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2013 : Le parole da dimenticare

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Sono due anni che voglio scrivere questo articolo; la scintilla è scoppiata durante una telefonata con Roberto Bonzio proprio in occasione di un paio di “Natali” fa, con cui iniziammo per gioco ad elencare una serie di parole talmente inflazionate che stavano perdendo il loro valore.Un rumore di fondo assordante e ricorrente in post, articoli, conversazioni e discorsi per lo più generati dal web e dalle presentazioni di formatori, influencer e relatori. L’intento è rimasto nell’aria per qualche tempo, fin quando un paio di giorni fa ho scritto a una decina di amici di FdR con cui condivido azioni (ma anche obiezioni!) e ho cniesto ad ognuno di loro di dirmi una parola o un concetto da abbandonare nel 2013 e che non vorrebbero mai più sentire.

Il risultato è strabiliante :

Ivan Ortenzi (partner di Ars et Inventio): “competitività: termine utilizzato quando si ignorano le cause e le motivazioni per le quali un sistema economico sia in fase negativa o positiva. “Dobbiamo recuperare competitività” oppure ” La competitività è la soluzione” sono frasi utilizzate quando si vuole sviare la discussione sugli effetti palesi senza discutere le cause. Aggiungo Innovazione: santo graal della teoria economica, ma di fatto regola di sopravvivenza dell’essere umano. Non bisogna parlarne ma farla. L’innovazione è come un veicolo, occorre discutere dell’abilitazione dalla sua guida e delle strade da sulle quali farla viaggiare. Non dei suoi autisti e delle sue stazioni di sosta. L’Italia è un paese di innovatori e di innovazione ma non per l’innovazione”.

Riccardo Luna (giornalista) : “Io personamente non ne posso più di sentire i politici parlare di riforme, lo ripetono come una parola vuota, non si capisce mai cosa vogliano fare davvero e manca il punto, ovvero che all’Italia, per come sta adesso, non servono aggiustamenti, serve una rivoluzione. ovvero un cambiamento pacifico ma radicale e profondo, non una legge insomma

Alessandro Cravera (partner di Newton24 ed esperto di complessità) : “Per me una parola da dimenticare è “piano strategico”: avere un piano limita le azioni e rende ciechi di fronte alla complessità, quindi meno strategia – e meno slides – si fanno e più scelte si hanno a disposizione“.

Beppe Leoni (esperto di social business e business model) : “dimenticherei più di ogni altra la parola “social”, e lo dice uno che parla di social business. La parola serviva qualche tempo fa per fare comprendere l’ambito specialistico di cui si stava parlando, ma se dobbiamo continuare ad usarla ancora oggi significa che stiamo parlando ad un giapponese su un’isola deserta“.

Luca Carbonelli (titolare di Caffè Carbonelli e ideatore di tante cose): “vorrei che non si usasse più la parola “esperto”. Abbiamo troppi “esperti di professione” a discapito di veri professionisti con esperienza. Se ti va di approfondire, scrissi questo qualche mese fa.  http://www.ilsalottodelcaffe.it/lesperienza-fatta-parola/

Massimiliano Nucci (HR Operation Manager Ikea): “Talenti in fuga” è una delle frasi più abusate del 2013. Qualcuno, umiliando quelli che restano , sostiene che i migliori talenti fuggono dal ns. Paese. Io non ci credo. Il mio augurio e’ che i migliori talenti di questo Paese vogliano prodigarsi concretamente per risollevarlo, e che ognuno di noi trovi voglia e coraggio per mettere a frutto il proprio talento, qui ed ora”.

Sempre a proposito di talenti, Claudio Galli (HR Director di Lombardini Motori), ci dice: “Comincio a sentire un certo fastidio da “guerra dei talenti”; siamo così poco educati, in HR, che spesso non rispondiamo ai cv che ci arrivano; poi però pensiamo di fare duelli stile Guerre Stellari per accaparrarci i/le i migliori appena ci sarà un minimo di ripresa. E ci aspettiamo che, dopo stage da 300€, rigorosamente NON finalizzati, e stipendi da operai di terzo livello, che ci giurino fedeltà eterna“.

Andrea Notarnicola (partner di Newton24, autore e performer di “Zzzoot!”) : “Dall’organizzazione alla strategia, dalla psicologia alla politica il mondo occidentale ha dibattuto per tutto il 2013 sulla resilienza, cioè sulla capacità di resistere agli urti del mondo, uscendo dalla centrifuga degli eventi senza subire danno. Trovo il concetto gommoso, triste, rappresentativo di un mondo che pensa di non poter più migliorare ed evolvere, al massimo vuole rimanere come era. Che bello invece, dopo una crisi, ritrovarsi diversi da come si era prima, profondamente toccati dal cambiamento e quindi migliori!

