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Niente lavoro ai brutti? Linee di approfondimento di alcuni stereotipi

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Leggo su qualche giornale che “gli orientamenti al voto dei più giovani, la fascia più colpita e non solo oggi nella ricerca di un lavoro, stanno cambiando a seguito di recenti polemiche su carriera ed aspetto fisico”.
Non m’interessano qui quelle polemiche. Del resto, un recente e molto serio sondaggio effettuato da una delle Associazioni professionali HR italiane, ha voluto verificare un’eventuale correlazione fra altezza e probabilità di carriera. Mi dicono che ricerche simili sono state condotte anche nei paesi anglosassoni.
Mi documento e scopro altre ricerche di questo tipo. Ad esempio: gli obesi con carica di CEO sono sotto rappresentati? Essere una bella donna facilita la carriera nelle grosse aziende?
Sono solo alcune delle tematiche che sono state affrontate in questo tipo di studi.

Infine, personalmente mi è accaduto, in occasione di un colloquio di selezione, di percepire chiaramente uno sguardo di valutazione rivolto alle mie scarpe. Un fantastico paio di mocassini divenuti vintage grazie a qualità e robustezza di materiali e fattura.

Insomma, posso permettermi di dubitare che “dove c’e’ fumo, non ci sia anche l’arrosto”?

Così ho sollecitato professionisti e colleghi a confrontarsi sul tema, in alcuni gruppi di discussione di un social network, con caratteristiche professionali abbastanza marcate e con elevata presenza di operatori HR.
La domanda che ho posto è stata:

<<secondo le esperienze che avete avuto (dirette o indirette), per posizioni manageriali per cui la competenza tecnica non sia un requisito predominante (diciamo meno del 20% del profilo), quanto hanno contato in percentuale le competenze manageriali rispetto all’aspetto fisico (compreso il “modo di vestire”)?>>

Nessuno ha risposto che l’aspetto fisico non ha alcuna importanza. Molti hanno borbottato che non dovrebbe averne. O comunque dovrebbe averne poca, confidando nella professionalità dei selezionatori, ecc, ecc.
Altri si sono spinti a dire che il bel aspetto, sebbene non pertinente coi profili ricercati (salvo lavori particolari ovviamente), tuttavia “non guasta”.
Chi si è spinto a quantificare questo “plus-che-non-guasta”, ha sparato un 20% (accidenti ! Chissà se fosse stato un fattore rilevante).

Insomma i soliti luoghi comuni.
Il bel aspetto non è determinante, naturale, ma non guasta.
E che male c’e’. Nelle valutazioni entrano anche fattori inconsci che nulla hanno a che fare con la pura utilità o funzionalità, ma siamo pur sempre uomini e donne, con le nostre debolezze.
Chi non ha mai fatto un’osservazione impertinente e fuor di contesto su candidato/a piacenti e cosi via.

Però tutto questo buon senso e questa tolleranza per le debolezze umane (anche in faccende più serie, ahimè) spesso non ci permette di avvicinarci al cuore del problema, di averne una lucida comprensione.

Forse, nel nostro tipo di cultura, siamo più portati a “giustificare” la fascinazione per il dato esteriore? Non a caso siamo il paese con la tradizione artistica ed estetica fra le più antiche del mondo! E’ solo un esempio, ma se fosse questo il razionale predominante (“noi italiani abbiamo una visione del mondo in cui predomina l’estetica sulla funzionalità”), quante conseguenze utili ed interessanti potremmo trarne, in molti campi. Potremmo addirittura porci l’obiettivo di aiutare il resto del mondo a comprendere “il limite dell’utile” in una concezione capitalistica veramente moderna!

Quindi, per carità, giustifichiamo pure. Però sarebbe <<cooosì interessante>> se, chi concorda anche solo in parte con l’affermazione che questo tipo di fascinazione ha un valore di utilità nelle aziende, ci aiutatasse a comprenderne i razionali.
E’ così è stato, per fortuna. Poco a poco, i misteriosi razionali sono emersi dalla discussione.

