Risorse Umane

Un brutto esempio di Direzione del Personale

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Caro direttore del personale,

un famosissimo film di qualche anno fa narrava di un tuo collega che, incaricato di licenziare 50 persone in azienda, arrivato a 49 consegnava il suo badge per raggiungere l’obbiettivo prefissato. Un gesto con cui condividere con coscienza la responsabilità dell’operazione.

Non entro nel merito dello spirito di servizio. Non lo fanno i medici che giurano sul codice di Ippocrate, figuriamoci se lo fai tu che operi nelle Risorse Umane.

Un cambio di Amministratore Delegato, una cordata nuova, piuttosto che una fusione aziendale, di questi tempi sia chiaro, può accadere, ed è sacrosanto che un’azienda prenda decisioni importanti per la propria sopravvivenza o più semplicemente che possano verificarsi degli esuberi nella nuova organizzazione. Non si discute.

Ma un cambio societario ancorchè una fusione si pianificano, si organizzano e si gestiscono con una tempistica che è mediamente lunga. Ci sono accordi da siglare, contratti da definire, accordi fra azionisti, cordate o proprietà che di certo ti permettono di preparare il terreno con cura. E siccome per contenere i costi hai già utilizzato lo strumento della precarietà (sicuramente un tuo suggerimento all’imprenditore con cui hai fatto il “figo”), portando in azienda una serie di collaboratori a tempo determinato che hanno lavorato per te tutto questo tempo permettendoti di crescere e di acquisire credibilità in tempo di piena crisi, l’etica impone che tu gestisca questi esuberi in maniera impeccabile, permettendo a queste risorse di attrezzarsi in tempo per non trovarsi senza opportunità al momento dell’uscita dall’azienda.

E invece hai preferito arrivare alle porte del Natale per comunicare a queste persone, neanche una settimana prima, la decisione di non poter rinnovare i contratti.

Non pretendo che tu ti vergogni; sei senza coscienza e senza etica; sono certo che non te ne rendi nemmeno conto.
Lascio ai tuoi colleghi direttori del personale giudicare se questa è la professionalità e lo spirito di servizio che un “collega” (e chissà quanti “compari” a te affini ci sono nelle aziende..) dovrebbe dimostrare. Soprattutto in un momento economico come quello che stiamo attraversando.

Ma soprattutto, chiedo ai vertici della tua azienda se sono davvero così certi che il costo di cui possano fare a meno sia quello dei dipendenti che hai così dozzinalmente non gestito.

A fare il direttore del personale in questa maniera, sono bravi tutti.
Fai Buon Natale, almeno tu.

 

21 Commenti

  1. Salve, di direttori del personale ne ho conosciuti anche di peggio visto che non sono più giovanissima, purtroppo.
    Ma il peggiore di tutti è quello che ha licenziato in tronco un dirigente malato di tumore mentre quest’ultimo faceva la radioterapia!!!! Il giorno dopo la seconda seduta di radio gli ha consegnato la lettera, naturalmente omettendo di dire che lo licenziava perchè era malato e l’azienda non voleva affatto pagare un dipendente non produttivo al 100%, ma adducendo come motivazione la solita crisi. Il problema è che questi personaggi sono funzionali a certi tipi di aziende, dove le risorse umane più che risorse sono sempre e solo considerate costi.
    saluti e auguri a tutti voi

  2. … un vecchio ma bellissimo film di Woody Allen citava la sintesi della filosofia greca in 3 passaggi: COMPRENSIONE, PERDONO, AMORE.
    In casi come questi, anche con la massima buona volontà, non si può e non si deve essere così open-minded!
    E’ la conferma che la crisi che stiamo vicendo non è economica o a monte neppure finanziaria, siamo da molti anni in piena crisi valoriale (questa è la causa, gli altri elementi sia macro che micro sono l’effetto).
    Cerchiamo di educare ai valori i nostri figli, che almeno sappiano distinguere nel corso delle loro vite se sbaglieranno per colpa o per dolo.
    Difficile dire buone feste,
    paolo

  3. Caro Amministratore,

    è dura sentire e digerire queste cose; credo anch’io che situazioni di questo genere si possano preparare e rendere meno amare.

