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Muttley, fa qualcosaaaaaa!!! Segnali di autunno incerto.

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dastardly_muttley

Bentornati dalle ferie. A me l’onore e l’onere di riaprire le danze.

Non è normalmente stile e missione del NOSTRO blog fare contro-informazione, nè tanto meno adottare toni cupi, pertanto non vorrei che questo intervento assumesse questo orientamento. Confesso che mi sentirei molto più a mio agio nel raccontarvi quanta acqua ho bevuto durante le lezioni di un nuovo sport a Castiglione della Pescaia (sport che eviterò di nominare per non venire deriso pubblicamente, ma destinato a ben altro tipo di generazioni..) Come ben sapete, quando ci si ostina a non voler ammettere l’invecchiamento precoce, si fanno cose senza senso per illudersi di essere ancora giovani..) Credo però che sia doveroso, considerando le centinaia di mail, di adesioni alla Community e di interventi che ho raccolto anche nel mese di agosto, provare a disegnare il panorama lavorativo che si sta delineando nei prossimi mesi. Non sono un’ecomomista nè tantomeno un esperto di mercati finanziari e pertanto, in tutto il mese di agosto ho raccolto articoli, testimonianze, interventi dal web e dai dai principali organi di informazione per avere un’analisi quanto più oggettiva possibile sulla situazione economica delle imprese del nostro paese e più specificamente del territorio su cui opera FdR.

Ecco i numeri che Sole24Ore, Corsera, Repubblica,  Stampa  e Internazionale (collettore di notizie raccolte da varie testate internazionali), più altre testate locali e sul web condividono più o meno in maniera uniforme:

* 463 milioni di ore di cassa integrazione AUTORIZZATE da gennaio a luglio 2009 di cui
* 238 milioni nei reparti produttivi
* 545 mila lavoratori dell’industria (quindi produzione) senza lavoro

questa invece la macro situazione delle realtà più evidenti nel nostro territorio:

Toscana: in cassa integrazione i filati Radicifil di Pistoia, l’elettronica della Mas, le macchine per taglio del legno Bulleri, la Continental a Pisa, l’ex Delphi a Livorno.
Emilia Romagna: nel Bolognese ammortizzatori sociali per 21.450 lavoratori di 607 aziende. Soffre il settore del motociclo (Minarelli e Morini), la componentistica elettronica (Arcotronics), la meccanica per auto. Vertenze alla CNH di Imola, la Haworth a Bologna, al Gruppo Ceramiche Impronta Italgraniti nel Modenese e nel Reggiano, all’Arquati di Sala Baganza (PR).
Marche: oltre alla Manuli, la crisi tocca Antonio Merloni in amministrazione straordinaria, la Elica a Fabriano, la Cobrin a Pesaro, la CnH di Jesi, e in Fincantieri.
l’Umbria risente in maniera meno vistosa, considerando la forte densità di industria agroalimentare e meno metalmeccanica, settore decisamente più colpito. Molto probabilmente una flessione  si percepirà maggiormente nei prossimi mesi, dovuta al calo del costo dell’uva e ai grossi avanzi di magazzino accumulati nei mesi scorsi.

Sono poi note a tutti le vicende dellea Lasme in Basilicata, dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, Pininfarina in Piemonte, L’illva di Taranto, Natuzzi e Bosch, per terminare in Veneto con Safilo e Ideal Standard, Marzotto e la compagnia aerea MyAir. le aziende lombarde, fiore all’occhiello dell’economia nazionale, totalizzano il +425% di cassa integrazione rispetto all’anno passato, secondo i dati CGIL.

Come interpretare questi dati?
Siamo un blog e anche molto vissuto, pertanto questa è la domanda che giro a tutti voi, nella speranza di trovare nuovi valori su cui far “girare” il nostro network nell’arco dei prossimi mesi. Gli economisti non sono fiduciosi e l’onda internazionale (perchè ricordiamoci che l’Italia vive una percentuale altissima di esportazione) è ancora lunga a venire. La fiducia dei consumatori USA è scesa al 65,7%, il PIL in Gran Bretagna è al -0,7%, le imprese in Zona Euro hanno segnato a luglio il -2,21% e i prezzi della produzione in Italia sono calati del 7,5% rispetto a un anno fa. In Giappone la disoccupazione è cresciuta del 5,7%.