Grazie allo sforzo delle community di cui abbiamo detto, possiamo condividere una lista, significativa per quanto preliminare, dei Razionali che sembrano giustificare la predilezione di un interlocutore di bell’aspetto in contesti aziendali (scelta di un candidato, promozioni, ecc.):

Il bell’aspetto è uno strumento retorico, rende più efficace la comunicazione manageriale;

Il bell’aspetto è un complemento d’arredo, indica una voluta attenzione alla cura del contesto lavorativo, come si fa per arredi, colori e luce, piante, pulizia dei servizi ecc. A beneficio di tutti coloro che interagiscono con l’azienda;

Il bell’aspetto è correlato con lo stato di salute del collaboratore, quindi aiuta a ridurre i costi aziendali in materia di assistenza sanitaria, assicurazioni, sostituzione per malattia;

Il bell’aspetto è una misura dell’engagement, indica che il collaboratore si impegnerà per essere ben valutato;

Il bell’aspetto contribuisce al benessere del capo, e qui non c’e’ altro da aggiungere;

Il giudizio estetico è soggettivo e quindi genera diversity;

La simulazione del bell’aspetto è una truffa ai danni dell’azienda.

A ben guardare, i Razionali individuati sono correlati ad aspetti della disciplina HR di tutto rispetto:
Leadership (1), Stakeholder Focus (2), Benefit optimization (assicurazioni ed assist. sanitaria) (3), Engagement (4), Benessere organizzativo (5), Diversity Management (6), Etica e Comportamento Organizzativo (7).

Lasciando alle vostre interpretazioni l’individuazione di altre aree di utilità dei risultati di questa ricerca, provo ad evidenziare come essa potrebbe portare un certo beneficio alle discipline HR citate sopra. Ad esempio, i Razionali che sono emersi potrebbero essere utilizzati per un riesame delle prassi in essere e per una più equilibrata considerazione del fattore estetico. A questo proposito, suggerisco una piccola guida alla riflessione con le slide che seguono.
L’approfondimento rimane aperto. Nuovi stimoli e contributi saranno i benvenuti.

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7 Commenti

  1. Nel mio recente passato di consulente, ricordo di aver stilato una mia personale classifica delle bellezze incontrate nelle varie aziende presso le quali ho avuto modo di operare.
    Sarà stata una coincidenza, ma devo ammettere che nel fashion e nella telefonia mobile di brutti nemmeno l’ombra…
    Non siamo ipocriti. Altrimenti non chiederebbero di allegare / inserire la fotografia sul CV. In molte circostanze, il primo filtro “passa – nonpassa” si basa proprio su quella foto. Quindi tutti belli, abbronzati e sorridenti ;-))

  2. Le persone si comportano sempre in base al proprio sistema di valori personali. E’ l’intensità di questo comportamento che può cambiare in relazione alla circostanza in cui si trovano.
    Senza andare troppo lontano: osservate il modo di ordinare il caffé a Firenze rispetto ad altre città. Quasi nessuno dice “un caffé”. La personalizzazione “Macchiato caldo in tazza grande”; “cappuccino tiepido senza schiuma” ecc… è esattamente come indossare scarpe di un certo tipo. Quando sappiamo di essere osservati il nostro comportamento cambia. E quindi cerchiamo di individuarci o distinguerci rispetto agli altri
    Io ritengo che le scarpe siano importanti non in quanto tali, ma in relazione alla pertinenza alla circostanza e, soprattutto, a quanto da questa scelta il “candidato” (siamo tutti, sempre, a nostro modo candidati) si fa condizionare.
    In questo senso scelte estreme (Gessato e gemelli) possono rassicurare chi le fa per la loro non equivocità, na non possono essere giudicate in sé.
    Ma veniamo a esempi più vicini: avete provato ad osservare il modo di partecipare agli eventi FDR? A partire dal modo di vestirsi per arrivare alla postura fisica all’aperitivo e poi al buffet.
    Ce n’è di materia su cui riflettere. E occhio al prossimo che ci viene con i gemelli…
    Io non conosco manuali. Sono solo un osservatore, attento quanto possibile.
    Per questo ho molto apprezzato il tem building in cucina. Perché ci ha messo addosso un gembiule che ha omogeneizzato l’abbigliamento e quindi “messo a nudo” il modo di essere delle persone.
    Certo non sempre è possibile chiedere ad un candidato di cucinare qualcosa per noi.
    Non conosco testi tecnici, ma ho trovato illuminante “limmortalità” di Milan Kundera. Di valore generale e per questo consigliabile a tutti. Più o meno interessati alla materia.
    Un saluto,