    Purtroppo anch’io ho firmato diverse lettere di licenziamento, che avranno efficacia a fine anno; è la chiusura di una crisi aziendale in cui si sono salvati molti lavoratori ma per una parte non c’è stata possibilità.
    La cosa era stata annunciata ai sindacati ed alle persone: per una parte già nel 2011, per tutti, in maniera non più trattabile da 7 mesi. Non è bello, ma tutti gli interessati erano informati; alcuni, nel frattempo, si sono ricollocati. Non è bello, lo ripeto, ma per molti sarà almeno umanamente meno grave, meno deludente: parlo di delusione nei confronti degli altri esseri umani.

    Vorrei far riferimento ad altre storie vissute; vorrei far riferimento a libri letti o che sto leggendo ma mi sembra inopportuno scrivere un romanzo, anziché un semplice commento ad un post come questo.

    Giorgio

    1. Parlare chiaro non sempre vuol dire “urlare”. In un Paese dove la privacy è la giustificazione per non dire le cose e nascondersi, capisco che il mio appello possa sembrare urlato. Ma Gianmario, non credi che sia venuto il tempo di liberarsi dai sussurri e iniziare a parlare ad alta voce?

  4. Caro amministratore,
    capisco l’arrabbiatura e la delusione. Ma non mi stupisco. Noi in Italia non abbiamo Direttori del Personale, abbiamo lacché, mirabilmente adeguati ad una classe imprenditoriale che desidera, ricerca, ama e assume mezze tacche quanto più possibile a loro simili, ovvero privi di etica, coscienza, professionalità e quasi sempre privi anche di competenza. L’uso del precariato ne è la prova provata. Si usa il precariato non per coprire temporanee necessità pagando però consistentemente la precarietà (come invece avviene all’estero): no, i nostri furbissimi imprenditori ed i furbissimi manager da loro assunti usano la precarietà ovunque, e si ritrovano con prodotti di qualità minima, perché la precarietà è per sua natura l’esatto opposto dell’impegno, della dedizione e del migliorare l’azienda e se stessi. La tua conclusione, ovvero la speranza che l’azienda si accorga che siano altri i costi di cui possono fare a meno è, temo, una deliziosa ma pia illusione. Le aziende, anzi, gli imprenditori, vogliono Direttori del Personale così. L’unica consolazione possibile è che questa crisi li spazzerà via.

  5. Condivido con Osvaldo: e’ davvero ora di FARSI SENTIRE e smetterla di subire abusi di una certa imprenditoria da strapazzo che non fa altro che ricorrere agli ammortizzatori sociali (ovviamente necessari) ma concessi senza dignità e controllo da una classe politica vergognosa!
    Direi che sia già da tempo arrivato il momento di ENUNCIARE AD ALTA VOCE
    – basta con i licenziamenti facili;
    – basta con le concessioni facili di CIGS e MOBILITA’, il più delle volte concesse su false dichiarazioni e/o false intenzioni per velocizzare la procedimentalizzazione
    – basta con imprenditori che accedono troppo facilmente ai contributi di Stato (alle spese di tutti i contribuenti) per sopperire alla carenza di strategia;
    – basta con fusioni-incorporazioni simulate
    – basta persone occupate/impegnate ad un decimo delle proprie capacità professionali…

  6. Caro Amministratore, condivido la tua lettera e penso che oggi più che mai sia necessario un cambio di rotta. Occorre una considerazione delle persone non come meri numeri, ma come persone che hanno una vita da gestire, possibili problemi di salute (come accennava Maria Rita), famiglie da mantenere, persone con cui entrare in relazione…per le quali la perdita del lavoro potrebbe nella peggiore delle ipotesi anche causare cadute depressive (soprattutto considerando la crisi economica odierna, la difficoltà che questa comporta nel trovare un ricollocamento). Ogni caso è un caso a sé, indubbiamente: dove fosse chiaro fin dall’inizio un mancato rinnovo del contratto, il dipendente sarebbe tenuto a continuare a guardarsi intorno. Se la posizione ricoperta fosse invece vacante, sicuramente il dipendente farebbe di tutto per cercare di dare il massimo contributo che potesse consentire all’azienda di crescere, nelle relazioni, nell’immagine, nella produttività, al fine di vedere rinnovato il proprio contratto. Se nel corso del periodo eventi, come un cambio proprietario o altri fenomeni, dovessero sopraggiungere, il rispetto per la persona e un comportamento etico richiederebbero che il dipendente fosse avvertito con un congruo anticipo del mancato rinnovo in modo da poter dedicare del tempo alla ricerca di un nuovo posto e non continuare a investire tempo ed energie, oltre misura, nel raggiungimento di obiettivi che non vedrebbero mai una ricompensa.

