Lavorare all'estero, per poi tornare Un paese che ha bisogno di FIDUCIA
Ormai sono quasi 9 anni che sono rientrato da New York dove ho vissuto per circa 4.
Rientrare non è stata una decisione facile, anche se non mi sono mai pentito. Lavorativamente parlando è stato un suicidio, ma ero preparato. Rientravo per ritrovare un modo di vivere più semplice, un’attenzione più vera per i rapporti umani, perché volevo portare un po’ di quello che avevo imparato anche qui, e perché a New York fa freddo e qui si mangia meglio!
Scherzi a parte molte volte mi sono chiesto quale fosse la differenza più grande tra Manhattan poco prima dell’11 settembre, subito dopo il boom delle Dot.com, ed il nostro paese. A mio avviso la differenza più grande è la mancanza di FIDUCIA.
Perché qui quello che scrivi sul CV non conta, perché spesso non è vero o è gonfiato. Perché le notizie che pubblicano spesso i media non sono state verificate. Perché moltissimi si improvvisano esperti in qualcosa di cui sanno poco, dove nel migliore dei casi si sono letti un paio di libri sull’argomento.
Potrebbe sembrare come qualcosa di banale, ma la mancanza di FIDUCIA è quello che contribuisce in maniera enorme, a mio avviso, a bloccare le possibilità di sviluppo (e’ inutile provaci, tanto non ci si riesce). La mancanza di FIDUCIA è quello che ferma, o per lo meno rallenta, lo sviluppo di nuove opportunità di business (questa cosa è troppo bella per essere vera, ci deve essere sicuramente la fregatura).
La cosa più bella, che ti faceva sentire davvero libero a New York, era il fatto che se avevi un’idea interessante, se provavi a fare qualcosa di diverso che sembrava poter funzionare, la gente ti dava FIDUCIA. Ti dava FIDUCIA significa che quando gli proponevi la tua idea ti dava un’opportunità, perché pensava che certo avrebbe potuto non funzionare ma che valeva la pena correre il rischio. Perché non correre il rischio a priori era visto come un rischio ancora più grande.
Era questo spirito, prima delle maggiori disponibilità di capitale, prima dell’impegno persistente, prima di tante altre cose in cui noi Italiani magari avremmo potuto essere anche più bravi, che creava i presupposti per il dinamismo e lo sviluppo che qui ci possiamo soltanto sognare.
Proprio per questo, come membro del direttivo di FdR e come Sales Manager, vorrei impostare la strategia commerciale di FdR sulla FIDUCIA.
FdR a mio avviso deve diventare un vero e proprio canale di FIDUCIA, cioè uno strumento del territorio attraverso il quale le persone e le aziende entrano in contatto per trovare qualcosa di molto semplice.
Per trovare che chi in FdR dice di saper fare una cosa, poi la sa fare davvero.
Creare un contesto in cui parlare di FIDUCIA non faccia pensare a qualcosa di “mafioso”, creare uno spazio dove le cose succedono per davvero, perché di fatto FdR in modo informale questo già lo è…
Perché non possiamo rinunciare allo sviluppo, perché non possiamo smettere di sognare quando qualcuno ci dice “tanto non te lo lasciano fare”, e perché il nostro paese ne ha davvero bisogno.
Ho voluto raccontare come vedo il “futuro commerciale” di FdR in questo articolo aperto, e ci tengo davvero a raccogliere i vostri feedback, sapere cosa ne pensate, per costruire tutto questo insieme a voi.
Un caro saluto
Massimiliano Amagliani
Max concordo con te. Fiducia nel futuro, fiducia delle aziende in FDR, fiducia nell’andare contro tutti, quando una cosa si pensa di non poter fare ed inseguire il sogno di realizzarla. Proprio stasera che qualcuno di noi è a vedere Mario Calabresi, mi ricordo proprio nel suo penultimo libro, La fortuna non esiste, che si parla anche li di fiducia, proprio di Americani, che hanno inseguito il loro sogno, la loro idea e ce l’hanno fatta!
Dunque sono con te fiducia, semplicità e territorialità!
Go ahead!
Ila
Forse gioco un pò troppo “in casa”, ma quanto dici, Max, è assolutamente veritiero. Gli esempi che ci hanno portato quest’anno Roberto Bonzio di Italiani di Frontiera, piuttosto che la splendida serata di ieri con Mario Calabresi, lasciano un messaggio molto chiaro: “bisogna andarsene per tornare”. E’ indiscutibile il grande valore aggiunto che gli italiani riescono a dare fuori dal loro Paese, gli esempi sono innumerevoli. Ma è una volta trovato il coraggio di tornare in Patria che si dà il meglio di noi stessi. Una volta acquisito il sentimento che “nulla è impossibile”, che non è vero che si va avanti solo a spinte e raccomandazioni, solo con le lobby o solo se sei bene inserito, si è capaci di rivoltare il mondo. Roberto in questo, ci ha portato mille esempi. La difficoltà, sostanzialmente, è quella di riuscire almeno una volta, con le proprie forze. Cadere e rialzarsi. Sapere di essere in un posto dove se vali, hai sempre una seconda opportunità. Come dice Faggin nel video di Italiani di Frontiera : “è un valore culturale: in Italia se sbagli sei uno che ha fallito, in America sei uno che ci ha provato”.
