IO MI SONO STUFATO …… E VOI ?
Devo ammetterlo, da qualche giorno a questa parte sento scorrere in me un certo non so che, una vis polemica che necessita di trovare uno sfogo, una via d’uscita…… voglio quindi farvi partecipe di alcuni miei spunti di riflessione.
Parliamo del lavoro, dei suoi ritmi, del suo essere cosi…..alienante; ogni giorno le persone vanno a lavorare e.. sprecano il proprio tempo, lo fanno perdere all’azienda e si rovinano la vita per un sistema che si fonda su presupposti che nell’economia globale attuale non hanno più nessun valore.
Bene, tutti noi andiamo a lavorare e diamo tutti ciò che abbiamo, ma in cambio veniamo trattati come dei fanciulli che se non sorvegliati alla prima occasione combinano un pasticcio.
Andiamo a lavorare e vediamo persone incapaci che vengono promosse solo perchè sanno entrare nella sfera di influenza di chi conta in azienda.
Andiamo a lavorare e vediamo persone di talento assolutamente competenti e produttive, ma penalizzate perchè hanno bambini, perchè non sposano la policy aziendale al 100%, perchè magari si “permettono” di dissentire, o solo semplicemente perchè sono un poco diverse dalla massa.
Andiamo a lavorare nell’era dell’informazione ma in sostanza la natura del luogo fisico è la medesima dell’era industriale.
Ma sopratutto, accettiamo tali regole anche se sappiamo non hanno senso.
Ma allora perchè le cose non cambiano ?
forse perchè diamo per scontato che lavorare sia una cosa ingrata ?
o forse perchè il nostro condizionamento inconscio inculcatoci fin dalla tenera età ci porta a pensare che il lavoro sia una attività sterile ?
o forse perchè nessuno ha proposto una valida alternativa ?
Per alcuni la soluzione può essere trovata nell’utilizzo di un orario di alvoro flessibile, in un miglior equilibro tra vita pubblica e vita privata, per altri potrebbe essere quella di non “saltare più la riunione del luendi mattina” o passare il sabato e la domenica a mangiare per recuperare tutti i pasti saltati durante la settimana.
Personalmente trovo tali rimedi solo dei palliativi, l’unica soluzione è quella di cambiare le regole del gioco, il fine deve essere quello di recuperare la propria dignità, recuperare il proprio tempo, recuperare la propria vita.
E se davvero sarà possibile attuare tutto questo, se riusciremo a riappropiarci del nostro tempo, del nostro lavoro, a vivere come delle persone libere allora la domanda che potremmo porci quel giorno potrà essere “come posso dare il mio contributo oggi? cosa posso fare per portare un beneficio alla mia famiglia alla mia azienda ed a me stesso ?”
Cambiare non sarà facile; non potremmo pretendere dagli altri il cambiamento se prima la trasformazione non avverrà dentro di noi.
bel soggetto, luca! sono perfattemente daccordo con te, e mi vien da pensare a un vecchio film (oggi sono cinefilo) che parlava di homeless per scelta; di gente che si era voluta liberare (forse in maniera un pò troppo drastica) di tutti i condizionamenti, gli obblighi e le frustrazioni che “la vita moderna” ci ha buttato sulle spalle, facendoci diventare: “gli schiavi del terzo millennio”….
francesco bertellini
Caro Luca,
il tuo è proprio un sfogo, sei tu che lo definisci così ma non potrebbe chiamarsi in altro modo, lo è eccome!
Penso che tutti siano d’accordo con quello che tu dici e, anche se occorrerebbe mantenere un certo distacco, inevitabilmente ognuno porta dentro la discussione la sua personale esperienza, nel mio caso un po’ da “persecutore” e un po’ da “perseguitato”.
E’ chiaro che il mondo ideale vorrebbe un lavoro appagante che ti lasciasse lo spazio fisico, temporale e mentale per coltivare gli interessi e vivere fino in fondo la famiglia, i figli, ecc. ecc.
Invece viviamo in un mondo reale che ci porta ad “accontentarci” dei compromessi, il cui grado di accettabilità dipende da noi ma anche inevitabilmente dagli altri: famiglia e società.
E’ una rivoluzione quella che proponi?
E’ un nuovo modello di vita?
Dacci la soluzione perché io, ancora non l’ho trovata anche se ho cambiato recentemente il grado di accettabilità del compromesso.
Per cui forse, temporaneamente, la soluzione potrebbe proprio essere questa: cambiamo il nostro personale grado di compromesso, abbassiamo la nostra di asticelle!