  7. Non conosco la vicenda a cui allude l’amministratore e quindi non do’ valutazioni. Vedo pero’ molti commenti e alcuni mi colpiscono per i giudizi che vengono espressi sulla funzione delle risorse umane, di cui anch’io faccio parte.
    Mi piacerebbe avere un dibattito, difficile da eseguire via email, sulla funzione delle risorse umane in azienda e in particolare sulla reciprocita’ tra le varie funzioni aziendali e le risorse umane. Quando si licenzia, le risorse umane mettono a disposizione il loro sapere tecnico (che altri mettono a disposizione in altri momenti, come le risorse umane in altri frangenti), ma perche’ si arriva a licenziare o in generale a ristrutturare ? Quali sono le spinte delle varie funzioni in termini temporali perche’ un’operazione finisca in un tempo piuttosto che in un altro ? Quale e’ l’interesse a attivare strumenti di ammortizzazione sociale di un tipo piuttosto che di un altro e da parte di chi ? Solo alcune delle domande che mi vengono in mente, ma potremmo proseguire. Certamente c’e’ che fa le cose in maniera piu’ accettabile e chi in maniera meno accettabile; tuttavia mi sembra che, come spesso accade, si cerchi il lupo cattivo invece che interrogarsi sul processo per trovare la causa vera delle cose.

    1. Ciao Fabrizio,

      nessuna voglia di fare caccia alle streghe, altrimenti ripiomberemmo nel brutto vizio che spesso vediamo in tanti gruppi, dove il candidato non scelto se la rifà con il recruiter e a cascata su tutta la categoria.
      La mia premessa è stata molto chiara: tagliare se si deve, si può. Il dibattito è sulla modalità e l’intenzione è quella di invitare sopattutto i responsabili del personale come te ad affrancarsi da questi sistemi e ad arginare chi li utilizza.

  8. Sono un uomo di marketing, in sintesi di posizionamento (o di ri-posizionamento).
    Ho 50 anni e ho lavorato in 7 Aziende (in 5 come dirigente), oggi per scelta sono consulente aperto al temporary (almeno è dichiarata dall’inizio la “data di scadenza” del mandato); il tema non credo risieda solo nella modalità (a volte ad arte ruvida sia perchè si è in fase di trattativa sia perchè le R.U. cercano di non coinvolgersi emotivamente).
    Ragionando per un attimo ancora da dipendente potenziale mi piacerebbe incontrare in futuro degli H.R. che esplicitino dall’inizio se la persona dovrà “sposare” l’Azienda o “considerarsi una coppia aperta”; il tema non è solo economico: io ho amato i brand che ho gestito e ne percepisco il senso di appartenenza, sento miei figli i prodotti che ho lanciato, ho firmato e non rinnego le campagne ADV o i progetti commerciali implementat … nel lavoro ci ho messo esperienza-tecnica-impegno ma sopratutto cuore; in due casi (non personali ma non importa) ho ricevuto delle docce fredde quando sino a poche settimane prima i segnali erano opposti. Nel lavoro, come nelle relazioni intime tra adulti, non si fa così!
    paolo