Paolo Vergnani (partner di Castaspell, inventore del teatrodImpresa) : startup: sempre meglio che lavorare e  cervelli in fuga: delle volte solo fuga”  Così invece il suo socio, Nicola Grande : “Efficientare: orrendo neologismo che come la panna copre tutte le nefandezze presenti nel piatto.”
 
Riccardo Ruggeri (ex dirigente Fiat e CNH, scrittore, editore, imprenditore, giornalista): “nel 2014 ci sarà un radicale cambio di paradigma, tranquilli nulla cambierà
 
Filippo La Mantia (cuoco) : “La mia parola e’ Solidarietà. Tutti ne parlano, ma a volte, come si dice in Sicilia, ‘la migliore parola e’ quella che non si dice’!!
 
Patrizia Grandicelli (Ideatrice di BeeFree) : “La parola scelta é strategia. Troppe volte ho sentito manager e consulenti abusarne o riempirsene la bocca. “Qui serve una strategia” , “La strategia della casa madre”, “E’ la nostra strategia!” Per non parlare di “azione strategica”, “strategicamente é opportuno…” etc.

Peccato, perché aldilà dell’origine militare, strategia ha significati forti e densi: rimanda a uno sforzo di riflessione, ad analisi approfondite di tutte le variabili, alla capacità quasi visionaria di immaginare i cambiamenti futuri propri e altrui. 
Invece proprio oggi che la complessità è aumentata, che i mutamenti si sono velocizzati e che quindi dotarsi continuamente di vere e nuove strategie diventa sempre più indispensabile, si abusa di questo termine fino a ridurlo nemmeno a tattica, ma proprio a semplice accorgimento, a effimero trucco di sopravvivenza di brevissimo respiro. Liberare dalla forzatura ideologica e strumentale la parola strategia significa restituirle la sua forza vitale, quindi iniziare a guardare oltre la punta dei propri piedi per avvicinarsi all’orizzonte.  E qui entrano in gioco il coraggio e la leadership e non basterebbe un solo post!
 
Dario Cecchini (Macellaio di Panzano in Chianti e tante altre cose legate alla “bellezza”) : “Ti mando anche io una parola da dimenticare : “sostenibile “. Bella parola derivata da “sostenere”, “sopportare”, “tollerare”, ma talmente abusata per cibi, consumi, economia, che diventa insostenibile”. Non se ne può più. Mandiamola in soffitta! Magari insieme a “locale” – altra parola inflazionata. Mi sta bene “Treno locale, Ente locale, Tradizione locale, eccetera, ma riferita a “Cibo locale” mi sta un po’ stretta. Eppure ogni alimento deve essere rigorosamente “locale”.  Mi pare una negazione allo spirito di Ulisse, un comando di Savonaroliana memoria. :” ognuno stia nel proprio ambito!” I regnanti e i nobili che si imparentavano tra loro producevano gente imbastardita.
E il pomodoro? E il fondersi delle culture?
 
Miriam Serni Casalini è una poetessa, ci ha conosciuti attraverso Dario ed ha voluto offrirci un suo contributo che pubblichiamo molto volentieri: Insieme alla moda di “comunque” venne quella del “portare avanti“. Portare avanti che cosa? Tutto: discorsi, politica, governi, iniziative, programmi, e così via.
Prima si diceva ‘ affrontare una questione, un discorso’, ‘prendere iniziative’, ‘elaborare programmi’…
Oggi, di ‘portare avanti’ si infarcisce ogni discorso, se ne fa uso abuso sopruso.
 
Roberto Bonzio (Ideatore di Italiani di Frontiera): “saper-i. Che fastidio quel plurale così di moda: se ne abusa nel burocratese scolastico ma non lo trovo nella Treccani online! Chi l’ha inventato? Proprio ora che la conoscenza è più che mai unica, e il segreto sta nell’essere versatili, eccentrici, eclettici, capaci di pensare in modo trasversale,combinando semmai piani, competenze e discipline diverse”.
 
Credo che se almeno la metà di queste parole recuperasse l’origine del proprio significato, il nuovo anno già si presenterebbe  ben vestito di concretezza. Buon anno!
 
Ah, le mie parole…: Rottamare le StartUp defollowando tutti gli influencer innovativi è sufficiente?
 

