Uncategorized

Lavoro, Etica e Sicurezza

1 comment1327 visite

La tutela della integrità psico-fisica dei lavoratori è ormai un dato assodato, la stessa Costituzione agli art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo ……”, 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività …”, 35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni ….” e 41 “L’iniziativa economica privata è libera, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, ed alla dignità umana”, ne sottolinea la basilare importanza ed al contempo ne evidenzia la rilevanza come principio assoluto che non ammette ne sconti ne deroghe ad elementi quali la ineluttabilità degli eventi, l’imprevidibilità degli stessi, la crisi economica e produttiva ed altre varie ed eventuali casistiche più o meno fantasiose.
Lo stesso principio ha, nel corso della vita normativa di uno stato democratico quale è il nostro, ispirato i legislatori degli anni ’50 a formulare norme rivolte esclusivamente a garantire la incolumità dei lavoratori mediante una serie di obblighi e divieti a carico dei datori di lavoro.
L’evoluzione giurisprudenziale e normativa non solo nazionale ma anche comunitaria, approdò a diversi e superiori livelli di tutela, ovvero il “diritto alla Salute” assunse progressivamente un significato / valore  diverso rispetto alla mera garanzia della tutela della incolumità fisica, configurandosi in pratica, come diritto ad un ambiente di lavoro più salubre e “umano”.
La cultura della sicurezza e della salute dei lavoratori trovò degno compimento, pur con tutti i suoi limiti, nel D.lgs 626/94 che diede una prima forma organica ad una materia, quella sulla sicurezza, dispersa in mille rivoli normativi e soprattutto preparò il terreno “concettuale” a quello che era destinato a divenire un vero e proprio Testo Unico in materia, che si concretizzò nel D.lgs 81/2008 in vigore dal 15.05.08.
Attraverso quest’ultimo strumento il legislatore nazionale ha voluto riscrivere ma anche integrare la precedente disciplina, proponendo anche un nuovo modello di organizzazione aziendale relativamente alla sicurezza, tale che coinvolge tutti gli attori protagonisti della vita aziendale.
Non solo, si definisce per la prima volta, il concetto di Salute e di tutela Etica del rapporto di lavoro, la disciplina della sicurezza in azienda non ha come finalità esclusiva l’evitare o il ridurre la possibilità dei rischi di malattia o di infermità, ma bensì, deve avere come scopo superiore, la realizzazione di un contesto organizzativo aziendale diverso nel quale vengono tutelati anche la persona come valore in se ed il suo benessere psicologico.
Nonostante i vari interventi normativi è doveroso constatare che il fenomeno infortunistico continua a persistere e, come la cronaca sia televisiva che giornalistica documenta, siamo costretti a conviverci sui luoghi di lavoro, a casa, nella vita quotidiana.
Questo dimostra che il dettato normativo, e l’inasprimento dell’apparato sanzionatorio non siano sufficienti di per sé ad invertire in modo risolutivo la tendenza.
Altresì se è fuori discussione che gli infortuni continuano ad avere un elevato livello di allarme sociale, non si può neanche negare, tuttavia, che il fenomeno stia complessivamente subendo un provvidenziale rallentamento.
Poniamoci una domanda ovvero, ma fare nuove leggi in materia di sicurezza sul lavoro serve?
Sicuramente si, se l’azione è finalizzata a migliorare e razionalizzare il quadro normativo, lo è di meno se  invece contiene aspetti di realizzazione pratica di problematica ed incerta attuazione.
In realtà potremmo anche obiettare che potrebbe essere lecito dubitarne dal momento che la sicurezza non la “fa” la legge, ma essa (la sicurezza) si costruisce in azienda attraverso la modernizzazione dei contesti organizzativi, il miglioramento dei modelli gestionali del lavoro, la continua attività di formazione e  di responsabilizzazione di tutti coloro che operano in azienda a partire dal capo azienda: in pratica provvedere alla realizzazione di un modello di comportamenti e controlli trasversali, condivisi e controllati.
AIDP, in tal senso, ha voluto attribuire particolare rilevanza alla promozione della cultura e delle azioni di prevenzione basando il suo Congresso nazionale 2009 proprio sui temi del Lavoro, della Sicurezza e della Eticità dello stesso.
Questi valori fondanti (che fanno parte del bagaglio culturale della nostra associazione) hanno favorito, anche a livello locale, la promozione della cultura della sicurezza e della prevenzione cercando di suggerire un indirizzo sulla corretta impostazione del sistema della sicurezza in azienda, in particolare il gruppo AIDP Toscana ha voluto, nel corso del 2008 e del 2009, predisporre un format, a cui hanno partecipato professionisti, consulenti e RSPP di aziende toscane, rappresentanti degli organi di controllo e vigilanza nonché rappresentanti delle istituzioni, con un taglio non tecnico, non superficiale  ma al contempo diretto ed autorevole, da utilizzare all’interno di eventi che sono stati realizzati nella regione in diverse realtà provinciali per avvicinare i soci / colleghi a queste delicate tematiche in virtù anche dell’ormai prossimo Congresso Nazionale. La finalità era ed è, quella di fornire un diverso approccio alla problematica.
Nelle aziende in cui questa “approccio” viene adottato i risultati si notano.
Questo non significa che il rischio sempre latente sia eliminato, ma che esso sia messo sotto controllo, secondo modalità operative condivise tra direzione e lavoratori, minimizzandone al massimo, grazie delle tecnologie disponibili e dell’aggiornamento delle regole comportamentali, gli effetti.
Cultura della sicurezza e della prevenzione soprattutto, non solo  controlli !
Questi tanto più efficaci possono risultare quanto più sono improntati in funzione preventiva, per indirizzare al miglioramento e stimolare l’implementazione della cultura della sicurezza. Questo ovviamente non significa che debba mancare l’intervento repressivo quando necessario.
Ma basarsi unicamente su controlli che si esauriscono esclusivamente nella repressione non possono essere in grado di neutralizzare efficacemente i fattori di rischio che invece vanno gestiti, appunto, con la cultura della sicurezza e con la prevenzione.
Purtroppo ad oggi i fatti insegnano come in materia di sicurezza non vi siano regole auree ma solo non l’impegno continuo diretto a migliorare regole ed approcci, a sviluppare nuove tecnologie, a ricercare più elevati livelli di qualità del lavoro, potremmo ottener risultati positivi. E questo deve partire dalle direzioni HR per coinvolgere il complesso dei lavoratori e le proprietà delle aziende stesse.
Tale elemento è e dovrà essere uno dei valori fondati nonchè obiettivi che la nostra Associazione dovrà, con il nostro impegno costante così come con quello degli uomini che hanno impostato la gestione della sicurezza fino ad oggi, lavorare insieme per poter far assurgere la sicurezza sul posto di lavoro come un fattore determinante di qualità.