  9. Paolo, tocchi il punto fondamentale e, come HR, cio’ che, personalmente, mi frustra di piu’. Osvaldo ha ragione quando dice che il metodo non e’ indifferente. Non e’ nemmeno indifferente il “contratto” che fai anche in quel momento con tutte le persone e con ciascuna di esse, indipendentemente da cio’ che e’ stato. Da “tecnico” del settore, magari non particolarmente brillante, mi accorgo che, molto semplicemente, non puoi fare tale contratto nel momento in cui realizzi che devi eseguire una operazione di gestione esuberi. La motivazione risiede nel processo negoziale che c’e’ dietro: quello si’, tratta le persone come numeri. Su questo riconosco che abbiamo tutti, noi attori coinvolti, le nostre pene da espiare: negoziatori HR, sindacati, ma anche chi entra nella vicenda come stakeholder, di territorio o altro (sia esso un ministero, un amministratore locale, una persona di Fede o altro ancora). E’ un processo per il quale ciascuno deve avere il proprio pezzettino di vittoria e che ha un solo sconfitto: la persona che vive in azienda e che non ha un secondo lavoro. Questo soggetto strano, che vive solo della sua passione per quello che fa e che meriterebbe di sapere se puo’ far parte ancora di un progetto e che, se non ne potesse far parte, meriterebbe di sapere quali servizi gli vengono messi a disposizione, vive invece settimane, se non mesi, di incertezza e di buio nell’attesa che gli attori negoziali si siano posizionati e abbiano portato a casa i loro obiettivi.
    Il “metalmezzadro”, termine che mi risulta coniato da un giornalista aquilano per descrivere coloro che lavorano in azienda e in determinati periodi curano gli affari della loro terra, invece, si auspica l’uscita morbida: 4 anni di CIGS + la mobilita’. Anni in cui percepira’ un assegno sociale, cumulativo della sua attivita’, rigorosamente in nero (se poi invece di metalmezzadro e’ metalidraulico o metalelettricista, il lavoro e’ piu’ continuo). Nascono cosi’ i 6, 7 anni di assistenza che portano tanti voti ai politici locali, ma impediscono che si affronti seriamente la questione della riforma del mercato del lavoro, che, invece, tutelerebbe meglio il soggetto strano di cui sopra (e sono ben consapevole che in momenti di crisi come questo serve fino a un certo punto, probabilmente). Nasce anche l’incertezza di una gestione del problema che oltre al “chi” (e nel determinare il chi nelle regole attuali non vi e’ traccia del “merito”) lascia in sospeso anche il “quando”.

  10. In quanto appartenente al settore HR mi sento un po’ chiamato in causa, come altri hanno riportato è sempre doloroso dover comunicare a qualcuno che, per qualsivoglia motivo, non si è più nella possibilità di rinnovargli il contratto.
    Come politica personale e della Direzione a cui appartengo cerchiamo di evitare di arrivare a comunicare questo a ridosso della scadenza, se poi questo per qualsivoglia motivo non è stato possibile ragioniamo con la persona su quali possano essere le misure da applicare nei suoi confronti per evitare una conclusione troppo dolorosa.
    Una misura che prendiamo sempre è quella di segnalare all’Agenzia per il lavoro che ci segue il curriculum della stessa facendo leva sul “potere economico” che ci contraddistingue.
    Non sempre questo genere di operazioni riescono bene, certo è che in diversi casi le persone riconoscono l’attenzione che viene loro data in questi momenti così difficili.

    Penso sia utile segnalare che il film succitato nasce da un libro scritto da un Direttore del Personale italiano di aziende di grande dimensione, segno evidente che nella categoria qualcuno con una coscienza ancora c’è.
    Ritengo comunque utili post come questo per indurci a riflettere, periodicamente, su come affrontiamo determinate situazioni, oltre che da un punto di vista tecnico anche e soprattutto da un punto di vista etico.

  11. Non mi stupisce affatto sentire storie come quella raccontata dall’Amministratore. Purtroppo è facile osservare che la mancanza di professionalità e competenza in un ruolo come quello dell’HR può creare danni, alle persone, più che in altri ruoli, per esempio quelli puramente tecnici. E’ anche vero che il ruolo HR è complesso, a questo si chiedono non solo conoscenze tecniche/organizzattive, economiche ma anche di carattere etico, sociale e forse anche (non so, non sono un esperto)anche in campo psicologico ed altro ancora, quindi il ruolo facile non è da ricoprire con competenza. Spesso i contenuti del ruolo sono poco conosciuti anche dai dipendenti stessi, infatti spesso gli unici monenti di contatto con questo, sono solo quelli “dolorosi”.
    E’ senz’altro triste vedere HR che non si comportano eticamente e professionalmente in maniera corretta, ma è ancora più triste assistere a momenti aziendali in cui qualche collega assurge al ruolo e come siggillo della sua consapevollezza dei contenuti del ruolo, enuncia le motivazoni per cui è indispensabile che l’altro collega fuoriesca dalla azienda.Anche vedere certi atteggiamenti dei sindacati che a prescindere, e solo per motivi di corporazione, difendono (?!?) il lavoro. Fa molta tristezza sapendo a quanto maggiori saranno le sofferenze se certe decisioni, a volte inevitabli, vengono ritardate per anni e anni (non settimane o mesi!!!).
    Insomma personalmente constato che c’è poca professionalità in giro, ma anche poca e consapevolezza sulle funzioni che il ruolo dell’HR è chiamato a svolgere in azienda. Personalmente credo che la sua azione dovrebbe essere basata su valori etici e sociali e questi valori devono poi essere coniugati, inevitabilmente, con gli altri valori aziendali, economici e produttivi. Non viceversa.
    Cosa possiamo fare noi? Anzitutto fare quello che stiamo già facendo, parlarne, confrontarci per prendere sempre più consapevolezza noi stessi e farne prendere anche alle persone con cui ci relazionamio ogni giorno, insomma fare cultura, ogni giorno, su temi come questo.