La fiducia, questa sconosciuta? In un paese dove le dinamiche politiche ed economiche prospettano un futuro quanto mai incerto, dove le persone navigano a vista senza obiettivi definiti, parlare di fiducia è sicuramente complesso. Ma proprio in questo momento di crisi anch’io ho messo in discussione la mia vita lavorativa per perseguire un “sogno”: fare quello che mi piace e che so fare. Anche per questo ho deciso di entrare a far parte di FDR, un gruppo di persone che condivide obiettivi e valori comuni al fine di indurre il cabiamento o quanto meno per dare un segnale forte: le cose possono accadere. Mi associo a Max nel promuore FDR come il veicolo per dimostrare, a piccoli passi, che quando si vuole si può. Condividiamo, quindi, le nostre conoscenze, esperienze e capacità e voleremo alto. Possiamo sognare e non solo…
Concludo quanto detto prima. La strategia? Rafforziamo il nostro ruolo, rendiamoci visibili passando attraverso la valorizzazione delle caratteristiche/competenze di ognuno di noi. Se riusciremo a essere diversi ci noteranno sempre di più.
Bravo Massimiliano! Anche secondo me la fiducia accanto alla positività è la chiave per il successo. Un successo da condividere con chi sceglie questo approccio per migliorare vita e lavoro… 😀
“… Cadere e rialzarsi. Sapere di essere in un posto dove se vali, hai sempre una seconda opportunità. … è un valore culturale: in Italia se sbagli sei uno che ha fallito, in America sei uno che ci ha provato”.
Parto dal finale di Osvaldo solo per proporre questi 2 principi come primo punto di un ideale “manifesto” anche di soli 5 punti – chiamo gli altri membri a proporre 1 o piu’ successivi – sul quale trovare la concreta condivisione operativa delle imprese. Magari con tanto di firma del decision maker aziendale, aprendo una sezione del sito riservata.
Che ne pensate della proposta?
fiducia e positività, insomma ottimismo… mi sembra di sentire qualcuno che è sceso in campo nel ’93. Quello che manca in italia per "poterci provare" serenamente sono le regole, regole rispettate da tutti, legalità, senso civico e di responsabilità. Regole che siano valide per tutti e non solo per chi ci prova. Devi poter partire da una base solida e certa dove porre sulla bilancia rischi e opportunità.
Senza entrare a far parte di una "cricca" in italia oggi non hai molte possibilità di successo, troverai strade chiuse o molto in salita, mentre la discesa è solo per chi ha gli agganci giusti.
Ci sono troppe grandi incognite quali: il comune rilascerà il permesso? La banca mi manterrà il fido? La gara sarà appaltata e chi offre il prezzo migliore e sopratutto sa fare quello che promette? Incognite esterne all’impresa.
E qui torno al discorso delle onestà intellettuale: quello che è vantato nei Cv sarà vero? Quello che prometti di fare nei tempi dati sei in grado di mantenerlo? e sopratutto con quei soldi?
Qui da noi "ci si prova" ma se poi non riesce "in qualche modo si vedrà!" – "in galera non si va per questo" (vere parole che mi furono dette da un concessionario che mi vendé una macchina rubata -a mia insaputa naturalmente-).
Se non abbandoniamo questo approccio l’italia scenderà sempre più nel baratro rispetto agli altri paesi occidentali, altro che euro-zona.
Dove andiamo se chi non ti paga le fatture sta tranquillo per 8-10 anni prima di andare in tribunale: fra 8-10 anni la tua "prova" dovè? Seguendo questa logica una startup dovrebbe avere alle spalle patrimonio per almeno 10 anni di passivo per poter affrontare l’impresa contando sulla sopravvivenza. Ma dove esiste?
L’ottimismo di affrontare una sfida non è niente se non parti dalla stessa start-line rispetto altri paesi, le stesse opportunità, lo stesso accesso al credito, cose che hanno e sono scontate in USA ma che da noi sono rare.
Una volta il centro-nord italia era quello più vicino a questi presupposti rispetto al sud ma oggi anche il nord si sta adeguando, in peggio purtroppo.
Se l’Italia non cambia la testa (in senso lato ma anche stretto) sempre più la lasceranno, persone ma anche aziende estere abituate ad avere un background operativo ben diverso da quello che oggi qui c’è. Assisteremo purtroppo ad una desertificazione economica del nostro paese.
