback da persone esperte: questo velocizza i tempi per arrivare all’esplosione del talento.
Un suggerimento che do spesso nei miei corsi è di impegnarsi, ogni giorno, in queste attività:
• Creare fiducia
• Creare entusiasmo
• Avere il coraggio di chiedere
• Continuare a insistere
• Ottenere risultati sempre migliori
5. Walter Bagehot, scrittore britannico di metà ’800, disse: “Un grande divertimento nella vita è fare le cose che gli altri dicono che non puoi fare.” Che ne pensi?
La storia è piena di persone coraggiose che se ne sono infischiate di quello che dicevano loro. Sono andate dritte per la loro strada, hanno seguito le loro passioni, hanno sbagliato, hanno ricominciato e, alla fine, hanno ottenuto risultati strepitosi, come il nostro Elvis Presley. Molte di queste si sono rivelate dei veri leader …
6. Ecco, a questo proposito: quali sono i “segreti” di leader di successo che, come fai spesso tu, riescono a coinvolgere le persone e ad attivare le loro energie migliori?
Per prima cosa serve un sogno: chi ha un sogno vero, impellente, forte, impressionante, magnetico, ha tutte le carte in regola per diventare un leader.
Poi servono le capacità di influenzare il prossimo, di affascinare gli altri con la propria visione, l’abilità di fare emergere un desiderio che provochi un miglioramento, di mostrare alle persone la “terra promessa”.
Ci sono, secondo me, una serie di gradini da salire per diventare leader, e tutti costano volontà, applicazione, studio, prove, sacrifici.
Il primo gradino è quello che si trovano davanti tutti i “venditori” dilettanti: l’influenza che riescono a esplicare è determinata solo dal fatto di dire che sono venditori. Quindi bassa.
Il secondo è quello in cui la gente inizia ad ascoltarti, perché qualcuno della tua organizzazione dice che sei un bravo “venditore”.
Nel terzo la gente ti segue perché stai facendo qualcosa di buono per lei.
Il quarto lo raggiungi quando le persone ti seguono per quello che rappresenti in termini di messaggio e di coerenza di comportamento. In pratica, per quello che rappresenti nel tuo totale.
7. Per diventare leader, quindi, serve anche una buona dose di dinamismo e di creatività …
Io suggerisco di essere proattivi, di affinare la capacità di reagire agli eventi in modo consapevole e responsabile, senza lasciarsi influenzare troppo né da circostanze psicologiche né da fattori ambientali.
In azienda, è la capacità di prevenire e di anticipare i problemi e i bisogni futuri e, più in generale, l’abilità nel gestire i cambiamenti.
La proattività, dovuta alla dinamicità, rende possibili nuovi incontri con persone, informazioni, risorse, opportunità. Non puoi ideare soluzioni, se non hai elementi diversi da connettere in modo classico o innovativo. In questo senso, essere poco dinamici porta scarsi elementi di conoscenza e deprime la creatività.
8. “La fortuna aiuta gli audaci”, recita un proverbio: secondo te, aiuta anche i leader?
La fortuna non esiste, o, meglio ancora, esiste ma non è fuori, è dentro le persone. Nascosta bene, ma è lì. Perché, vedi: chi pensa di essere fortunato lo è, chi pensa di essere sfortunato lo è.
Consiglio spesso il saggio di Richard Wiseman “The lucky factor” (tradotto “Il fattore fortuna”): è un testo illuminante. Wiseman identifica dei comportamenti chiave per essere più fortunati:
– sfruttare le occasioni favorevoli
– cambiare le proprie abitudini
– ascoltare di più il proprio intuito
– pensare che le cose sarebbero potute andare peggio (invece di lamentarsi perché non sono andate meglio).
Più che dire che la fortuna aiuta anche i leader, direi che sono i leader, con il loro atteggiamento e comportamento, a creare occasioni “fortunate”, ad aspettarsi il meglio dai loro progetti, a mettere energia e passione per realizzare il loro sogno.
Grazie, Sebastiano! Sicuramente saranno “fortunate” tutte le persone che parteciperanno al tuo workshop 😉
Consigli a tutti queste riflessioni di Sebastiano; ho letto tutti e sei i suoi libri e credetemi, ne vale la pena. Riesce ad unire concretezza, una certa legerezza, condita con le sue esperenze personali.