  12. Caro Amministratore,

    al di là di tutte le critiche ed eventuali giudizi che si possono dare…penso che dietro un Direttore del Personale che non rispetta alcuni basilari codici etici e morali c’è sempre, o quasi, un imprenditore altrettanto non incline al rispetto degli altri e quindi anche dei suoi dipendenti.

    E’ una valutazione triste e cinica..ma ho riscontrato che quasi sempre è azzeccata…

    E’ chiaro che il momento storico non aiuta, è evidente che molti imprenditori si sentono strozzati e in ansia per il proprio futuro ed è normale che tutti cercano di salvaguardare il proprio posto di lavoro…ma a che prezzo? E’ in questi momenti di crisi che vengono fuori i valori e i principi radicati in noi..e aihme..non sempre sono positivi..

    Non posso far altro che darti un grande in bocca al lupo per il tuo futuro e augurarti di incontrare un direttore del personale diverso dall’ultimo…visto che esistono, ne sono..siamo..(scusate l’autocompiacimento) in tanti!!

    1. Ciao Tonia,
      la situazione descritta non mi riguarda personalmente, ma è quanto accaduto ad una persona del nostro Gruppo.
      Ci tengo sempre molto ad evitare di fare di questo blog uno sfogatoio personale, ma cerco di dare apertura a tutto ciò che succede all’interno della nostra Community e alle voci di tutti.
      Grazie in ogni caso del tuo intervento.

  13. IN PILLOLE:
    – IL MESTIERE DELL’HR E’ MOLTO DIFFICILE, NE HO INCONTRATI DI UMANAMENTE EVOLUTI E … (MA VALE PER TUTTE LE PROFESIONI)
    – QUANDO GLI/LE VENGONO IMPOSTE DELLE AZIONI O DEGLI ATTEGGIAMENTI RICORDIAMOCI CHE SONO LIBERI DI DIRE “NO” E/O DI SMUSSARE, CI VUOLE CORAGGIO MA E’ RICHIESTO A TUTTI (NELLA VITA E NEL LAVORO)
    – IL VERO TEMA E’ CHE SPESSO NON HANNO L’AUTONOMIA E L’AUTORITA’ PER DECIDERE LORO MA SONO ESECUTORI DEL VOLERE DEL TITOLARE/CEO/DIR. GEN. …
    – MI SEMBRA CHE IN GIRO CI SIA LA “SINDROME DA TITANIC”, MI ASSUMO LA RESPONSABILITA’ DI DIRE CHE NESSUNO E’ DI FRONTE A SE STESSO MORALMENTE GIUSTIFICATO A “CORRERE VERSO LE POCHE SCIALUPPE A SCAPITO DEGLI ALTRI”
    – CONCLUDO PROATTIVAMENTE: E SE CI RIPASSASSIMO TUTTI IL “DILEMMA DEL PRIGIONIERO”???
    paolo aghem

  14. Ciao Amministratore,

    beh si vede che sono una new entry del gruppo..non avevo capito la dinamica e me ne scuso…probabilmente sono stata influenzata anche dalle tante situazioni simili che mi vengono sottoposte nel mio lavoro. Comunque concordo in pieno con Paolo e con il suo invito proattivo..!

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