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Un contratto per La7 : chi l'ha visto?

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Da giorni si dibatteva su LinkedIn nel Gruppo di FdR (ma anche su Il Mercato Italiano del Lavoro e sul Gruppo AIDP) in merito all’avvio della nuova trasmissione su La7 : “il contratto”.

Opinioni fra le più svariate, in larga parte sfavorevoli alla concezione del programma, sia per motivi deontologici da parte degli operatori di settore, etici da parte di candidati in ricerca attiva, più propriamente di carattere sociale (sfruttamento di situazioni di malessere).

Gli autori avevano previsto evidentemente il sollevarsi di critiche e già nei giorni precedenti alla messa in onda della trasmissione si sono dati un gran da fare per comunicarci attraverso gli spot che “il contratto NON è un reality, i partecipanti sono CANDIDATI E NON CONCORRENTI, e che non c’è un PREMIO in palio. Esattamente ciò che non è successo.
Il programma è un reality, i candidati sono concorrenti che si sfidano di tutto punto in una serie di prove psico – attitudinali per un dozzinale posto di lavoro in qualità di account commerciali (l’ultimo anello della catena alimentare!).

Pertanto, non solleviamo ulteriormente il tema etico, perchè nelle discussioni di cui sopra tanti e vari sono stati i punti di vista, da chi pensa che in un momento così drammatico sia una schifezza speculare su un tema del genere a chi più pacatamente risponde nella logica di “è il business baby”.
Rispettiamo entrambi e non sarebbe corretto usare questa vetrina privilegiata per imporre la mia opinione.

Mi interessa invece “leggere” il programma dal punto di vista della “sociologia della comunicazione di massa”. E mi piacerebbe coinvolgere in una lettura più ampia quanti fino ad ora si sono soffermati unicamente sugli aspetti della qualità e della motivazione di uno spettacolo di questo genere. Ovvero:

In questa trasmissione non si è visto alcun candidato partecipare ad alcuna selezione del personale per alcuna azienda. In questa trasmissione abbiamo visto:

Uno spot di due ore ad un’azienda (guarda caso) del settore Risorse umane, fra l’altro molto coinvolta commercialmente nelle dinamiche di recruiting on line. Il buon gusto avrebbe suggerito che almeno per la prima puntata, gli autori tentassero di non farla così sporca, coinvolgendo magari una bella azienda metalmeccanica o magari di design (se proprio avessero voluto strizzare l’occhio ad un pubblico “fashion addicted”..). Monster sicuramente ha tratto beneficio dalla trasmissione. Riprese furbe, fra le righe la responsabile del personale ha fatto un po’ di autocelebrazione (“qui troverete un’azienda molto compatta, lavorerete con una squadra unita..”), una pulizia ed un ordine negli uffici da fare invidia ad una camera sterile di un ospedale (pare che in monster nessuno utilizzi un foglio di carta e i cestini sono miracolosamente tutti vuoti).

Poi ampio spazio ai nuovi mestieri: il counseling filosofico, la signora Ceresa ha dispensato preziosissimi suggerimenti psico-sociologici ai candidati esattamente come avrebbe fatto una maestra d’asilo con diploma magistrale alle sue creature di 4-6 anni.

La personal coach, Valentina Licata, 106 contatti in Linkedin (122 dopo 3 giorni.. non le è andata proprio bene!), 8 anni di coaching e un  anno di azienda, dopo la laurea, in Alitalia. La professionista si è presentata dai candidati con vasetti di plastilina e altri giochetti sadomaso con cui ha stimolato la creatività dei 3 soggetti mai visti prima. Il coaching è una cosa seria. Sono sicuro che Valentina Licata utilizza ben altri sistemi quando deve fare i suoi interventi in azienda, ma comparire in video spettacolarizzando un mestiere con giochi di prestigio non aiuterà i suoi colleghi che la stessa professione cercano di comunicarla in modo quantomeno più serio. Ci mancava solo questa ideona per massacrare un mercato, quello delle Risorse Umane, già piuttosto afflitto da pessimi esempi.