Un dato ancora più allarmante sono poi i morti sul lavoro (dichiarati): secondo articolo21, organizzazione che monitora la sicurezza sui luoghi di lavoro, dall’inizio dell’anno 690 sono i morti e 690.958 gli infortuni. Come dire, la crisi non aiuta a riformulare processi e procedure di sicurezza per garantire ai lavoratori un luogo di lavoro protetto. Vogliamo parlarne?

Nel nostro piccolo
abbiamo saputo dimostrare di essere una Community molto operosa. Le discussioni su LinkedIn nonchè gli articoli sul sito sono molto partecipati e quest’anno sono nate le prime collaborazioni fra piccole e medie aziende o fra imprenditori che si sono conosciuti ai nostri eventi, qualcuno è riuscito a ricollocarsi grazie alla Community (abbiamo i nomi!!), i recruiters ahnno fatto un ottimo lavoro di  collaborazione fra competitors, segnalandoci tutte le offerte che mensilmente avevano in cantiere per i profili medio alti. Abbiamo fatto, nel nostro piccolo, informazione, invitando esponenti aziendali a parlarci di loro e delle loro Imprese, promuovendo bandi provinciali e regionali, mettendo in luce servizi e attività che possano aiutare le nostre imprese o i singoli a crescere.


Lo faremo ancora.
Nella prossima newsletter tutte le attività in serbo per il prossimo trimestre. Ma in attesa, quello che credo sia più importante per la crescita reale della nostra Community, è FARE CIRCOLARE LE INFORMAZIONI. I recruiters che fanno parte del Gruppo si impegneranno a pubblicare solo selezioni VERE; un consiglio che voglio dare a tutti i candidati: tutelatevi dal fare “viaggi di piacere” per affrontare un colloquio. Informatevi sempre molto bene sulla natura della proposta. Partecipiamo attivamente alle discussioni, informiamo gli altri iscritti al Gruppo sulle situazioni aziendali (ricordate che c’è sempre il sito LavoriamociSu per descrivere la propria azienda), aiutiamo chi è alla ricerca di una ricollocazione a fare la mossa giusta; segnalateci articoli sui giornali che siano di interesse pubblico, segnalateci percorsi formativi interessanti e ai formatori chiedo di proporre al Gruppo costi privilegiati per partecipare alle vostre formazioni e crescere. Insomma: questa è una Comunità Aperta, quindi, come diceva il personaggio della vignetta là in alto (che solo quelli della mia generazione ricorderanno): “Muttleyyy fa qualcosaaaaaaaaa!!”.

14 Commenti

  1. Ciao Osvaldo,

    mi associo alle tue valutazioni, anch’io ho letto le stesse fonti, e ho valutato che è indispensabile fare rete con altre persone “di buona volontà”. Di questo sento di volerti ringraziare, hai saputo creare e far crescere una comunità con lo spirito giusto, che guarda agli uomini prima che al business, ma che guarda anche al business come fonte di motivazione e sostentamento per gli uomini. Vorrei dare un mio contributo, ho creato una rete di professionisti che ho conosciuto nelle aziende in cui ho lavorato. La selezione si basa sulla trasparenza, la collaborazione e, come terzo aspetto, la competenza.
    La competenza serve per poter avviare attività di formazione e consulenza, spesso finanziate con fondi pubblici, ma sono la trasparenza e la collaborazione che creano la rete, che a volte diventa anche business con le attività professionali. Poco fa mi ha chiamato un ex collega di università che da pochi mesi è uscito, come molti altri, dall’azienda in cui lavorava, e sta valutando se riproporsi ad altre aziende, magari tra pochi mesi, o valutare la libera professione.
    Per questo sono a disposizione per presentare la nostra formula anche agli altri, per offrire a tutti la possibilità di pensare al proprio ruolo in futuro e, nel frattempo, mettersi alla prova e “tenere caldo il motore” con qualche attività di formazione o consulenza. Per alcuni può essere molto importante, ad altri forse non interessa.
    Dai, FACCIAMO QUALCOSAAAAAAA!!!!

