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Se vuoi che una cosa venga detta, dillo ad un uomo. Se vuoi che una cosa venga fatta, dilla ad una donna. (Margaret Thatcher)

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Come donna sono contraria, in linea di principio, alla legge sulle quote rosa – una sorta di riserva indiana- Ho lavorato in una azienda al femminile al 90% con a capo una donna in qualità di presidente e Ad . Era un bel posto in cui lavorare con risultati eccellenti; ma se mettiamo da parte veline e quante fanno carriera passando per una camera da letto , ecco la situazione, oggi :

Nei board delle 40 società italiane a maggiore capitalizzazione, su 600 consiglieri le donne sono una ventina; delle 281 società quotate il 56% non ha una donna negli organi di Amministrazione e nelle restanti, le donne sono 174 su oltre 2800 consiglieri. Tra i primi 10 titoli quotati in piazza affari solo 8 su 147 seggiole sono occupate da donne. Il confronto con altri paesi ci vede ventinovesimi: 332 consigliere su 4014 , una percentuale del 7,6! In aziende quali Eni, Enel, Fiat e Fiat industrial, Telecom, Tenaris zero donne presenti nei cda. 1 donna presente in Saipem e Snam rete gas. 2 donne in Unicredit, 2 nei board di Intesa S Paolo e ancora 2 in Generali (la Stampa 5 marzo) Una volta approvata la legge saranno 1900 i posti occupati da donne su 4000 società controllate da enti locali, e poi sarà la volta dei grandi gruppi.

In Toscana in 18 aziende sono donne solo il 10%. La Piaggio, la Ginori sono a zero In regola Pramac,Toscana Firenze e La Fondiara con le 2 figlie del patron Le donne ai vertici spesso sono figlie di imprenditori o mogli. In politica la possibilità è più ampia, si può essere anche amanti occasionali.

Ecco perché sono favorevole al disegno di legge a firma bipartisan presentato dalla deputata Lella Golfo presidente della fondazione Marisa Bellisario e sostenuto dalla deputata Alessia Mosca.

Ma, come per disintossicarsi dalle droghe, anche per le quote rosa si procederà in maniera graduale ..20% (o 10%?) tra un anno e poi 30% tra 4 anni! Una legge che scardina il potere va somministrata lentamente.

Eppure autorevoli osservatori internazionali confermano che le aziende guidate da donne segnano un aumento dell’83% di capitale, un +73% di utile sulle vendite e +12% di rendimento del capitale investito rispetto a quelle con “tetto di cristallo”. Dunque il metodo vincente è proprio il “bilinguismo ai vertici” la contaminazione di leadership, maschili e femminili.

“Sarebbe bello che nelle prossime settimane volessero tutti dare un segnale e inserire donne senza aspettare la legge” auspica Lella Golfo.. Anche per questo sono favorevole alle quote rosa perché un pensiero simile può essere solo al femminile, perché questo è un pensare al femminile.

Raccogliendo opinioni sparse poi si trova di tutto: “ le quote rosa non costituiscono un incentivo tantomeno per la donna che dovrebbe sentirsi mortificata per essere considerata una specie da proteggere. La dignità della donna, dopo secoli di asservimento al maschio, sta nell’essere trattata giuridicamente e socialmente in modo uguale al maschio…”(Il Giornale) come le papi girl, le igieniste dentali , le coloradine?

Invece Renè Magli, svizzera, nella sua azienda la Msc navigazione, 89 donne e 1 solo uomo grazie alla sua squadra ha incrementato il fatturato di ca il 25% all’anno e non perché le paga di meno…In Italia , invece, il divario retributivo tra le donne e gli uomini cresce nel tempo dal 9% arriva fino al 36% per la fascia di età 56/65 anni. Se una casalinga venisse pagata per tutto quello che fa dovrebbe guadagnare circa 110 mila euro l’anno secondo uno studio statunitense.

Antonella Mansi ,Confindustria Firenze, dice giustamente, “è solo un contenitore poi ci vuole il contenuto e quello è il merito”ma poi boccia le quote rosa: “ le società quotate hanno tutto il diritto di avere un management competente rispetto agli obiettivi del loro business non imposto per legge” e poi “…Ci sono ancora poche donne competenti, anche se quando arrivano sono le più brave perché devono superare una selezione più dura degli uomini”.

Ma sono tutti competenti gli uomini ai vertici? I nostri ministri, gli Ad di aziende fatte fallire e svendute a improvvisate cordate? E tutte le imprenditrici sono competenti?

Allora se il merito non basta per emergere, ben venga una legge che dia l’opportunità di dimostrare quanto possa valere una donna. Del resto non è stata sempre una legge nel 1963 a consentire alle donne l’accesso in magistratura, di votare e solo nel 2006 , la maternità delle donne dirigenti riceve finalmente la necessaria tutela anche nelle aziende private.

La storia dell’umanità è fatta di conquiste e non di scorciatoie. Forse ora più che mai noi donne dovremmo chiederci perché servono ancora leggi per avere quello che ci spetta.