    Luigi

  3. Bella provocazione questa….provo a rispondere anche io….
    Come è chiaro a tutti, oggi viviamo in una società dove l’aspetto fisico, conta eccome se conta, e l’aspetto cervello ( intelligenza, capacità etc) viene messo spesso in 3 piano….E’ vero che ad oggi le letteronze o le veline sembrano andare molto di moda, ma è vero anche che qualcuna di loro, dice essere una studentessa o una laureata di tutto rispetto. E’ vero anche che se accendi la TV e guardi quei “meravigliosi reality”, dentro regna una grande bellezza fisica, ma una scarsità di cervello immensa. Ma entrando in ambito professionale, credo che la cosa cambi un pochino, non dico tanto, ma un pochino.L’aspetto fisico continua ad essere un buon biglietto da visita durante un colloquio, e spesso possiamo anche dire che chi viene a fare il colloquio, fa in modo che chi è dall’altra parte lo noti; però non scordiamoci che siamo assunti per lavorare, non per fare la sfilata la mattina, anche paradossalmente, in una casa di moda !!!
    Personalmente credo che un buon selezionatore, o un buon Hr Manager debba assumere persone con competenze specifiche per quella determinata posizione, poi vale tutto il resto..Ho spesso sentito dire la frase: “E’ molto in gamba, proviene da quella tale azienda ed in più è un “bel vedere” ! E’ logico che se anche l’occhio ha la sua parte, il tutto è sempre più gradevole.
    Per quanto mi riguarda, durante i colloqui di selezione a me colpiscono di più determinati atteggiamenti fisici dei candidati, che il loro fisico, ad esempio la stretta di mano, la posizione delle braccia e delle gambe, il reagire ad una domanda un po’ bastarda…. A me è capitato di fare colloqui a persone vestite in jeans e scarpe da tennis, veramente in gamba e persone vestite con abito o tailleur che non avevano assolutamente le qualità adatte al ruolo che ricercavo.O anche viceversa direi.
    Non ho mai fatto HR, per quanto abbia sempre avuto una passione verso di esse, ma mi hanno sempre insegnato che la scelta di un candidato sbagliato per una determinata posizione è come un investimento sbagliato, reca danni, per cui mi auguro che ” l’abito non faccia la posizione, senza competenze”.
    Un saluto
    Ila

  4. Quando mi capita di fare colloqui più che alla bellezza in sè mi chiedo la congruenza rispetto al colloquio.
    interpreto la cura personale nel vestirsi e nel porsi verso l’interlocutore come un elemento da valutare, un segno di rispetto e attenzione reciproco; ma valuto negativamente il gessato con camicia gemellata e orlogio d’oro, così come la fotografia in costume sul CV.
    Sì, osservo le scarpe, specchio dell’anima. E posso continuare per altri diversi capi d’abbigliamento, ma troverete una lettura sicuramente più interessante nel testo di Flugel “psicologia dell’abbigliamento”, scritto negli anni ’20 ma ancora attualissimo.
    Andando alla morfologia personale, osservo se la persona è dominata dalla propria estetica come forma di promozione, se la sa utilizzare o semplicemente se sembra convivere bene con il proprio aspetto fisico. Trovo molto interessanti le persone che sanno dimostrare una buona convivenza con il proprio corpo, qualunque forma abbia. Credo che dica molto di più un “tipo” con carattere di un bellone indeciso, come avete già avuto modo di sottolineare.
    Vi confesso, anche se non è un gran segreto, che un metodo rapido di valutazione che utilizzo da anni è quello di immaginarmi come potrebbe essere la persona che ho davanti a letto (e non intendo mentre dorme …). Oltre a rendermi evidenti eventuali miei pregiudizi credo che evidenzi che, sì, l’aspetto fisico è importante, ma forse non come Domenico immaginava con una connotazione in negativo.