    Andrea

  2. Ti ringrazio per il riepilogo della situazione che ci hai fornito, alla quale non mi sento di aggiungere molto se non la notazione che aziende che coprono mercati territorialmente o in termini di incidenza relativa minore rispetto al potenziale, si trovano oggi ad avere meno difficoltà rispetto ai leader che, ovviamente, rispecchiano più fedelmente (e drammaticamente) l’andamento generale.
    Più che di contro informazione mi pare che si possa parlare di informazione autentica, viste le fonti, e magari la parte “contro” è quella che non asseconda una certa volontà di vedere sempre e comunque il positivo anche laddove, al momento, i numeri dichiarano il contrario.
    Alla mia considerazione inziale vorrei però riagganciarmi per segnalare la pericolosa tendenza, soprattutto per le aziende più piccole, a cavalcare i numeri della crisi come pretesto per adottare provvedimenti “cautelativi” (leggi: riduzioni del personale) anziché provare in questo momento a ragionare sulle cause che prima della crisi hanno determinato l’esistenza di fattori di debolezza che si sono poi trasformati in rigidità di fronte alla necessità di agire rapidamente per il cambiamento.
    Nelle PMI, che conosco meglio di altri settori, gli spazi per il miglioramento sono ancora molto ampi e oggi quelle che dispongono di strumenti avanzati di gestione si trovano a poter interpretare meglio di altre la situazione.
    Voglio dire che osservo con preoccupazione l’esistenza di un rischio concreto di cattiva interpretazione del contesto da parte di chi fino ad oggi ha vissuto probabilmente con scarsa consapevolezza la propria identità imprenditoriale.
    E qui mi viene bene l’aggancio al tema del credito, del quale molto si parla anche sui giornali dove al partito dei “rigoristi”, che considerano la stretta operata dalle banche indispensabile per proteggere le sorti del sistema finanziario, si contrapporrebbe quello di chi ritiene utile in questo momento un supporto maggiore al credito, soprattutto corrente, per le imprese che si trovano con un rallentamento degli ordini ai quali però non è necessariamente associata o associabile una crisi strutturale.
    Il condizionale però è secondo me d’obbligo, perché le banche fanno oggi quello che avrebbero magari dovuto fare prima: selezionare i clienti sulla base di informative maggiori e migliori sulla loro attività, evitando di assumere un peso così importante per strutture poco o per niente capitalizzate, anche a fronte di volumi di affari importanti.
    In conclusione: la crisi è sotto gli occhi di tutti e probabilmente i suoi effetti nel nostro paese ancora devono raggiungere il picco. Non sono tra quelli che credono che occorra essere prima di tutto ottimisti per risolvere le cose.
    Vedo però in questa situazione un rischio concreto di confondersi sull’interpretazione delle cause di una risposta così debole da parte del sistema impresa.
    Credo che FDR abbia la possibilità di fare molto, avviando riflessioni autentiche come questa e favorendo o individuando i contesti più adatti a trovare suggerimenti o azioni (anche formative) utili all’interpretazione di una situazione che è comunque per tutti molto complessa.
    Un ruolo che vedo perfettamente associato a quello di naturale facilitatore delle relazioni (interne ed esterne) che ha fino ad oggi perfettamente svolto.

    Buona ripresa a tutti (in tutti i sensi!),

    Luigi

  3. Concordo con quanto scritto da Osvaldo… sicuramente il percorso di FDR fin qui dimostra che è sempre possibile “fare qualcosa”… e qualcosa di buono, aggiungo.
    Ed è sempre meglio accendere la luce che maledire l’oscurità…

    Stefano

    Ps: non per fare il saputello, ma Dick Dastardly lo ricordo bene anch’io!