Michel Martone, consulente del lavoro è stato messo lì come soprammobile per dispensare alcune pillole di saggezza sulle pari opportunità e sull’identità professionale di ogni candidato, che onestamente non mi sento neppure di criticare. Probabilmente molti non sanno che in Italia non si va avanti grazie al merito, che le donne sono scarsamente considerate e pertanto è bene che ci sia qualcuno lì a ricordarlo. Pace e bene.

In penultima position compare Giordano Fatali, ex direttore del personale, attuale presidente della più famosa HR Community italiana che ha visto ben altri tempi di gloria, E’ inspiegabile di fatto come una persona che non ha certo bisogno di contatti, possa aver accettato di condurre questo gioco vestendo i panni di Ludovico Peregrini (ve lo ricordate, il “signor no” dei quiz di Mike Bongiorno). Apre le buste, chiude le buste, dispensa consigli, bacchetta i candidati, assegna il super Jolly! Insieme alla dott.ssa Brandimarte fanno quasi peggior figura dei candidati. Danno del tu a tutti e si fanno rispondere col lei; al di là del metodo è anche pessima educazione. Fanno domande da manuale per “dummies” della selezione (“pregi e difetti”, “voi siete talenti, ma solo uno passerà!”), propongono domande chiuse una dietro l’altra e per inciso, se il team della dott.ssa Brandimarte ha selezionato questi fra migliaia di candidati, forse qualcuno ha sbagliato la selezione più importante.
Dottoressa Brandimarte, dica la verità: ma quando mai in tutta la vita di Monster selezionate i candidati con la plastilina, i giochi di ruolo allo specchio e tutto st’ambaradan che ci avete voluto far vedere?

E infine, parliamo dei candidati. Ma non delle qualità, del loro scopo in questo gioco.

Usati. E’ l’unica considerazione che viene da fare.
I veri clienti sono stati loro. Sono serviti a mettere in bella luce un’azienda, sono serviti a far chiacchierare di nulla i consulenti, sono serviti a far mettere in mostra Fatali, sono serviti a costruire un carrozzone di cui nessuno di noi aveva bisogno. Neppure loro che alla tenera età di 32 – 39 anni dichiarano, con genitori in studio, di non avere mai avuto un’offerta di lavoro stabile.

Usati. Perchè non erano i migliori fra quelli selezionati. Erano tre tipologie di candidati che servivano all’azienda per dimostrare, in qualsiasi ordine di arrivo che:

Manuela, la vincitrice: Monster è un’azienda che non bada all’aspetto fisico – IMMAGINE!
Dario: Monster è un’azienda che non cerca necessariamente i talenti. Fa crescere le persone. IMMAGINE
Giovanni: Monster è un’azienda che non discrimina l’età e che premia l’ecletticità. (considerando quanto visto in trasmissione – sghignazzi, prese per i fondelli degli altri candidati, ragionamenti matematici da Piccoli Einstein Crescono – il ragionamento sull’8 numero perfetto è da neuro!).

Chi utilizza twitter faccia una ricerca su #ilcontratto scoprirà centinaia di opinioni caustiche e negative sulla trasmissione e peggio ancora sui concorrenti, assurti a puri fenomeni da circo, ad uso e consumo dello share televisivo (che pare non sia stato premiato).

Ma la domanda adesso è: il secondo e terzo classificato, che speranze hanno dopo essere stati scartati davanti a migliaia di spettatori?

A parte, intendo, il premio a loro assegnato: un percorso di carriera con Fatali.

