Paola Terreni : a Prato, Confcommercio monìtora i ricambi generazionali.
FdR: Iniziamo con una breve descrizione di come si diventa Paola Terreni.
PT: Nasco a Milano nel 1978. Dopo aver conseguito una laurea in Giurisprudenza e continuato il mio percorso con un Master in HR Management, mi butto nel mondo del personale prima con una società di consulenza aziendale, poi all’interno di una multinazionale leader nel settore ascensoristico. Infine approdo in Toscana, dove sono attualmente Responsabile dell’ area lavoro di Confcommercio Prato.
FdR: Come si inserisce Confcommercio nel tessuto imprenditoriale pratese?
PT: A Prato contiamo circa 2500 soci, con una crescita esponenziale negli ultimi dieci anni. I nostri soci appartengono ai settori più diversi; tra i più significativi possiamo annoverare albergatori, ristoratori, bar, attività commerciali, negozi, ma anche aziende artigianali, industriali e della grande distribuzione. All’interno invece della Confcommercio Prato si contano circa 35 dipendenti; lo sportello che dirigo è trasversale, nel senso che è uno strumento di orientamento al lavoro, intermediazione fra domanda ed offerta fra associati e profili specialistici, e poi opera in parte come ufficio del personale interno a Confcommercio. Inoltre all’area lavoro fanno capo gli enti bilaterali, la loro organizzazione e i rapporti con le organizzazioni sindacali.
FdR: Che tipo di attività garantite ai vostri associati?
PT: Confcommercio garantisce vari servizi, tra cui spiccano l’assistenza contabile e fiscale, l’assistenza sindacale, i servizi inerenti alla ampia area del lavoro, l’assistenza alle imprese e vari altri servizi tra cui la formazione, sia obbligatoria che finanziata e privata. Curiamo poi i rapporti con le scuole, aspetto molto importante rappresentando gli studenti il futuro. Per quanto mi riguarda, tra l’altro, mi occupo personalmente degli enti bilaterali e delle Commissione paritetiche e di Conciliazione.
FdR: Come sei approdata a questa professione?
PT: Come accennavo prima, la mia esperienza professionale nasce nel mondo della consulenza e dalla selezione del personale. Sono poi passata da KONE, multinazionale che si occupa di progettazione, costruzione, vendita, installazione e manutenzione di impianti elettrici., esperienza che mi ha permesso di approfondire l’esperienza HR a vari livelli. Il matrimonio mi ha portato a trasferirmi a vivere in Toscana, dove ho deciso di accettare una nuova sfida in un settore particolare, quello delle associazioni di categoria.
FdR: ..con un Pratese…
PT: No, con un Bergamasco ! Insieme abbiamo deciso di trasferirci in Toscana. Qui mi sono ributtata attivamente sul mercato del lavoro e sono approdata in Confcommercio.
FdR: nella tua esperienza lavorativa e in particolar modo per il contesto in cui operi, quali sono i canali di reclutamento che ritieni più idonei per la tipologia di profili che ricerca Confcommercio?
PT: Se devo fare riferimento alla mia esperienza, per i profili più tecnici o per gli impiegati generici, mi affido alle scuole, quando si tratta di profili junior, oppure ricorro ai classici annunci sui giornali e alla nostra banca dati interna. Nell’esperienza precedente mi sono affidata, soprattutto per profili più qualificati all’head hunting. Non sempre le inserzioni mi hanno dato il riscontro sperato, anche perché siamo in un momento in cui c’è molta domanda e poca offerta da parte delle aziende. Il vantaggio dell’utilizzo dell’head hunting è fondamentale quando si fa una ricerca di professionalità di un certo livello, e soprattutto se si vuole avere il meglio che c’è sulla piazza.
FdR: Confcommercio come sta affrontando questo momento economico?
PT: Con una forte presa di coscienza e rimboccandosi le mani. Inutile limitarsi a dire che c’è la crisi e poi non gestirla attivamente. I momenti di crisi generano sempre difficoltà e, a volte, anche resistenza al cambiamento. Personalmente, rilevo come in Toscana, rispetto alla mia regione di origine, manchino quei ruoli più strettamente gestionali che possano fare da ponte tra la direzione ed i ruoli più operativi. In poche parole trovo che in molte aziende, soprattutto quelle medio-piccole, ci sia un forte divario tra “padrone e operai”. Infine, un’altra problematica attuale è legata alla mancanza di un cambio generazionale che possa garantire continuità. Spesso l’imprenditore deve vendere, perché non ci sono eredi a cui lasciare l’attività. In questo modo si perde un patrimonio di conoscenze, si rischia di non dare continuità al prodotto, e vedere i processi fondamentali cambiare.
FdR: IL ricambio generazionale è una tematica che sta suscitando sempre più frequentemente anche un grosso malessere nei dipendenti di quelle aziende, che si trovano di fronte a passaggi di consegne spesso molto differenti fra padri e figli.
PT: Ci sono vari tipi di ricambio generazionale, ma nel mercato italiano se ne possono evidenziare due in particolare: da una parte i padri che hanno cresciuto i propri figli in azienda e quindi riescono a garantire la continuità. Anzi spesso il figlio riesce ad apportare un metodo innovativo e più moderno, senza snaturare l’azienda. Altre volte invece i figli subentrano senza dare un proprio valore aggiunto, quasi prendendo le distanze dal modo di gestire del padre. In questo caso succede che i dipendenti non riescano a riconoscersi nel nuovo stile manageriale, abituati ad un rapporto diretto con il titolare che spesso sfociava nella familiarità. In questo caso l’azienda rischia di perdere le competenze dei propri dipendenti.
FdR: per concludere, chiediamo sempre un suggerimento letterario o una pratica formativa..
PT: Io penso che, per chi opera nel grande mondo dell’HR, sia fondamentale tenersi sempre informato e aggiornato anche su i nuovi cambiamenti legislativi, attraverso corsi, seminari di approfondimento e soprattutto leggendo molto. Altresì importante è il confronto con operato