  5. Arriva la telefonata: prossima settimana la vorremmo incontrare…ok, perfetto..e la mente incominca a macinare, chissà cosa mi possono proporre, chissà cosa mi domanderanno, come potrei presentarmi? La sera prima parte la preparazione, fuori l’asse da stiro, via con la camica più seria e forse fortunata, via al pantalone più bello, si cerca la cravatta in tono e si mette a rinfrescare un po’ la giacca. Oddio e le scarpe, corri a prendere le scarpe e provvedi a passarle sotto il lucido. La mattina ti alzi e via con la rasatura della barba a “culo di bambino” (scusate l’espressione) e poi vestizione. Arriva al colloquio e stai attento a come stringi la mano, stai attendo a sederti solo dopo il “prego” dell’nterlocutore e cerchi di non fallire nemmeno una mossa.

    E’ tutto ridicolo quello che ho scritto? O può essere anche vero? Quante discussioni sull’aspetto ai colloquio che ho fatto con i miei amici. Alla fine credo che l’aspetto sia considerato tantissimo ma cerco sempre di raccogliere dentro me stesso un’altra sfida: cercare di dimostrare comunque vada quello che posso dare…anche se magari da non perfetta “stiratrice” ho sbagliato la piega sulla manica della camicia!

  6. Per quel che mi riguarda credo che le posizioni manageriali di alto livello debbano essere sostanzialmente selezionate, oltre che per le skill tecniche e per le doti di leadership e visione strategica, per la capacità di “far succedere le cose” e la sintonia con la “cultura aziendale” attesa per domani, in altri termini la reale capacità di spingere “oltre ed altrove” l’organizzazione, cioè le persone, con la testa e con il cuore, soprattutto nei periodi di stress e d’incertezza.
    Spesso il rischio invece è che si cerchino “cloni” conformi allo status attuale, assolutamente non idonei allo scopo..

    Ancor più in generale, siamo disposti ad approcci non convenzionali?
    In proposito provate a vedere questo:
    http://www.youtube.com/watch?v=yZsL9mGkMHE
    Che ne pensate?

  7. Indipendentemente dal vestiario è noto, con diversi studi, che le persone di aspetto gradevole fanno più facilmente carriera. E’ un dato oggettivo. Un esempio lo trovate qua www2.gsu.edu/~ecorap/research/Independent_UK_Article_Aug122007.pdf

    Il fatto di essere belli agevola le relazioni anche perchè sono le altre persone che amano relazionarsi con “belle persone”. Se però si è troppo belli questo (per me) può creare un problema di “adorazione del bello”.

    Inoltre possiamo valutare il vissuto e la costruzione dell’autostima.

    Posso ipotizzare che un bambino gradevole in un ambiente sano sviluppi un buon livello di autostima riguardo il suo fattore fisico (e solo su quello, gli altri fattori sono messi in gioco ovviamente). Alle persone meno belle invece possono capitare altre situazioni tra le quali mi viene in mente:
    1- un basso livello di autostima rispetto al fisico (perchè l’autostima è influenzata anche dalle altre persone)
    2- un senso di rivalsa rispetto alla propria condizione che crea un eccessivo livello di competizione e la ricerca della stima degli altri a tutti i costi (sono numerevoli gli uomini di successo bassi o con problemi fisici estremamente competitivi)

    Quello che può fare la persona è trovare il proprio “posizionamento” (come si direbbe in marketing) ma su questo vi lascio alla meravigliosa e bravissima Ludovica varvelli con i suoi favolosi libri.

    Ciao
    Andrea

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