10 Commenti

  1. Non ho visto la trasmissione, ma ho letto con interesse questo pezzo proprio perchè qualche tempo fa avevo assistito scandalizzata allo spot che ne preannunciava l’ingresso nel palinsesto de “La 7”.
    Ripeto non ho visto la trasmissione, ma il commento contenuto nell’articolo mi pare terribilmente verosimile. Confesso di non aver mai seguito nessun reality, neppure per pochi minuti, perchè mi da una tristezza infinita constatare quanto Orwell avesse intuito giusto: chi non ha notato che ricalcano perfettaemnte le trasmissioni create dal regime per i “prolets”? del resto non a caso il Grande Fratello si chiama così.
    Tuttavia in questo caso la perversione di chi crea e l’aberrazione che si richiede allo spettatore mi paiono davvero troppo anche per il pubblico italiano, e credo, spero, che questo programma non avrà nessun seguito.
    Guardando lo spot non avevo creduto neppure per un attimo che potesse trattarsi di una cosa meno che demenziale ma non avrei immaginato che si sarebbe potuto trattare di una strumentalizzazione palese e di una promozione occulta. Tra l’altro osservo (ma ripeto non l’ho visto e quindi è solo una sensazione) potrebbero esserci gli estremi per un ricorso all’autorità garante.

  2. Ho letto con interesse nei giorni scorsi i vari commenti legati al promo del programma in questione… mi sono volutamente astenuto dal far previsioni… sostanzialmente per non suonare catastrofico.
    Ahimè, pare proprio che avrei potuto scommettere, e “vincere facile”…

    Provo ad aggiungere qualcosa all’analisi di Osvaldo (che condivido pienamente): “It’s television, baby”. Per rendere interessante un processo di selezione agli occhi della casalinga di Voghera di morettiana memoria (non me ne voglia la categoria…) piuttosto che all’ “uomo qualunque” necessariamente servono giochini, elucubrazioni, plastiline… credo che già ci possiamo ritenere fortunati di non esser stati ammorbati da un corpo di ballo composto da belle figliuole vezzosamente chiamate “curriculine”.
    Il punto semmai è perchè, sociologicamente parlando, si sia anche solo pensato ad un programma del genere… segno evidente che all’ “uomo qualunque” ormai il processo di selezione possa apparire davvero come una lotteria, un gioco, un processo dove principalmente conta la fortuna e, chissà, magari il televoto da casa… o meglio, orwellianamente, (@Elisa: mi sorprende sempre constatare quanto “1984” sia attuale… ogni giorno di più!)questo è ciò che vogliono farci credere. Mala tempora.

  3. Il programma offrirà un lavoro ai vincitori. Già pronto lo spin-off per licenziarli.
    Saranno messi in palio 8 posti di lavoro. Praticamente tutti quelli del 2011.

    [spinoza.it]

  4. Ho seguito con interessa la discussione postata su Linkedin.
    Essendomi laureata con una tesi sull’Etica dell’Informazione, più di 10 anni fa, sento il tema molto mio. Devo dire che nel 2000 le previsioni sui mass media erano pessimistiche, ma la realtà – come si dice spesso in letteratura – ha superato l’immaginazione.

    Copio il mio commento che ho scritto su Linkedin.

    La stavo aspettando una discussione su questo tema.
    Dico la mia senza leggere gli interventi, in modo da non esserne influenzata. Poi ritorno sugli stessi.

    Nell’era della spettacolarizzazione spinta all’eccesso, un programma come questo si inserirebbe bene, proprio perchè farebbe diventare “intrattenimento” un dato obiettivo, cioè la difficoltà della ricerca del lavoro; e nello stesso tempo ne sdrammatizzerebbe, minimizzandoli, gli aspetti più importanti (= la preparazione dei candidati, la competenza dei selezionatori, l’ansia della “gara”, la preoccupazione di non farcela, tutte le emozioni e azioni connesse al processo di selezione ecc.). In una parola, il peggio dell’ “infotaintment”.

    Il pubblico viene informato di questioni serie, certo, ma nel frattempo viene trattato come se fosse spettatore di uno show passivo. O ci dovremmo aspettare i commenti e i televoti al processo di selezione, scritti dagli spettatori sui siti UGC? …sto estremizzando…

    Non sto dicendo che l’informazione deve essere seriosa, ma il più possibile obiettiva e passare attraverso modalità comunicative che non siano la ridicolizzazione da reality.