  4. Trovo veramente interessanti tutti i commenti all’articolo di Osvaldo.
    La mia esperienza di questa crisi si riflette abbastanza bene nell’analisi di Luigi: le aziende già ben organizzate sono state in grado di reagire in tempi e modi adeguati, mentre altre risolvono le difficoltà adeguando le proprie dimensioni ai nuovi volumi produttivi fin’anche a cessare l’attività.
    Però, la mia opinione è che, nel secondo caso, proprio nelle PMI spesso ci si è trovati di fronte ad una chiusura “eccessiva” del credito corrente, che non ha permesso altri scenari alternativi.
    In altre parole, la mancanza della disponibilità di credito (o addirittura richieste ingiustificate di rientri) ha causato forti difficoltà nelle gestioni finanziarie aziendali imponendo un rifinanziamento di capitali privati per evitare il tracollo; purtroppo tale alternativa non è sempre possibile.
    Mi sembra quindi giustificato pensare che le banche debbano difendere il mercato finanziario, ma non affondando le aziende che ne sono la base. D’altra parte è impensabile che il capitale privato possa risolvere problemi strutturali come quelli che ci si trova ad affrontare in questo periodo.

    Fortunatamente io sono ottimista e comincio a vedere la fine del tunnel.
    Un grazie ad Osvaldo ed a FDR per la loro attività.
    Fabio

    … e diamola questa medaglia a Muttley!!

  5. Sicuramente le valutazioni di Luigi e Fabio sono centrate , quindi sempre più il discorso portato avanti da Osvaldo e FDR diventa importante, i grossi problemi arriveranno questo inverno in fase di chiusura di bilanci con tutte le ripercussioni a seguire al momento delle presentazioni degli stessi alle assicurazioni. Quindi l’allerta deve rimanere alta , non rilassiamoci, il peggio non è ancora passato, la fine del tunnel c’e’, ma non così vicina!
    Quindi FDR “alla via così”

    Ps. se volete rincuorarvi data un ‘occhiata ai dati Gfk del mercato Bruno/Bianco , troverete che la nostra ripresa sarà probabilmente tra le prime in Europai…!!

  6. Se posso dire la mia, dal mio piccolo osservatorio e dalle richieste che ho da colleghi MBA e amici vari che mi contattano, purtroppo continuerà la fuoriuscita di manager dalle aziende, temo che ancora non siamo alla fine del tunnel.
    Tuttavia non tutti i settori e le aree aziendali seguono lo stesso trend; acquisti e logistica, controllo di gestione e finanza, per esempio, sono sempre aree in auge e che determinano un buon richiesta di manager.

  7. Per quanto riguarda il SEGNALI DI MERCATO, condivido lo scivolo di Manager ancora fino a…….la fine dell’anno??!!, ma,…… vi posso assicurare che andando in giro per aziende, sento e colgo una grande richiesta di profili managerili importanti. Vi assicuro che le occasioni ci sono, magari in LUOGHI dove uno meno se lo aspetta.

    Per quanto riguarda i SEGNALI DI FUMO , sono certo che gruppi di network professionali, come il nostro, andranno sempre più ad influenzare il “comportamneto” delle azienda e quindi diventare dei veri e propri strumenti di mkt (pressione) sulle strategie aziendali. L’importante è salvaguardare l’integrità di questi gruppi. Franco

  8. I risultati economici nei mesi di settembre ed ottobre non sono mai stati brillanti in tempo di espansione, figuriamoci oggi in tempo di recessione. Le previsioni fatte in agosto, magari sotto l’ombrellone, non hanno un grande senso. In ogni caso a forza di parlare di pioggia prima o poi pioverà ( idem con la ripresa economica).

  9. Nel mondo dell’ industria metalmeccanica ci sono indicatori indubbiamente confortanti ma credo che potremo parlare di vera e propria ripresa quando ci saranno segnali di forte volontà di cambiamento (prima di tutto il ritorno ad investire sui progetti) che al momento non si vedono.

    Questa, in realtà, è una crisi che è montata sulle spalle di un’ altra crisi.

    Una crisi ben più subdola, che dura da tempo e ci ha fatto scivolare indietro nelle classifiche dei paesi industrializzati e che deriva dall’ invecchiamento progressivo delle ns aziende, dal loro nanismo e da una limitata volontà di crescita.
    E’ un crisi da appagamento che colpisce non a caso i paesi “sazi” ed i paesi vecchi, è una crisi che si risolve anche “facendo ri-fiorire” le risorse umane.

    Parliamo allora di risorse.

    La crescita giapponese di qualche decennio fa ha avuto come carburante un’ ottima miscela formata da un lato di tradizione, regole ed esperienza e, dall’ altro, di rottura degli schemi, cultura, entusiasmo e creatività giovanile (e fame).

