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Un luogo incerto

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Lavoro da dovunque, tra il dire e il fare.

“Ti trovi diretta negli occhi questa luce, è l’occhio di bue che improvvisamente illumina il tuo palcoscenico professionale, la tua nicchia da dipendente con ufficio al seguito che va avanti da 30 anni, che si è evoluta semplificandosi con una certa complessità da quando la tecnologia digitale ha invaso e catalizzato il mondo reale. Sei diventato cool, un trend. Non sei più il solo. D’un tratto il territorio, questo metro di misura di location e performance, di pregiudizi e conquiste, che ha guidato o annichilito migliaia di strategie non è più fatto di terra, inamovibile, controllabile. Improvvisamente il territorio è ovunque. Dovunque.”

Lasciamo da parte il popolo dei free-lancer, gli imprenditori di se stessi, i professionisti e tutti coloro che già contrattualizzano obiettivi e risultati: il cosa, il come, il quando e il quanto ma non certo il dove.

È il mio dipendente. È lui che chiede di essere indipendente.

Di muoversi dalla sua sedia, lontano dall’abbraccio aziendale.

Con che diritto, di grazia? E dov’è la riconoscenza?

Fino a ieri ha preteso un ufficio illuminato con lampade rispettose del ritmo circadiano, colori adatti al mantenimento di un umore positivo, sedia ergonomica e postazione anti tunnel carpale e cecità precoce. Pause e ticket restaurant garantiti.

Mica si è battuto per modificare la situazione. Anzi l’ha arredata! Con tisane e bollitore.

Dai, non ci pensava proprio.

Lo so che guardava di traverso i nomadi commerciali, intimamente convinto che si godano la vita da sempre, tra aerei e ristoranti, eventi e viaggi incentive. Salvo poi affrontare l’unica trasferta annuale di due giorni con una scorta di valeriana e senza mai superare i 100 km/h in autostrada.

Non se ne parla.

Ho costruito una sede bellissima, nuova, anche per lui. Una sede da vero headquarter aziendale mica un coworking.

E poi servono competenze specifiche.

E per tutti i dipendenti, oltre che per lui. Dovrei formare tutto l’organico a lavorare in assenza della presenza, insegnargli la pianificazione comune, a lavorare per obiettivi, a condividere agende e organizzare in anticipo riunioni efficaci. Dovrei sostituire linee gerarchiche e silos organizzativi coi team e le reti.

Dovrei (uni)formare tutti i dirigenti. Una nuova cultura, più fiducia e meno controllo, fare gruppo, utilizzare le stesse tecnologie che usa il mio aspirante indipendente e non indispettirsi se si parte da una email e si finisce su WhatsApp o nei DM di Instagram. Con tante emoji rassicuranti per il mood. Imparare a sostenere, guidare, orientare. E se si oppongono? Sostituirli, incertezza, discontinuità. Ricambio, aria nuova.

No, è fuori discussione.

E poi bisognerebbe avere un’infrastruttura digitale di quelle serie, una specie di assistenza interna, che non lo lasci a piedi quando è “dovunque”. E competenze digitali vere per tutti, per lui, perché non chiami alla prima difficoltà con il tono da panico irato ché si è disconnesso questo e quello. Investimenti importanti, utili certo, anche per i clienti, già oltre i 20 km, uno Skype e via, pratico, limitando i costi.

Macché, non se ne parla.

Per uno che vuole fare il free-lancer ma senza i rischi del free-lancer, carino.

Per non parlare delle regolamentazioni. Parziali, incomplete.

Quali ruoli possono accedere al “dovunque”? Questa è facile. È un diritto o una regola? Dovrei contribuire ai costi che si accolla? E poi chi mi dice che pago per effettive otto ore? Lo so che esistono le app per “muovere” il mouse e fregare il cervellone centrale.

Ridicole pause caffè regolamentate al minuto, chi fuma e chi no è già una discriminazione, e poi tutto d’un tratto si pensa di poter stare dovunque a lavorare, fumare e bere il caffè, tutto in una volta magari, senza controllo e senza pausa. Così rischia pure di non accorgersi che il tempo passa, di continuare a lavorare, due o tre ore in più, per finire. E nemmeno gli pagherei gli straordinari. Perché non lo saprei.

Davvero, non è cosa.

E la privacy. Tutti i dati aziendali, una videata aperta su un tavolo dovunque, indifesi. È vero che li potrebbe portare a casa quando vuole, anzi lo fa quando abbiamo urgenze e scadenze, ma è diverso no? Poi torna qui. Lui e il computer, rassicuranti, alla scrivania. Ci vorrebbe meno cultura del controllo, una certa qualità della relazione.

Certo se ne andrà, cinque anni in fumo, dovrò sostituirlo. Riaprire una di quelle selezioni astruse per il mio HR che sa trovare il titolo al ruolo giustissimo ma non sa cosa chiedere veramente, tutti questi nuovi termini e strumenti, è difficile verificare le risposte. Magari farmi aiutare da un recruiter professionista, assumere da dovunque aumentando le possibilità, vedremo.

Ma cosa dico.

Ma no che non se n’andrà, l’azienda è solida, il contratto indeterminato, relativamente vicino a casa, solo un po’ di traffico ma si può sempre leggere un libro o ascoltare musica nel viaggio. È il lavoro che ama, ancora qualche anno di esperienza e avrà una promozione. Un po’ di pazienza, è giovane, non deve correre, sennò si brucia.

Lui verrà a saperlo a breve. Click e l’email è partita. Il dado è tratto.

Sono stato bene in questi anni.

Da un certo punto in poi, ho sperato davvero che i cambiamenti enunciati e annunciati nei meeting annuali si verificassero, sono stato attento a ogni possibile segnale. Lo so che è difficile scardinare, rivoluzionare, muoversi.

Cambio per un’azienda solida, è il lavoro che amo, il contratto è indeterminato. È relativamente lontana da casa, ossia lontana lo è, non è in Italia, ma distante poco più della coda giornaliera in tangenziale, in aereo. 10 volte l’anno.

Organizzazione, responsabilità, fiducia, relazione e legami nonostante la distanza, esserci ma non esserci, affidabilità. Saranno le mie nuove abitudini, sostituite a scrivania e bollitore.

Sarò un lavoratore digico. La fisicità potenziata dal digitale, e viceversa.

Cambio pesi del guardaroba, cambio abitudini, dieta, regione, mezzi di trasporto e prospettiva.

Sarò in una casa, sarò in viaggio, sarò al bar, sarò in azienda, sarò in coda in un ufficio pubblico, in un coworking, da un cliente, al tavolo in giardino.

Ma sarò in ufficio, come sempre.

Dovunque è un luogo.

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