Elogio di chi lavora con passione (ma non schiavizza i colleghi).
Non sono contro chi lavora tanto, e magari continua nel week-end e di notte, ma non condivido l’operato di chi impone queste pratiche ai colleghi come regola, ammazzando l’altrui passione ed impoverendo i propri collaboratori delle emozioni della vita “vera”, che sono la base della creatività. Senza passioni e tempo per coltivarle non si impara a sognare, e senza sogni non esiste creatività.
Chi priva i colleghi di tempo libero ne castra sogni, emozioni e sentimenti, e li priva dell’ingrediente fondamentale dell’economia contemporanea: la capacità di vedere il nuovo prima degli altri, per essere artefici del cambiamento.
In sintesi: chi fa lavorare troppo i propri dipendenti, fa il male loro, delle loro famiglie e della sua azienda.
Certe volte si lavora anche di notte: spinti dalla passione, dalla curiosità intellettuale, dalla tensione al nuovo. Non ci vedo nulla di male in questo comportamento, se non diventa la regola, il guscio protettivo dalla vita vera, in cui ci si rinchiude isolandosi.
Se ho impegni urgenti, mi capita di lavorare il sabato e la domenica notte, per stare con la famiglia di giorno. Non mi pesa, perché amo studiare e scrivere. Ma non pretendo che i miei colleghi mi imitino, non li costringo.
Ricordo l’amata Alda Merini, che scrisse: “I poeti lavorano di notte, quando il tempo non urge su di loro, quando termina il linciaggio delle ore”. Di notte nessuno ci scoccia, e torniamo padroni del nostro tempo. Ogni tanto si può fare, come eccezione. Quante poesie mi dettò Alda a telefono, verso mezzanotte, quando non riusciva a dormire, e sentiva l’urgenza di scrivere!
Spesso si lavora per fame di conoscenza, gusto della sfida, desiderio di conseguire l’obiettivo. Questa situazione l’ho riscontrata in molti imprenditori, innovatori, artisti, ed in molte persone che sono felici e non sentono il peso del loro impegno: si sentono sempre in vacanza.
Beethoven metteva diversi orinatoi vicino al tavolo di lavoro e, quando l’ispirazione lo prendeva, non smetteva di comporre anche per 24 ore di seguito, per non perdere lo slancio creativo. Poi crollava sul letto vicino al tavolo, dimenticandosi di svuotarli. Si narra che, se entrando in casa sua si sentiva tanta puzza, il Maestro aveva appena partorito un capolavoro.
Non c’è nulla di male nel dedicarsi al lavoro con passione. Anzi: passione ed amore sono il carburante dell’anima. Ma è male imporre agli altri la propria volontà, il proprio stile di vita, terrorizzandoli se non ti rispondono di sabato e domenica, ricattandoli sulla carriera o addirittura paventando il loro licenziamento, se non mettono la propria vita a disposizione della loro azienda (o dei loro capi!).
Ribadisco ciò che ho scritto nel post “Non pretendete che i colleghi vi rispondano durante week-end e ferie” su Panorama.it: non è la quantità di lavoro che fa la differenza, è la qualità, che spesso cresce se si dispone di tempo libero.
Non a caso, i grandi artisti possono consumarsi, lavorando senza sosta per creare ciò che desiderano, ma sanno essere maestri di ozio creativo: la capacità di sospendere la propria attività, per nutrirsi di stimoli dissonanti, quelli che ispirano le idee veramente nuove.
Perché solo avendo la forza di alzare lo sguardo si può ammirare la smisurata bellezza del cielo stellato.
Già, anche io amo lavorare di notte, un momento del giorno in cui vengono fuori i miei “piccoli capolavori”. E cerco di non mandare le email alle 4AM, per non essere visto male. 🙂 il lavoro notturno può essere motivato da passione, da urgenza, anche da operatività malgestita. Ecco perché soprattutto un manager, non può pretendere di dilagare troppo dagli orari di lavoro, perché dimostra di non avere il controllo:
– del rispetto
– del tempo
– della bellezza
–
Sono perfettamente d’accordo e non soltanto per le e-mail ma anche per l’uso indiscriminato del telefonino, in quanto sei sempre connesso e disturbabile: quando posso io chiamo clienti e collaboratori solo con il telefono fisso e, comunque, negli orari dedicati al lavoro.
Gianni Cuppini
Prima di tutto non deve essere un’opzione personale “psicotica” che vada a scapito di colleghi, collaboratori e familiari.
Inoltre deve avere carattere episodico ( o transitorio) e non sistematico.
La mia esperienza diretta, in passato, mi portava a privilegiare le ore prima dell’alba – appena alzato – sia da studente che in 2 brevi e diversi passaggi professionali. Telefoni “muti” e massima produttività.
concordo con ciò che avete scritto sul fatto che il lavorare di notte deve essere eccezione e non regola e non deve essere a discapito degli altri! ed aggiungo che venerdì scorso sono finito in pronto soccorso con fibrillazione atriale (rischiando la vita) dopo che per circa un mese dormivo tre ore a notte!!! ma non sempre e non solo per lavorare: scrivo poesie, racconti, testi per teatro, gioco ai videogiochi, leggo romanzi, e non ho mai sufficiente tempo. questo ha fatto sì che dormissi poco PER TROPPO TEMPO! e questo è sbagliato: si rischia la MORTE!!! saluti e grazie per i commenti. se vi è piaciuto questo articolo vi segnalo anche questo http://blog.panorama.it/ornitorinco/2013/09/12/un-top-manager-che-rimane-in-azienda-14-ore-al-giorno-e-socialmente-pericoloso-e-distrugge-valore-d%E2%80%99impresa/
Bell’articolo su un interessante argomento.
La versione 2.0 del manager descritto prevede che si appaia sempre super impegnati e super affaticati. E ci si lamenti dei tanti progetti/lavori/incombenze che sono super importanti e concentrati nel tempo (tutto l’anno possibilmente). Peccato che non si riesca a rispondere alla domanda: “importanti per chi?”