E’ per questo che mi auguro e auguro a tutti voi una "primavera italiana"…
Scusate il lungo post che è più uno sfogo che altro…
Alessio
Caro Massimiliano, hai centrato un punto molto importante; condivido l’idea di impostare la Strategia Commerciale su una base di Fiducia reciproca; anzi trovo dirompente e giustamente caratterizzante per il nostro gruppo, unire la parola Fiducia alla parola Commerciale (che spesso fa pensare solo a “competitività spietata”). La competitività ci sarà comunque, valorizzando il merito e premiando le eccellenze. Ma l’idea di base è quella di crescere insieme e non sulle spalle di altri; ho FIDUCIA che ce la faremo.
@Alessio: lo sfogo ci può stare, fai esempi concreti di ciò che accade oggi, qui. La differenza la possiamo fare solo se crediamo che domani sarà diverso, e che noi possiamo fare la nostra parte
caro Massimiliano,
gran bel post davvero!
Penso che la mancanza di fiducia sia alla base di tutto questo casino. Siamo in un mondo dove si cerca di convincere l’altro a fidarsi di noi obbligandolo a firmare declaratorie di mancanza di responsabilità da parte di chi propone, cercando di dire all’altro “fidati di me” quando, poim siamo noi che non ci fidiamo più di nessuno.
l’11 settembre ha solo aumentato la velocità di attuazioen di questo stato di polizia, dova la polizia siamo noi stessi, siamo noi che guardiamo chi è di fronte coem un nemico e non come uno che prova a realizzare il suo sogno.
basterebbe così poco che tutto sarebbe molto più facile.
ti faccio un esempio che mi è capitato in germania una quindicina di giorni fa: stavo prendendo un taxi ed ho visto il taxista, musulmano, che stava pregando. mi sonof ermato ad aspettare che finisse la sua preghiera, tanto avrei perso al massimo 2-3 minuti che non avrebbero cambiato il mondo (solo qualche capo che avrebbe solo fatto vedere che lui è il capo) ma che avrebbero permesso ad una persona di avere soddisfatto un suo bisogno nel momento in cui lo aveva.
Il taxista ha cihuso subito il corano, gli ho detto: “la prego, concluda quello che stava facendo”. Lui ha taffo un gran sorriso, ha finito e, come risultato, è stato velocissimo ad arrivare a destinazione ed ho pagato la metà rispetto al solito.
Se ci guardiamo intorno, la nostra vita è molto più piena di cose positive che di negative, solo che siamo programmati a vedere solo queste ultime e viviamo solo per evitare quelle brutte senza impiegare il tempo a cercare di realizzare quelle belle per noi e per gli altri.
Se davvero provi a realizzare in questo modo il futuro commerciale di FDR farai davvero una cosa grande!
In bocca al lupo!
Se riesco, mi farebbe piacere darti una mano.
Ciao-Roberto
fiducia significa essere ottimisti e – nel caso di FdR – creare le condizioni perché si attivi ed alimenti un sistema virtuoso e strutturato di delega e voglia di assumersi responsabilità. Dobbiamo contestualmente continuare a promuovere e dare visibilita’ a quelle persone e a quelle realta’ che ogni giorno sfidano lo status quo. Questi a mio giudizio i temi (grandi) che potranno far fare a FdR un grande salto. Quindi clicc o sul Mi piace, quando dici che in FdR si devono poter sempre trovare persone in grado di meritare fiducia, e aggiungo, di prendersi delle responsabilita’.
Bellissimo messaggio! Grazie Massimiliano.
FIDUCIA, fiducia da avere, fiducia da meritare…
Perché credo che per meritare la fiducia bisogna innanzitutto avere fiducia e credere fortemente nel proprio progetto.
L’instabilitá sembra non aiutare questo magico processo, e invece é proprio in momenti come questo che bisogna buttarsi, perché, come dicevi, non rischiare é un richio ancora piú grande!
Io, personalmente, mi sono buttata …con molto impegno e ora anche con maggiore FIDUCIA!
Già la fiducia, in Italia, poichè non c’è fiducia viene sotituita dalla raccomandazione, non necessariamente in senso negativo, in modo che ci sia qualcuno che garantisca per te.
Hai sicuramente colto un punto importante, direi che se parli più in generale di dinamismo bisognerebbe anche dire che in Italia i “giovani” fino a 45-50 anno sono sfavoriti rispetto a chi di anni ne ha molti di più e di conseguenza il dinamismo e le nuove idee scarseggiano o non sono utilizzate.
FIDUCIA credo che sia la parola chiave dalla quale farne partire altre strettamente correlate:
– COLLABORAZIONE (e non competizione) all’interno dell’impresa, per farla crescere assieme;
– COOPERAZIONE tra imprese nel proprio territorio per poter competere più forti in altri territori;
– FARE RETE creando strutture verticalmente o orizzontalmente connesse che consentano di raggiungere una massa critica interessante.
