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Cronache da un altro mondo: Un pò di Germania senza parlare di Birra

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Senza titolo2Non e’ facile scrivere della mia esperienza senza cadere in banalita’ o in cose gia’ viste e scritte (odio/amore tra i due popoli, Toto’ e i due colonnelli, Sturmtruppen… e altri milioni di esempi) , ma comunque conto sul fatto che ciascuno di noi vede le cose dal proprio punto di vista e quindi fa attenzione ad aspetti su cui, magari, ad altri, l’attenzione si ferma.

Vivo e lavoro in Germania, a Düsseldorf da poco meno di tre anni. Bellissima capitale di circa 600 mila abitanti del Land Nord-Reno Westphalia. Bellissima perche’ ha tutto cio’ che serve per vivere e lavorare e anche perche’ e’ una citta’ molto internazionale anche se non e’ generalmente nota per questo aspetto.

Lavoro qui per un’azienda italiana e, chiaramente, questo fa parte del punto di vista da cui vedo le cose. Il mio ruolo e’ quindi anche quello di “intermediario” tra le due realta’ e le due culture.

Avevo fatto esperienze in questo parte di mondo in passato, ma da semplice fornitore o cliente, per cui da una parte non mi era completamente sconosciuto, dall’altra vivere al 100% qui e’ ovviamente diverso e piu’ completo.

Ho cercato quindi, di capire, adattarmi, tradurre quell’insieme di cose che sono “il modo di vivere” nel senso piu’ ampio del termine. E di farne buon uso sia nei momenti di vita al di fuori del lavoro che nelle gionate e nelle dinamiche di lavoro.

Ci sono tante cose interessanti e tante cose che mi hanno colpito e cambiato. Ne cito tre, che sono, a mio parere interessanti perche’, come scrivevo prima, hanno a che fare con la vita, dentro e fuori i momenti di lavoro.

Zuverlässig: questa e’ una parola molto importante, direi la piu’ importante nel vocabolario di chi vuole capire questa cultura. Si traduce letteralmente con “Affidabile”. Ma si deve tradurre anche nel senso piu’ ampio possibile, con i comportamenti e con un modo di fare. Dietro a questa parola c’e’ un principio molto semplice: “io non voglio spendere tempo, soldi, energia, per compensare i tuoi casini, la tua scarsa organizzazione”. Questo ha un impatto quotidiano, ad esempio sulla ovvia e mitologica maniera di esse puntuali agli appuntamenti, ma anche sul fatto che la puntualita’ la si pretende. E’ impossibile fare business qui senza comprendere questa parola. Oppure, lo si puo’ fare, rimanendo pero’ confinati nella immagine dell’italiano simpatico ed inaffidabile ==> ovvero ci vediamo quando prorio non ho altre alternative….

Per favore, vieni qui che ho bisogno”

Ero dentro una sala riunioni ed avevo necessita’ che una mia collega mi portasse delle informazioni. Una porta a vetro ci divideva, ma fortunatamente lei era a vista, bastava si girasse un attimo e che incrociasse il mio sguardo. Ed in effetti, fui fortunato. Sorrisone da parte mia per dire “ciao” e con la mano feci il classico gesto ad uncino, per chiamarla a me e raccontarle di cosa avevo bisogno visto che non potevo uscire. La risposta fu un altro sorrisone, ma lo sguardo si piego’ quasi subito sulla scrivania, continuando a fare le cose che stava facendo. Dopo ho capito. Dentro le infinite forme espressive esistono anche i gesti. E questi, come la lingua parlata, ha un vocabolario ed una traduzione tutta sua. Piu’ tardi mi sono sincerato con la mia collega se avessi fatto un gesto sconveniente, fortunatamente no, ma da allora giro con le mani in tasca….

Questo e’ un altro punto di attenzione per me. Ho cercato di capire, ho chiesto, mi sono fatto spiegare il vocabolario dei segni. Anche perche’ devo capire cosa mi raccontano i miei colleghi con le mani e con gli occhi, e soprattutto, i miei clienti.

Cio che e’ pubblico e’ mio “

Capita, girando per le strade, a volte di notare cose strane. Nei cantieri sulle strade, tutti gli alberi sono avvolti da assi di legno. Prima vengono avvolti da un paio di tubi di gomma (gialli nella piccola foto qui), poi le assi, tenute ferme da filo di ferro. A cosa serve: a proteggerli, se durante i lavori ci sbatto contro, non si rovinano. Questa cosa e’ basata su un principio molto semplice: “cio che’ e” pubblico e’ di tutti, quindi anche mio”. E quindi nessuno puo’ permettersi di sciupare le cose che sono mie. Questo, ovviamente, vale anche in azienda. Le cose dell’azienda sono anche mie e quindi nessuno puo’ appropriarsene ne non per fare cose che servono all’azienda.

Spero di essere riuscito a trasferire qualcosa della mia esperienza. Almeno cio’ che piu’ mi e’ rimasto impresso in questo ultimo periodo.

Per quello che posso, sono a disposizione per tutti i membri di FdR per chiarimenti o scambi di opinione, e un saluto a tutti.

 

 

2 Commenti

  1. La Germania è un Paese difficile, su cui Camere di Commercio e Enti di settore continuano a proporre sessioni di “Progetto Paese”, senza arrivare ancora e comunque a dare linee guida e indicazioni “precise” su come affrontarlo, da fuori e dentro i confini.
    Giorgio riporta sfumature che da viaggiatore ho colto e vissuto spesso. A questo aggiungerei quanto sia difficile abbattere la quarta parete, quella trasparente per l’amore che la Germania ha nei confronti dell’Italia, ma dura per la scarsa stima che talvolta ci si guadagna sul campo.
    Affidabilità, credibilità, rispetto, puntualità sono elementi cardine per lavorare in quest’angolo d’Europa.
    Ma alla Germania, al tedesco piace che dall’Italia arrivino dosi massicce di flessibilità, creatività, conoscenza dei mercati e capacità di ascolto. Al di là della lingua, in questo mélange stanno la forma e il successo di chi vive, lavora e opera in quell’area.
    Naturalmente, Viel Glück a Giorgio! Buona fortuna!

  2. Giorgio cita tre valori tedeschi che non appartengono pienamente alla nostra cultura italiana e viene da aggiungere purtroppo.
    Piuttosto da noi quei tre valori sembrano i protagonisti del gioco delle tre carte: tocca sempre indovinare dove sia finito l’uno o l’altro o l’altro ancora.
    Ne abbiamo di altri, certo, altrettanto preziosi.
    Ma se parliamo di relazioni di lavoro o di opportunità professionali da costruire e consolidare, il rischio è davvero grosso.

    La Germania è un paese preso sempre a riferimento per i suoi parametri monetari o educativi: mi piacerebbe se Giorgio ci raccontasse qui o in un prossimo racconto i valori positivi che noi italiani trasferiamo invece ad un tedesco durante un rapporto di lavoro.
    Sono certa che ci siano, come pensa Fausto.
    Magari qualche suggerimento da chi vive là potrebbe far comodo.

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