Richard Clarke: Licenza di coach
Richard Clarke ha un “aplomb” tipicamente inglese. Più guardo la sua foto e mi immagino, più che un coach, uno 007. Quando lo chiamo per l’intervista si scusa per il suo italiano, che in realtà parla perfettamente, e con estrema disinvoltura parte la nostra chiacchierata.
RC – Galahad Executive aiuta i top manager delle società ad esprimere il loro meglio. Parliamo di professionisti che lavorano in Unilever, Reuters, Lee Hacht Harrison, AbAmro.. Stimoliamo i senior executive a esplicitare le loro capacità di leadership nel passaggio a nuovi ruoli e ad affrontare situazioni critiche che possono creare frustrazioni nei loro colleghi, li guidiamo ad assumersi maggiori responsabilità imprenditoriali.
FdR – Che stile utilizzi?
RC – Tutto il mio lavoro è molto pratico; uso uno sfondo psicologico. Per quasi vent’anni sono stato un manager con orientamento molto commerciale e quindi conosco molto bene le pressioni che attanagliano un manager.
FdR – In Italia, da qualche anno, tanti, troppi, parlano di coach. Ma di cosa parlano realmente?
RC – Il coach è un’attività ancora nuova. A Milano esiste un’azienda che ha la licenza per fare corsi di coach e formazione a vari livelli. Io ho fatto questo corso in Gran Bretagna quasi 9 anni fa. In Italia siamo ancora molto in ritardo, però devo dire che ho incontrato tutor molto capaci. In tutta Europa poi, c’è un solo corso, a Londra, che ha l’accreditamento per insegnare coaching.
FdR – Eppure, da almeno due anni si vede in giro molta pubblicità di corsi per coach..
RC – In Italia ci sono tanti corsi che ti insegnano a diventare coach in 6 settimane.. il mio corso è durato 2 anni! Io ancora adesso ho un supervisore con il quale mi confronto sulle mie difficoltà, dell’approccio che utilizzo con i clienti e in generale sugli aggiornamenti di metodo. Inoltre è importante che chi eroga questi corsi abbia una tradizione alle spalle. Attenzione all’improvvisazione.
FdR – Quali sono le motivazioni più ricorrenti per le quali le aziende ritengono importante ricorrere al coaching?
RC – Le nuove sfide sono un buon punto di partenza. Quando ci sono cambiamenti, momenti di crisi economica, il coaching è un’opportunità per mantenere i talenti; quando si entra in un nuovo ruolo il coaching ti aiuta ad affrontare professionalmente questo passaggio, a mettersi in discussione. In alcuni casi ho aiutato manager che avevano problemi con la propria azienda, a farsi trattenere.
FdR – Quali sono le caratteristiche peculiari di un buon coach?
RC – E’ molto importante che il coach conosca bene sè stesso e soprattutto che non diventi un “collaboratore” di una delle due parti (azienda o manager). Deve mantenere le distanze con obbiettività. Ogni persona è unica e bisogna indagare sulle caratteristiche personali.
FdR – Hai una lettura da consigliare a chi si volesse avvicinare a questa disciplina?
RC – Consiglierei Psychology of executive coaching di Bruce Peltier perchè è un libro fondamentale; lo scrittore è uno psicologo che ha scritto questo libro dedicato a chi vuol diventare un coaching, dando una panoramica generale di gran parte dei modelli di riferimento.