“No one can make you feel inferior without your consent (Eleanor Roosvelt)

5 Commenti

  1. Indipendentemente dall’articolo ho sempre pensato che i capaci e gli incapaci, i geni e i cretini, i colti e gli ignoranti etc. etc….. siano da sempre ben distribuiti in tutti i sessi, razze e religioni (o oltra categoria che si vogia immaginare). Quando la finiremo di pensare che qualcuno/a sia meglio di altri solo per la categoria di appertenenza, quando smetteremo di creare antagomismi per piaggeria mediatica allora potremo parlare di equità per cui il concetto di quaote rose, non perchè rosa, mi preoccupa (non lo critico) e lo trovo piuttosto classista.

    Osvaldo, allora, quante donne sono ricordate peggio di tanti uomini (Lucrezia Borgia)! Oppure per restare in Inghilterra, certo Cherchill non era più stupido della Tatcher. Si è trattato di personalità diverse (non sessi diversi) in momenti diversi. Se poi chiediamo alla classe proletaria inglese, ed in particolar modo ai minatori, un commento sulla Tatcher, temo che non sarebbe così positivo!
    Ripeto il problema non è la classe di appartenenza ma la testa che la esprime.

  2. “Forse ora più che mai noi donne dovremmo chiederci perché
    servono ancora leggi per avere quello che ci spetta.”
    Gìà, Gianfranca, la frase merita una riflessione.
    Forse perchè il mondo del lavoro non è misura di donna, ma regolato da una serie di “principi” tassativamente maschili,
    e spesso neanche tanto giustificabili, vedi orari prolungati alla
    scrivania assolutamente improduttivi ma che fanno tanto
    “manager seriamente impegnato”. Quanti ne vediamo…
    Basterebbe che gli uomini che già vivono con le donne, siano esse
    mogli, madri, figlie, amanti etc. si ricordassero che il
    nostro equilibrio endocrino è diverso, è più complesso e delicato, ma è lo stesso che abbiamo in casa,nella vita familiare, e perchè mai dovrebbe cambiare…al lavoro?!?
    Noi non abbiamo bisogno di lavorare con orari prolungati, per natura siamo più pronte a risolvere problemi simultanei
    rapidamente, a pianificare, organizzare, monitorare, a
    essere sempre vigili! E’ così difficile accettarlo?
    Dateci gli strumenti, dateci gli orari flessibili, gli asili
    nido in azienda, non abbiamo bisogno di stare “a catena al
    lavoro”! Perchè la mancanza di questi strumenti è inevitabilmente un forte deterrente. Pratiche, organizzate, sì, ma non siamo masochiste!
    C’è bisogno di un lavoro “al femminile”. Questo l’oligarchia
    attuale, come finora dimostrato, non è in grado né vuole
    sostenerlo come strumento d’innovazione ( e di crescita economica del paese).
    Credo che la Mansi con la sua affermazione stia dimostrando
    di non conoscere forse così a fondo la realtà delle PMI
    italiane: di donne competenti ce ne sono, tante! sono quelle
    che a parità di mansioni hanno una retribuzione annua di
    25.000/30.000 euro contro i 50.000 dei colleghi maschi, e
    sono quelle che, ancor più numerose, sono sottomansionate ma
    di fatto svolgono incarichi di alta responsabilità. Spesso
    rispondono ad un dirigente di cui di fatto… ne svolgono il
    lavoro! Quante ne conoscete? a occhio e croce, io almeno
    una trentina!
    Basterebbe “regolarizzare” la moltitudine di queste
    “posizioni” per avere già uno scenario sensibilmente diverso.
    Sì che ci vuole la legge! In un paese privo di meritocrazia, non vedo altra soluzione.

  3. Sarei anche io ,fondamentalmente, contraria all’imposizione delle quote rosa : significa che , dopo aver lottato x la parità dei diritti, dobbiamo ancora ricorrere alla legge.Purtroppo ,nonostante l’apparente evoluzione del ” maschio ” italiano, l’antifemminismo si nasconde nel suo dna.Se occorre una azione di forza, che ben venga.La speranza è che le aspettative delle donne nn vengano ,x l’ennesima volta frustrate. L’Italia è il paese del : ” fatta la legge,trovato l’inganno !

  4. finchè esistono uomini che la pensano come Vito e che non guardano a quanto succede nella realtà di tutti i giorni le quote sono un passaggio obbligato per ottenere più velocemente quanto le donne otterranno comunque col tempo.

    Guardiamo ai fatti: in Europa l’Italia è il paese dove il divario fra il tempo dedicato giornalmente al lavoro familiare da uomini e donne è più ampio e dove le donne sono impegnate per il maggior numero di ore (5h e 20min contro 1h e 35min degli uomini- fonte: Eurostat, A statistical view of the life of women and men in EU25).
    Inoltre, considerando le donne tra 25 e 44 anni in Italia lavora l’81% delle single e il 52,9% di quelle sposate con figli; i congedi parentali vengono presi dall’91,4% delle donne e dall’8,6% degli uomini; il part-time viene preso dal 52,7% delle donne (Fonte: ISTAT – INPS. Rapporto sulla coesione sociale. Anno 2010).
    Siamo sicuri che queste siano libere scelte delle donne?
    Perchè le donne sono anche le prime ad essere licenziate quando ci sono periodi di crisi?
    Credo che oltre al merito, elemento cardine per procedere oltre, ci debba essere un “humus”; che favorisca la crescita di nuove piante. Sono quindi favorevole alle quote rosa perchè le ritengo idonee a favorire questa crescita

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