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“Che piacere rivederti!”

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Il networking è alla base del successo di una candidatura per un’opportunità di lavoro.

Nella ricerca di un nuovo lavoro la possibilità di successo sarà proporzionale alla capacità di relazioni networking che avrete instaurato nei 4 anni precedenti al momento del bisogno.

Ma soprattutto alla capacità sociale di ogni individuo di gestire la propria posizione professionale in maniera equilibrata, ricordandosi sempre che certe poltrone “non sono per sempre” e che, se non fa propriamente parte del proprio carattere l’essere predisposti all’ascolto, all’accoglienza e al dialogo con chi ha bisogno di parlare, confrontarsi, proporsi, lo faccia almeno “per convenienza politica”. Sulla poltrona dall’altra parte della scrivania, un giorno, potresti esserci tu.

Mi spiego meglio. In una vita precedente ma non così passata in cui i miei obbiettivi aziendali erano millemila visite commerciali alla settimana e piazzamenti di candidati al kilo così come da istruzioni della CasaMadre assoggettata alla Bibbia dei KPI, le telefonate senza risposta, i “dottore è in riunione” così come tanti “le faremo sapere” erano il mantra cosmico con cui ancora oggi i miei meno fortunati colleghi e presunti tali (perché anche la razza dei recruiter si è popolata di alcune malformazioni genetiche in costante aumento demografico) continuano a scontrarsi quotidianamente. Alcuni dei destinatari delle mie telefonate rappresentano per me delle figure mitologiche metà sedia e metà segretaria al punto tale da metterne in discussione l’esistenza. Spesso ho pensato che certe aziende per fare bella figura mettessero su LinkedIn dei profili fasulli per ostentare una certa organizzazione, di fatto inesistente.

Da quando poi ho ideato la mia business community, alcuni di questi sono spesso stati invitati ad incontri, a confronti con altri colleghi, a raccontare le loro storie, a condividere esperienze e pratiche. Ho pensato che, magari non interessati ad essere clienti, potessero quantomeno essere dei buoni interlocutori per raccontare ad altri le proprie esperienze o far conoscere la propria azienda. Mai visti. Alcuni rispondevano per vie istituzionali (in genere attraverso gli addetti alla comunicazione): “La nostra azienda non è interessata a questo genere di incontri.”

Allergici alla comunicazioneEstranei al networkingIncapaci di futuro. Convinti che nulla li sposterà dal loro baricentro e che comunque sia, la loro professionalità verrà riconosciuta e ripagata facilmente. Fortunati estranei alla realtà dove nessun amico o familiare ha mai perso il lavoro negli ultimi 5 anni, nessun giornale ha spiegato loro il momento economico. Li guardo adesso. Li osservo fuori da aziende in cui sono stati costretti a tagliare risorse preziose minando in questo modo il futuro del posto in cui sono seduti, sulla punta della sedia, in posizione instabile. Nella migliore delle ipotesi hanno conservato un posto di lavoro che garantisce loro uno stipendio sicuro come la noia e le procedure a cui sono costretti oggi, in cui non un solo un progetto è ancora attivo, non una lira di budget viene allocata allo “sviluppo”. Anche il biglietto da visita si è ridotto di misura.

Nella peggiore delle ipotesi sono a casa. Con un curriculum in formato europeo non più aggiornato da anni perché non serviva più, un profilo linkedin mai più aperto con una serie di contatti inutili, perché il proprio network è stato circoscritto alle relazioni istituzionali mentre tutti quei seccatori che oggi farebbero comodo, non sa dove cercarli. E poi, a chi lo mandano quel curriculum? Non un nome, non un contatto vivo. Non viene in mente il nome di un’azienda diversa da quelle che ogni mattina incontravano sulla strada della zona industriale in cui avevano l’ufficio. Sarebbe bastato frequentare qualche incontro di networking, conoscere qualche esperienza innovativa, incontrare imprenditori e manager di aziende diverse, magari con brand meno altisonanti ma in grande sviluppo.

Ho ricevuto oltre 200 CV per la mia ultima ricerca. Due terzi di quelle persone li conosco almeno per nome. Nomi familiari a cui più volte — rifiutato — ho cercato di arrivare. I toni delle mail sono cordiali, gioviali come se fossimo vecchi amici che non si vedono da un sacco di tempo (“Che piacere risentirti!”), ma in realtà, mio malgrado, non ci siamo incontrati mai. Altri invece sono coloro che hanno sempre cercato di conoscere e capireaggiornarsi rendersi disponibili a guardare oltre il proprio steccato. Spesso hanno messo a disposizione le loro aziende per incontrare altre aziende e persone, perché il loro pensiero correva più veloce, e hanno capito fin da subito quanto fosse importante comunicare con il proprio territorio e la propria gente. Li ho visti parlare, muoversi con le altre persone, conosco i loro pensieri. Scrivono post sui social network: li osservo e so chi sono coloro che includono e coloro che escludono gli altri. Li ho visti raccontare i loro punti di vista agli incontri e nei convegni. Accolgono il suggerimento di un curriculum e si rendono disponibili a incontrare chi può dare loro idee nuove e completare le proprie competenze. Non vivono il confronto e la novità come una seccatura.

Su alcuni Cv vedo fra le caratteristiche principali:

– apertura all’innovazione

– comunicazione

– leadership

Hanno fatto bene a scriverlo, perché da solo non me ne sarei di certo accorto.

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