Sarebbe un vero sogno “americano” se in FdR la politica commerciale fosse impostata come dice Massimiliano, che al momento mi pare (da ‘esterno’) incentrata sulle opportunità per i Recruiters.
In particolare “il saper fare veramente, e non xchè appreso solo su un libro” è un tema che ritengo andrebbe molto valorizzato come tratto della politica commerciale da perseguire.
Ciao, bellissimo intervento. Qui non solo manca la fiducia, ma anche un vero e proprio processo di valutazione del merito, il quale è sostituito dall’ esperienza, ma in un mondo che cambia velocemente l’ esperienza non conta poi molto, contano le capacità, la volontà, l’ impegno ed ovviamente i risultati conseguiti. Peccato che in Italia tutto ciò sia spesso riassunto nella parola esperienza.
Mirko
Condivido pienamente,
la FIDUCIA NEGLI ALTRI è la chiave che spalanca la porta alla costruzione delle relazioni, soprattuto quelle commerciali.
Vedendo la cosa da un altro punto di vista la TROPPA FIDUCIA IN IN SE STESSI ha un effetto conseguentemente contrario, che limita l’ascolto e l’apertura verso il prossimo.
Le cose di solito nel nosto amato paese vanno semplicemente al contrario. La fiducia non
Posso solo sottoscrivere pienamente quanto riportato da Massimo Amagliani. Pur non essendo stato negli USA, posso dire che all’estero è diffusissimo il concetto di fiducia quale sostegno alle attività economiche. Aggiungerei che la fiducia è alla base di ogni attività umana e, in particolare, di chi si mette sul mercato, rischiando, con idee nuove e voglia di fare. Se andiamo alle origini di questo atteggiamento tutto italiano, la cosa nasce dalla presenza di una classe dirigente corrotta, mafiosa e dalla presenza forte e radicata, delle organizzazioni criminali, a ciò andrebbero aggiunti problemi strutturali e storici quali: una chiesa troppo forte; l’ubiquità del clientelismo; la ricorrenza della forma dittatura; e infine la povertà delle opposizioni normalmente di sinistra. I primi due sono di carattere strutturale e di lungo termine, gli altri due più immediati, di carattere congiunturale, individuale e politico. In un simile scenario in cui una politica debole immischiata con la criminalità e con valori improntati al vittimismo, poteva emergere soltanto una società di corporazioni, clientelismi e rassegnazione. Pochi soldi per la ricerca, pochi soldi per la cultura, banche miopi e taccagne, sistema scolastico deficitario e parassitario, pubblica amministrazione clientelare e non professionale, sud arretrato e privo d’infrastrutture, imprese sotto capitalizzate, determinano un clima mortifero per il sistema economico e, soprattutto, per i giovani che vogliono fare. Bisognerebbe sorprendersi, semmai, di come il nostro paese, sia riuscito a diventare quello che è nonostante tutto questo. Siamo, infatti, gravati da un mostruoso debito pubblico, da una evasione fiscale gigantesca e da una classe politica miope e orientata al presente. Per questo ci stiamo avvitando in una spirale negativa che sta trascinando tutto il paese, verso anni bui e privi di prospettive. A chi chiedere fiducia? Alle banche? Queste si comportano come quel tale che ti vuole dare insistentemente l’ombrello quando c’è il sole e poi corre a prenderselo quando piove…Oppure aprire un franchising con tutte le insidie che nasconde e le truffe implicite? O provare a diventare notaio, avvocato, farmacista, giornalista per vedersi sbarrare le porte da “ordini” professionali sconosciuti all’estero? Ci vorrebbe una riformismo forte, una liberalizzazione dei settori economici e professionali, la diminuzione del peso della chiesa nella decisioni politiche e sociali e una profonda trasformazione del sistema politico e dell’attività bancaria e finanziaria, per ridare fiato e fiducia al nostro sistema economico e sociale, ma per il momento, non si vede niente all’orizzonte.
Bella l’analisi di Massimiliano. Gran parte di quello che ha scritto lo sto provando sulla mia pelle. Ho lasciato un lavoro dopo venti anni : non ho cambiato prima per mancanza di fiducia in me stessa. Finalmente sono volata via e sono precipitata dopo qualche mese: mancanza di fiducia nei confronti dei miei (ir)responsabili della nuova azienda. Adesso devo cercare di difendermi dalla sensazione di valere nulla agli occhi degli ex colleghi e degli amici: <>Io che selezionavo personale adesso mi trovo dall’altra parte e devo tranquillizare tutti: <> e riguadagnarmi ogni minuto uno straccio di fiducia la mia e quella di tutti.