    In definitiva: sì, son d’accordo alla petizione contro questo programma che appiatirebbe il processo di selezione in tutte le sue fasi!

    8 giorni fa • Elimina • Contrassegna come promozione

  5. Indubbiamente tutta l’operazione è meramente di natura commerciale, su Twitter mentre guardavo il programma, l’ho definito uno grande spot per chi lavora nelle risorse umane, non mi sconvolge la partecipazione di aziende al programma perchè ovviamente per un’azienda è pur sempre pubblicità, quello che mi sconvolge è che professionisti delle risorse umane si siano prestati ad una simile banalizzazione pur di farsi vedere in tv per tre ore. Pensano che sia stato un bello spot per la loro professionalità?? Secondo me assolutamente no, prendiamo il coaching, personalmente lo ritengo uno strumento molto importante ed interessante, ma il modo in cui è stato presentato nella trasmissione sembra sia un giochino per bambini, non credo che ciò abbia giovato alla professionista presente in studio. L’altra cosa grave è il prendersi gioco dell’attuale livello di disoccupazione presente in Italia, banalizzandolo con un reality. Guardando il programma, ascoltando i candidati, ho avuto come l’impressione di trovarmi al colosseo ai tempi dei romani mentre seduto sugli spalti (tutti noi telespettatori) assistevo allo spettacolo dei gladiatori sull’arena (i tre candidati), in attesa che il cesare di turno (la responsabile RU) decidesse se alzare o abbassare il pollice dopo che si sono massacrati l’un l’altro.
    Sui candidati, ecco la considerazione aggiuntiva di cui parlavo all’inizio, temo che LA7 ci abbia messo lo zampino, mi spiace dirlo perchè forse LA7 ultimamente è una delle poche tv commerciali ad offrire programmi di livello, non posso credere che dalla preselezione di cui si parla nella descrizione del programma, siano usciti i tre che abbiamo visto in tv. Credo invece che gli autori per rendere ancora più drammatca la situazione abbiano deciso di inserire persone di età avanzata (estremamente avanzata), in situazioni familiari difficili (chi con figlio mantenuto dal padre), evidenziando che la donna (guarda caso 39enne) era quella forse messa peggio, ma forse mi sbaglio.

  6. Ricopio qui quanto postato su Linked In in:
    “Federico, chiedi il format che mi aspettavo?
    Non essendo un HH o HR non ho una vasta esperienza, però qualche decina di anni fa avevo partecipato ad una selezione per un important gruppo bancario.
    Due giorni di selezione continua, con test attitudinali, test di gruppo e altro. Ogni mezza giornata il gruppo iniziale di 20 persone si sfoltiva fino ad arrivare al pomeriggio del secondo giorno a rimanere in due. Alla fine incontro con il responsabile del personale, dopo aver percorso centinaia di metri di corridoi stile shining …
    Come idea del format non mi sembra malvagio … ed è reale!
    Credo di persone in questo gruppo in grado di scrivere un format “valido” aderente alla realtà ce ne sarebbero a decine..”

  7. Lo spot mi aveva già mal disposto. Il programma l’ho trovato irritante e falso, visti i propositi manifestati. Fosse stato fatto da dilettanti o avessero dichiarato che era una “fiction”, si poteva anche chiudere un occhio e vederla come una commedia…Su certe cose non si dovrebbe speculare.

  8. Sono riuscito a guardare per poco meno di un’ora. Poi ho desistito. Noioso. Cresciuto a pane e Perry Mason ho cercato subito il movente per individuare l’assassino. Beh non l’ho trovato. Un programmino piccolo piccolo. L’unica spiegazione è che la TV oggi deve riempire ore ed ore di palinsesto e, credo, non sia facile. Tutto quanto detto da Osvaldo riflette un’attenta disamina del programma con lo spirito critico di chi fa selezione di mestiere. Ma tutto sommato credo che abbia dedicato a questa cosina troppo del suo tempo. Mia figlia, 25 anni laureata con lode in comunicazione di impresa e marketing rigorosamente occupata in servizi civili e part time, si è avvicinata mentre assistevo al programma e, quando le ho spiegato di cosa si trattava, ha detto:”si vede che c’è crisi. Una volta chi partecipava ad un quiz portava a casa tanti soldini. Ora un misero posticino di lavoro da 1000 Euro al mese”. E se n’è andata. Quanti faranno così? Suppongo in tanti. Voglio in conclusione invitare chi legge a guardare bene il mio nome è MATRONE e non MARTONE.