    Una stessa miscela che si può trovare ancora oggi in molti paesi dell’ est asiatico.

    In questo momento noi riusciamo invece a bastonare l’ esperienza (gli over a casa) insieme alla creatività (dis- sub-occupazione e precariato giovanile) ed alla cultura (cosa si studia a fare quando si studia se poi in azienda si usa un qualche % di quel che si è imparato? e comunque è molto probabile andare a fare un altro mestiere)

    Mi viene da chiedermi e chiedervi: abbiamo avuto un Ri-nascimento ed un Ri-sorgimento, riusciremo ad avere una Ri-fioritura? e, se si, come?

  10. dal mio osservatorio, ancora stasi per tutto il 2009 ed uso ottimale delle risorse disponibili.
    Sforzi immani per sostenere il fatturato, e la redditività (pare che i mercati finanziari stiano riprendendo, tanto che Fiat ha annunciato il piazzamento di un bel pacchetto di obbligazioni al 7%).
    Ma per chi non è quotato in borsa, soprattutto fatturato.

    2010? Bisogna vedere chi e cosa resta.
    Sarà interessante vedere, ad esempio, se e quali settori andranno ad una ulteriore concentrazione.
    Non solo i grandi stanno sudando freddo (ad esempio nel settore ICT), ma mi vien da pensare, tanto per dire, ai medi italiani nel settore energetico (anche prima della crisi area di “caccia di passo” per le grandi utilities straniere).

    Questo almeno se stiamo alle stime, basate sui dati ufficiali, della “resistenza all’apnea di consumi/ investimenti” da parte delle aziende (soprattutto i 4 milioni di PMI…e si arriva a 8 considerando tutte le P.Iva).
    Se invece il nostro sentiment si fa influenzare anche da indicatori “indiretti”, come il gap fra imponibile fiscale dichiarato vs consumi: rifer Sole24Ore di questo lunedi…beh magari la prospettiva è comunque più sostenibile.

    Nel frattempo ha ragione Gaetano: bisogna lavorare di fino sulla ricerca di singole opportunità. Ed a maggior ragione risultano estremamente utili tutti gli attori, come FdR, che favoriscono un incontro qualificato (trasparenza e qualità)di domanda ed offerta.

  11. Vorrei spostate un pò il focus.

    Ne parlavo in auto ieri con Nicola Grande, io credo che il segnale maggiormente preoccupante è che STIAMO SPRECANDO QUESTA CRISI!
    Mi spiego:
    1) Ad alto livello l’unico input è ridurre i costi, spesso del personale, senza pensare a quale costo si va incontro quando 2/3 trimestri dopo si ricercano le medesime figure prima silurate….( annunci, selezione, formazione……)
    2) A basso livello , invece che investire in formazione per mantenere o aumentare vantaggi competitivi, si produce per un mese al 98% della saturazione degli impianti ed il mese successivo si fa cassa integrazione…
    3) Invece che investire in R&D, si delocalizza in Cina, sperando che il Vietnam non si sviluppi troppo, sennò…
    4) Invece che imparare come si fa a pianificare una giornata / mese, aprendo outlook ci si butta a leggere/rispondere alle email piuttosto che andare nell’agenda quotidiana/settimanale e pianificare (mio cavallo di battaglia questo…..)
    5) Società che fino a ieri condannavano le politiche degli anni passati di mega bonus ai top manager ottenuti sul brevissssimo termine, oggi elargiscono Fior di MILIONI di $ ai loro manager (non fatemi fare nomi….tengo famiglia)

    Allora , che cosa abbiamo imparato da questa crisi. A cosa è servita?
    A buttare polvere sotto il tappeto?

    E ci metto il carico: Ci chiediamo quindi perchè a differenza del triangolo Uk, Germania e Francia, a parte qualche stella cometa, nelle posizione di Top management delle aziende italiane, non vediamo ad esempio manager inglesi o tedeschi?