13 Commenti

  1. Mi vengono in mente molte parole che meritano di essere dimenticate, usate poco o almeno riportate al loro significato originale.
    Per esempio, implementare: potremmo farne a meno in italiano, visto che esistono “attuare”, “realizzare”, “mettere in opera”; ma soprattutto, vorrei non sentirla utilizzata con significati inappropriati quali “migliorare”, “aumentare”, “completare” o in contesti assurdi.
    Buon 2014!

    1. Davvero interessante e condivisibile la rassegna presente nel post.

      Io personalmente gradirei molto una riduzione dell’aggettivo “giovanile” accanto a disoccupazione, innovazione, imprenditorialità ecc ecc.

      Trovo che si debbano affrontare le problematiche (prime fra tutte la disoccupazione) in maniera complessiva e dettagliata, senza strumentalizzare una fascia di età ed usarla come “scudo/scusa/panacea” in molte dichiarazioni.

  2. Io ho vissuto un anno leggendo testi e post pieni di #.
    Non lo scrivo neanche a parole, quel simbolo.
    Ogni sentimento, azione, luogo, pensiero di troppe persone che conosco è stato preceduto da quel #.
    Utile se serve a uno scopo (indicizzare e rendere riconoscibile un evento) ma davvero ne abbiamo così bisogno per anteporre ogni istante delle nostre giornate?

  3. Crisi: è stata sulla bocca, sulla carta, sulle tastiere, sui video … di tutti … quando va bene associata ad opportunità basta … parliamo un pò di speranza, ottimismo, fiducia, volontà, impegno???? Che il nuovo anno apra davvero nuove e positive opportunità per tutti coloro che se le meritano!

  4. P.s. spero di non sentire più persone… solari, che si descrivono come “persone solari”; spero di ritrovare l’aggettivo solare abbinato ai sostantivi sistema, macchie, tempesta, anno, nelle varie declinazioni.

    P.p.s. concordo con Deborah che ottimismo, fiducia, volontà ed impegno debbano sostituire crisi, anche nel mio modo di esprimermi.

  5. Scusate ma a me non interessa cosa non vorrei sentire, ma solo le sensazioni che vorrei provare.

    Vorrei sentire parole come ascolto, vorrei vedere persone che sorridono intanto che ascoltano, vorrei ascoltare di più,
    vorrei vedere persone che dicono quello che fanno e fanno quello che dicono, vorrei riuscirci anch’io.
    Vorrei vedere meno persone che giudicano e più persone che collaborano. Vorrei riuscirci anch’io.
    A volte vorrei non sentire parole ma silenzi sorridenti. Vorrei riuscirci anch’io.
    Poi, che si usino le parole preferite, basta che siano proprie, Cioè interiorizzate.

    D’altronde, sta scrivendo uno che ha preso ingegneria perché … non c’era latino!!!!

    Che il 2014 porti un buon ascolto a tutti.
    un abbraccio

    roberto

  6. … la butto sul macroeconomico e propongo “ripresa”.
    Sempre evocata a livello di consiglio dei ministri, aule parlamentari e chiacchere da talk show, senza nessuna azione concreta per innescarla.

  7. Il 2014 sarà l’anno delle RIFORME, dando una svolta definitiva alla STRATEGIA del nostro paese, incentivando la COMPETITIVITA’ e l’INNOVAZIONE del nostro sistema industriale, favorendo lo SVILUPPO di START-UP e il RIENTRO dei nostri CERVELLI e TALENTI IN FUGA, migliorando l’EFFICIENTAMENTO del SISTEMA PAESE attraverso un PIANO STRATEGICO pluriennale che PORTI AVANTI in modo SOSTENIBILE i SAPERI LOCALI sviluppatisi nell’economia italiana, coniugandoli con le esigenze SOCIAL della globalizzazione. 😀 … resta solo da decidere a chi farlo pronunciare … Un augurio facile facile: che il 2014 sia migliore dell’Annus Horribilis 2013!

  8. Euro, euro zona, Europa, unione europea: tutte parole molto abusate, poco applicate dai cittadini (tutti, non solo italiani). Spero nel 2014 acquistino un contenuto reale, non sono la causa dei nostri mali italiani (quelli siamo bravi a farli da soli), sono solo strumenti,progetti, sta a noi farli funzionare bene. Buon 2014 a noi di fdr ed agli italiani

  9. Fuori dagli schemi. Ormai è affollato più che dentro. Dicono tutti di esserlo. Ma quando tutti sono fuori, non sarà più originale tornare dentro?

  10. Precarietà, precario, precariato e similari.
    Una generazione si brucia il futuro.

    E vorrei anche non sentire più politici coniugare verbi al futuro, ma raccontarci, finalmente, delle cose che han fatto.
    Ammesso prima o poi faccian qualcosa.

    Saluti.

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