  9. lavoratorio .it mi manda questo:
    di Roberto Marabini
    L’idea che una trasmissione televisiva dedicata al mercato del lavoro venisse proposta con la formula del reality mi lasciava del tutto indifferente. O meglio, l’unica mia preoccupazione era, e rimane, quella di verificare se e come la televisione possa riuscire a fare qualcosa per insegnare ai candidati come cercare lavoro, ma anche alle aziende come cercare lavoratori.

    Non riesco a capire come i blogger di mezza Italia avessero deciso di esprimere opinioni e lanciare sondaggi prima che il reality “Il contratto”, la cui prima puntata è stata trasmessa martedì 22 febbraio, andasse in onda su La7. Già gli italiani sono abituati ad esprimere opinioni su temi che non conoscono, ma addirittura sollecitarli a sparare cazzate su programmi televisivi mai visti, mi pare la notarile dichiarazione di fallimento del cosiddetto web 2.0.

    Per quanto mi riguarda, prima di razionalizzare una qualsivoglia opinione, ho atteso di vedermi la prima ed anche la seconda puntata, quella di martedì 1 marzo. Tutto sommato, devo riconoscere che la formula del programma è in grado si insinuare almeno qualche dubbio nel popolo dei candidati: forse, per convincersi di essere il candidato ideale, non basta attendere le segnalazioni dei portali ed inviare a manetta il proprio cv?

    Buio totale, invece, sul fronte delle indicazioni che potrebbero insegnare qualcosa anche ad aziende e selezionatori. Anzi, si è rischiato di sfiorare i confini della pericolosità. Soprattutto nella prima puntata, quando il contratto a tempo indeterminato messo in palio fra i candidati riguardava la posizione di “Teleseller Representative”. Il testo dell’annuncio era messo anche peggio: non spiegava minimamente cosa diavolo avrebbe dovuto fare per otto ore al giorno il fortunato vincitore della trasmissione.

    Insomma, un perfetto caso clinico, tipico delle bassezze del mercato del lavoro italiano, in bilico fra malafede e incapacità di chi aveva realizzato l’annuncio. Se il titolo dell’inserzione fosse stato letteralmente tradotto in “Venditore telefonico” ed il testo avesse spiegato che per otto ore al giorno il candidato prescelto avrebbe dovuto cercare di convincere telefonicamente i potenziali clienti a spendere qualche centinaio di euro per usufruire di un servizio che ormai in tutto il mondo si ottiene gratuitamente, si sarebbero scatenate alcune tonnellate di adrenalina in meno.

    Infatti, non solamente i candidati prescelti per partecipare alla prima puntata hanno destato qualche fondata perplessità. Per carità, ottimi e bravissimi ragazzi, come hanno dimostrato. Ma da qui a definirli “talenti” ce ne passa: l’ombra di una sonora presa per il sedere ha percorso la spina dorsale di tutta la prima puntata. Tant’è che, alla fine, la candidata prescelta è stata la meno talentuosa dei tre.

    Nulla di scandaloso, almeno dal punto di vista dei selezionatori del personale: quando si cerca il candidato ideale per una posizione lavorativa, non è affatto scontato che la scelta cada sul “migliore”, inteso dal punto di vista dell’immaginario collettivo. Tutt’altro: anche nel caso della prima puntata del reality, si trattava di individuare il candidato “più adatto” per un determinato ruolo: un venditore telefonico in grado di entrare velocemente in empatia con i potenziali clienti senza deprimersi di fronte ai 99 rifiuti su 100 che la sue telefonate avrebbero incontrato ogni giorno.

