Dante Cruciani: Siamo uomini o consulenti?
Non so se avete presente quella pietra miliare di film che è “i soliti ignoti”. Inizia più o meno con un dialogo del genere:
« – Dimmi un po’ ragassolo, tu conosci un certo Mario che abita qua intorno?
– Qui de Mario ce ne so’ cento.
– Oh sì va bene, ma questo l’è uno che ruba…
– Sempre cento so’. »
E prosegue con altre decine di battute irresistibili. La regia è di Monicelli, il cast è esplosivo: Gassman, Mastroianni, Claudia Cardinale, Totò.
Proprio quest’ultimo, interpreta in una parte che è poco più di un cameo, il personaggio di Dante Cruciani, esperto di “cassaforti e tecniche di scassinaggio”.
Nella terza serata del CineManager, il cineforum manageriale di FiordiRisorse, abbiamo proiettato il film e poi discusso intorno alle possibili coincidenze fra questa banda del buco formata da personaggi irresistibili (Ferribotte, Capannelle..) e certe figure aziendali.
Prepotentemente e in maniera decisamente diffusa e condivisa, è emersa la figura di Dante Cruciani che un pò tutti abbiamo ravvisato nella moderna figura del “consulente”.
Nel film, Totò genericamente esperto di cassaforti (un pò di tutti i tipi), dopo aver impartito una serie di lezioni teoriche, supportato da strumenti multimediali piuttosto incerti, procura una cassetta di attrezzi visibilmente inadeguati (da una “sega che necessita di una buona lubrificazione”, a uno scappello “spuntato”, perchè tanto, “usandolo comunque si sbecca”), dopodichè, la sera prima del colpo, saluta tutti per raggiungere una vecchia zia, perchè “quando avviene uno scasso, il sottoscritto non è mai in loco. E’ una questione di prudenza!”
Al di là dell’ilarità della scena che vale la pena di essere vista, è veramente incredibile come questa figura abbia suscitato in tutti noi (molti dei quali, consulenti..) il paragone immediato.
E’ un problema di reputazione, di attrezzi del mestiere, o della nobile arte dell’arrangiarsi che in certe professioni sembra particolarmente ben rappresentata?
condivido abbastanza quanto emerso, non ero presente alla proiezione ma il film l’ho visto decine di volte.
Per rispondere alla domanda, direi che l’ arrangiarsi è il paradigma che più unisce il profilo del Cruciani a quello di tanti moderni Consulenti, con la differenza che il Cruciani era un freelance mentre oggi i Consulenti sono (almeno in prima battuta) società intermediarie, che lucrano – in modo non appropriato – sul lavoro di terzi (anch’essi detti Consulenti) senza assumersi alcun onere tipo auditing sulla attività del terzista, e naturalmente alcun rischio di impresa (ti pago se incasso). Sono quelli che vogliono una sostanziosa parte del malloppo, a fronte solo e soltanto di chiacchere.
perchè dovrebbe essere una o l’altra? La reputazione non è forse forse figlia dell’agire quotidiano che presuppone l’utilizzo di strumenti appropriati?
Lucio
L’arte dell’arrangiarsi mi sembra inevitabile, nel fare i consulenti, a meno che non si operi come consulenti in ambiti ben definiti e generalmente legati ad obblighi normativi: consulente del lavoro,consulente fiscale, consulente per l’implementazione della 231, consulente per la certificazione ISO 14001…
In tutti gli altri casi, si finisce inevitabilmente per cercare di adattare la propria proposta ai bisogni espressi o inespressi delle aziende con cui si collabora. Se si fa con la capacità di complementare le abilità e le lacune dell’imprenditore e dell’azienda, bene, buoni risultati per tutti. Se si fa solo per vendere qualcosa purchessia… prima o poi i nodi verranno al pettine e gli scalpelli sbeccati appariranno in tutta la loro inappropriatezza.
Comunque cercherò di tenere bene a mente il meraviglioso episodio di Dante Cruciani!
Giorgio Pellegrini
(tra l’altro) consulente
Il problema è che taluni di questi consulenti crescono bene, “si sporcano le mani” (nel senso buono del termine), vivono l’impresa, risolvono i problemi e sanno “insegnare” come farlo o almeno applicano il metodo maieutico, altri invece – i “consulenti” – crescono male, diventano “fenomeni” (che provengono da aziende nazionali dove hanno fatto carriera facendo finta di lavorare 12 ore al giorno) sulle spalle del prossimo, “si sporcano le mani” (nell’altro senso del termine), sopportano l’impresa (fin quando li paga) e creano problemi, tanti problemi che non risolveranno mai.
Dove sta il compromesso, il giusto mezzo, il valore aggiunto che ci si attende?
Sta nella competenza e nell’autorevolezza, ma sappiamo bene che con le chiacchiere il gioco delle tre carte funziona meglio!