Luca Battistini

HrDirector – Phone&Go

1 Commento

  1. Argomento talmente enorme e prioritario da poter suscitare mille e mille riflessioni, pensieri, suggerimenti, idee e proposte, con differenze e sfumature. Mi limito in questo commento a pochissimi spunti.
    La cultura civica è una “roba” fondamentale e sicuramente poco curata: se per alcuni o molti è comune/accettato buttare una cicca in terra, anche dove c’è un posacenere o, peggio, dove non si può fumare ed è comune/accettato viaggiare in auto senza cinture… si può anche salire su un’impalcatura senza imbragature etc. etc. etc.
    Il coinvolgimento di tutti i soggetti è un’altra “roba” fondamentale, dai lavoratori ai datori, con tutti i livelli intermedi in su ed in giù; e che dire di sindacati che pensano più facilmente alla chiusura dello stabilimento ad agosto ed alle pause di 32 minuti anziché 27, piuttosto che alle vere questioni di salute e sicurezza? Che dire quando usano le questioni di salute e sicurezza, come merce di scambio per altri obiettivi (magari di una sigla, che punta ai voti per l’elezione della rsu)?
    Interessante il tema dei benefici: le aziende devono essere stimolate a capire quanto possono risparmiare/guadagnare/attenuare i costi (per non parlare dei possibili ritorni di immagine), con un corretto ed integrale approccio al tema della sicurezza; in questo, devo dire, che i nostri imprenditori devono imparare molto dalle multinazionali (almeno da alcune, certo non ThyssenKrupp a Torino…), che spesso hanno standard interni molto più rigidi delle legislazioni vigenti, che misurano le performance dei siti produttivi anche sui dati di sicurezza, che fanno firmare codici etici ai propri manager e sono pronte a far saltare le teste, su etica, legalità e sicurezza. Lo fanno per la moralità degli shareholders? Generalmente no: lo fanno per il profitto; ma lo fanno.

Lascia un commento