    Per stasera mi fermo qua

  12. Parto dal livello internazionale.
    Personalmente sono convinto da tempo che il fondo della crisi sia in fase di superamento proprio in questo periodo ma che una ripresa significativa ci sarà solo nell’ultimo trimestre del 2010. FMI? Banca Mondiale? BCE? Mago di Acerra? Nessuno di questi; è una mia personalissima valutazione, legata a quelli che ritengo essere tempi ragionevoli, rispetto ad una situazione in cui tutto il mondo insieme non può accettare di essere tenuto in ginocchio. Certo, un aspetto è la ripresa commerciale e dei consumi, una cosa è la ripresa industriale, una cosa diversa è la ripresa in borsa, un’altra cosa ancora è il riassetto finanziario; ci saranno notevoli disallineamenti su queste cose; la conseguenza sarà che molti continueranno a piangere mentre altri avranno ricominciato a ridere e poi ci sarà “l’effetto canguro” di quando non si sa usare bene la frizione, alle prime lezioni di guida (saltelli in avanti, spegnimenti bruschi, riavvii col motorino che gratta, puzza di bruciato e tanta fatica a riprendere un andamento continuo).

    Livello italiano (ma non solo: spagnolo, inglese, forse francese, svedese…).
    Le aziende che hanno il coraggio di fare cose innovative o almeno mirate ad un forte miglioramento (dei processi, dei prodotti, dei tempi di risposta, dell’affidabilità) rischiano (credito dalle banche, bassa di mercato a prescindere, resistenze interne ed esterne…) ma avranno la grande opportunità di essere molto più avanti della concorrenza, entro i prossimi 9-12 mesi; le aziende che giocano solo in difesa (CIGO, CIGS, mobilità, fermate irrazionali, pressioni indebite sui fornitori più deboli, politica dissennata sui prezzi, delocalizzazione da panico e non da piano…) non saranno più forti delle altre, tra 12 mesi; probabilmente rimarranno nelle posizioni precedneti in Italia, perdendo competitività rispetto a concorrenti Coreani, Brasiliani, Tedeschi, Americani, Messicani e forse Francesi ed Inglesi, rischiando una successiva agonia. Poi, diciamocelo chiaramente, c’è chi, banalmente, non ha capito nulla del cambio epocale in corso e con un sorriso beota, sarà trascinato via dalla piena, senza neanche accorgersene.

    Mi piace il concetto di RIFIORITURA, espresso da Giuseppe; si addice molto alla nostra community!

  13. Concordo con Gaetano che le reazioni alle difficoltà del momento sono piuttosto diverse fra i settori merceologici e sto cercando di immaginarmi come ripartiranno; si perché anche la ripresa sarà tutt’altro che uniforme.
    E’ la prima volta che l’Italia si “impoverisce” al di fuori delle guerre (quella del ’29 fu una crisi sostanzialmente americana) e non sappiamo come i singoli settori ripartiranno; le distorsioni finanziarie e manageriali saranno digerite in modi differenziati.
    Inoltre molti settori produttivi italiani oggi vendono maggiormente all’estero piuttosto che in Italia e le loro speranze di ripresa dipendono dalle singole riprese dei vari stati.
    Lavoro nel settore del vino con produzione in Toscana e vendita in tutto il mondo, e per un produttore toscano medio l’export è circa il 65%. Per quanto mi sforzi di cercare i primi segni di ripresi in realtà al massimo trovo da luglio qualche prodotto che ha fermato la discesa ma le reazioni sono tuttora irrazionali e difficili da interpretare; prendiamo gli USA. Analizzando le vendite dei distributori (il padre-padrone delle vendite di alcolici in USA) si vede che nonostante molti vini da consumo quotidiano siano sotto lo stock minimo (se non esauriti) non vengono riordinati e la paura rimane (per noi manager questo vuol dire aver finito gli argomenti). L’altro grande mercato che è la Germania langue sulla falsariga degli ultimi anni mentre l’Asia-Pacific è in contrazione limitata e si spera nel fine anno, Note più liete sono il Canada che ha un consumo eccezionale nonostante i pochi abitanti e che mantiene i volumi del 2007 e 2008 e anche la ricca Svizzera che non cresce ma contiene la riduzione.
    In generale il fatto che per la prima volta una crisi sia stata sentita più o meno da tutti i paesi sviluppati mi da un feeling positivo verso il suo superamento anche se ci vorrà pazienza. Vedremo.
    Spero di aver aggiunto qualcosa.
    Buon lavoro a tutti
    Simone Fabbri

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