Salve a tutti, queste sono le parole di un mio carissimo amico che sta passando un momento difficile:
“la mia vita è sempre più un inferno. NON HO PIU’ TEMPO PER ME. Sono appena tornato dal lavoro (uscito di casa alle 05.30 stamattina – SEMPRE !). Lavoro 7 gg. su 7 da 10 a 12 ore al giorno. Stipendio tagliato del 30% ! Guadagno meno di un extracomunitario ma devo mantenere i lussi della mia famiglia … Non riesco più a VIVERE !!! Dovrò cambiare vita, per forza di cose”
Direi che è emblematico…….
La mia risposta?
Risposte non ne ho ho solo la mia vita da raccontare, non so se basta…
Ci sono cose nella vita che hanno un costo ed un prezzo.
Meglio ancora ci sono scelte nella vita che al momento in cui le fai richiedono di assurmersi completamente le conseguenze e gli effetti che portano magari in altri settori della tua esistenza. E’ a tutti gli effetti una banale analisi costi benefici che è chiara veramente solo al momento in cui quelle scelte le hai fatte veramente e gli effetti sono quanto mai evidenti.
La mia vita è costellata di scelte “pesanti” nel senso che per seguire ciò che per me era vitale (i miei valori di fondo, il mio senso del giusto relativo e non assoluto) mi sono accollata l’onere delle conseguenze, conseguenze che ad oggi sono molto molto evidenti tenendo conto della situazione che stiamo vivendo.
Io non amo fare troppe macro analisi sociali perchè poi alla fine della fiera ciò che tu puoi cambiare nel mondo passa attraverso le tue micro scelte. Queste quindi vi racconto.
Ho impostato la mia vita su bassi consumi per non avere bisogno di svendermi professionalmente per potermi comprare il superfluo (conseguenza…. certe cose ho deciso di non volermere permettere e non le ho,punto e basta, sopravvivo benissimo)
Ho deciso di vivere in campagna a contatto con natura ed animali (conseguenza…. nel mio biglietto da visita non è citata una metropoli ma una tenuta nella maremma toscana, fa meno brand? non so, altra conseguenza quando mi devo muovere in giro per l’Italia i disagi non sono pochi, ma quando rientro…..quello che trovo lo so solo io, un paradiso)
Ho deciso di non accettare incarichi istituzionali in associazioni anche prestigiose per poter mantenere la mia libertà di pensiero e movimento (conseguenza la mia credibilità deve giocarsi su altri paramenti)
Ho deciso di non lavorare dentro un’azienda, ma di provare a portare avanti una mia azienda, dove mettere valori, contenuti, coerenze, senso (conseguenze……una fatica bestiale, rischio continuo, incertezza costante, paletti fissi zero)
Ho deciso di vivere sola, il mio compagno sta in un’altra città, ho fatto una scelta che per molti è comoda (no famiglia) e che per me è solo coerente con il mio essere così (conseguenze……costi più alti anche economici, dover affrontare molto da sola)
Insomma ci sono tante cose nella vita e nel lavoro che non ci piacciono che vorremmo cambiare ma credo che la cosa più importante sia chiarirsi dentro ciò che per ognuno di noi è importante (i nostri fari) e tradurre poi coerentemente scelte e comportamenti, anche con comportamenti che richiedono coraggio e saper dire di no.
Il resto del mondo spesso viaggerà diversamente? probabile. Non lo possiamo cambiare direttamente ma solo attraverso il nostro esempio e non mi sembra poco affatto
E brava Daniela. Concordo in pieno.
Anche se già sento i soliti commenti alla “non tutti sono tagliati per fare il consulente”…
Cambiare il sistema non si può, almeno non da soli, ma si può decidere di non subirlo – certo, non subirne le angherie, ma neanche le belle comodità.
Però non c’è bisogno di scegliere la consulenza. Si può decidere di non lavorare in organizzazioni alienanti, magari passando in piccole realtà, o in attività completamente diverse. Ne può guadagnare la qualità del lavoro, ma magari si guadagna di meno, si ha meno sicurezze, ci si deve mettere in gioco su nuovi campi.
E si può decidere di evitare logiche di potere, ma magari si rinuncia così anche alla carriera…. è la logica che non ci piace o il fatto che in questo momento non “gira” nella nostra direzione?
E si può decidere di non lavorare con chi non ci piace, o non condivide i nostri valori… peccato che questo significhi magari cambiare lavoro, o rinunciare a clienti…
Tutto ha un prezzo.Di certo ce l’ha la qualità del lavoro.
Possiamo provare a cambiare le cose dal basso, ma non è con la frustrazione che ci riusciremo. Forse occorre cominciare, come suggerisce Daniela, a farsi le idee chiare sulle cose cui proprio non vogliamo rinunciare, e quelle che invece vogliamo toglierci di torno davvero.
Ma la botte piena e la moglie ubriaca… difficile, difficilissimo.
I diritti ci sembrano inalienabili, i costi relativi (più che i doveri!) insopportabili.
Buon weekend (per chi riuscirà ad averlo…)