    Quello del venditore telefonico è un lavoro difficile e dignitosissimo, ma perché camuffare l’inserzione? Perché ammorbidirla o addolcirla, ad esempio, citando nell’inserzione come unica motivazione (oltre al tempo indeterminato) che l’opportunità proveniva da una “multinazionale leader nel proprio settore”? Perché puntare sui rimbambiti che ancora non si sono accorti come le multinazionali, anche le più “serie”, sono le prime a chiudere baracca e burattini e delocalizzare dalla sera alla mattina, con tanti saluti per il tanto agognato contratto a tempo indeterminato?

    Anche per questo motivo ho cercato di metabolizzare la prima puntata ed ho atteso la seconda. A conclusione del secondo episodio, confermo le stesse valutazioni positive sulle modalità dello stage proposto ai candidati, sull’attività di coaching che caratterizza il periodo di prova e sulle opinioni di Michel Martone (un genio spregiudicato, che non ha paura ad esprimersi controcorrente: infatti, con il sorriso sulla bocca, dispensa mazzate su mazzate nei confronti del sistema formativo italiano e sulla categoria dei disoccupati per vocazione…).

    Purtroppo, anche il contratto a tempo indeterminato messo in palio per la seconda puntata, pur essendo intitolato con un’espressione quasi-italiana e quasi-accettabile (si cercava uno “Junior designer”)è crollata miseramente sul testo dell’annuncio stesso: nemmeno una traccia di quella che i cari anglosassoni, scimmiottati senza arte né parte dai più ignoranti responsabili di selezione, definiscono “job description”.

    L’annuncio dovrebbe essere la descrizione di una opportunità di lavoro. Ma che caspita di descrizione è se non… descrive concretamente il lavoro? Lo sanno i selezionatori di tutto il mondo e lo capiscono anche i bambini. Purtroppo, si tratta di un concetto che non riesce nemmeno a sfiorare l’anticamera del cervello della maggior parte dei selezionatori italiani. O presunti tali.

    Tra l’altro, tornando alla seconda puntata del reality trasmesso da La7, si tratta di un vero peccato: per un aspirante designer d’interni, un contratto a tempo indeterminato presso l’azienda presentata nel corso della trasmissione era davvero un’opportunità da non perdere, che avrebbe meritato un’inserzione decente e centinaia di pregevolissime candidature, rispetto alle cinquanta ricevute con quel pessimo annuncio. E’ il motivo per cui, quando un’azienda o un selezionatore si lamentano perché non riescono a trovare veri talenti, ormai non vado nemmeno più a curiosare tra le loro inserzioni.

    Vorrei rivolgere un appello agli autori del reality “Il contratto”, che è anche un appello disperato e una dichiarazione di stato d’emergenza. Lavoratorio.it ogni giorno pubblica 250-300 inserzioni di un livello anche peggiore rispetto a quelle finora presentate dalla trasmissione. Ma per un portale di annunci è davvero difficile riuscire in tempo reale a convincere i propri inserzionisti a trasformarsi in persone civili. Ci riusciremo entro un paio d’anni, per ora dobbiamo adattarci.

    La trasmissione de La7, invece, prende in considerazione una sola inserzione alla settimana: c’è tutto il tempo per prendere l’annuncio che l’azienda vorrebbe pubblicare e sottoporlo alla propria nonna. “Nonna, secondo te, che lavoro propone questa azienda?”.

    Invito i presunti esperti di selezione del personale ad evitare ulteriori figure di cacca. Perché ogni supponenza ha un limite: prima di esprimere le loro eventuali considerazioni qui di seguito, si domandino se hanno mai frequentato un master o un corso universitario che insegni come si realizza il testo di un annuncio di lavoro. Più semplicemente, se abbiano mai dato un’occhiata al più elementare abecedario di comunicazione.
    Roberto Marabini
    Direttore di Lavoratorio.it

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