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Riunioni e Pensiero Divergente. Cosa c'entra con la Leadership?

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Tutte le nostre realizzazioni importanti sono il risultato di un lavoro fatto con altre persone: pensate a risultati sportivi o risultati aziendali.
Per fare le cose insieme agli altri ci riuniamo con loro per parlarne e organizzarci.

Nelle organizzazioni, la gente si riunisce … ma queste riunioni sono sempre utili?
Vi propongo un modo di ragionare, e di agire, perché le vostre riunioni abbiano senso, e portino effetti concreti in termini di azione, entusiasmo e coinvolgimento.

Ci sono due tendenze tipiche durante le riunioni nelle organizzazioni:
a. si chiudono i discorsi in modo brutalmente rapido, spesso arrivando a inutili decisioni di cartapesta (inutili, non ispirano e non trovano applicazione convinta);
b. si portano avanti chiacchiere poco utili, infinite, e senza scopo che non danno nessun risultato.

In entrambi i casi nasce insofferenza, frustrazione, resistenza alle decisioni, conflitto evidente o sommerso.

Come organizziamo e viviamo una riunione in modo da produrre risultati importanti in modo efficiente?
Primo punto e un passo indietro:
quali risultati vogliamo raggiungere, alla fine della riunione, rispetto a una certa questione?
Tra le numerose possibilità:

-> Condivisione di conoscenze e informazioni (dati di vendita, elementi di progettazione, aspetti operativi/organizzativi).
-> Sviluppo di un ragionamento (definire un problema, analizzare le cause di un problema, svolgere un analisi di diversi scenari);
-> Prendere una o più decisioni (questo è il caso difficile …).

Secondo punto: quale tipo di metodologia utilizziamo per arrivare al risultato che desideriamo?
Se dobbiamo riunirci per scambiare informazioni e dati, o prendere decisioni su questioni poco rilevanti, tutto è più semplice.
Diverso è il caso in cui l’obiettivo è prendere una decisione su una questione importante: per esempio un piano di progetto, che coinvolge un numero di persone, che dovranno implementare le decisioni per i prossimi dodici mesi.

Perchè è molto diverso?
La ragione è, che se dobbiamo semplicemente scambiarci delle informazioni, o decidere chi fa il turno domani, possiamo tranquillamente gestire gli argomenti tenendo d’occhio l’orologio e arrivando subito al punto.

dibattito1
Il problema è che la maggior parte delle volte si spera di risolvere in fretta anche questioni complesse che richiedono approfondimento e coinvolgimento, per esempio importanti decisioni che riguardano un gruppo.

dibattito2
Immaginate un Gruppo al lavoro per definire una questione articolata e complessa come il lancio di un prodotto. Un problema che ha molte soluzioni diverse … tutte giuste! Oppure immaginate un consiglio di amministrazione che deve decidere se, e come, accettare la proposta di fusione, avanzata da un concorrente importante. E’ un tema che può essere affrontato con le idee abituali, di tutti i giorni?
Questo tipo di questioni non ha soluzioni ovvie e richiede un altro approccio.

Come dobbiamo affrontare  questioni complesse.
E’ necessario lasciare il tempo necessario all’esplorazione delle possibilità e delle soluzioni. Se qualcuno tenta un ragionamento diverso dal solito, innovativo, originale, deve essere incoraggiato. Se qualcuno, solitamente timido prova a contribuire deve essere supportato. Se pensiamo e diciamo cose insolite stiamo seminando soluzioni creative ed innovative. Bene! Ascoltiamo chi dice cose diverse dal solito!
Questo è pensiero divergente, che esce dai soliti percorsi. Aiuta il gruppo a definire scelte significative ed inattese, molto positive.

Ci sono due problemi a questo proposito:
a. il pensiero divergente non viene incoraggiato …. il clima prevalente nelle riunioni è tale per cui nessuno vuole dire “scemenze” o “andare per la tangente”. Il risultato è che la riunione produce un risultato che appartiene a pochi, pochissimi.  Questo, poi, si vede molto bene quando sono solo quei pochi, che supportano quel risultato/decisione.
b. Il mondo del pensiero divergente può essere complicato e difficile.
E’ difficile passare da esprimere il proprio pensiero, ad ascoltare il pensiero divergente degli altri con apertura mentale. Questo è ancora più difficile quando sono molti i punti di vista presenti. Le persone si stancano, diventano impazienti; alcuni spingono perché si chiuda il dibattito; qualche pensiero che sembra importante ad alcuni, appare completamente inutile ad altri.
In questi casi nasce confusione e stress. In questa condizione, chi prova a riorganizzare il dibattito, anche con le migliori intenzioni, viene coinvolto in ogni caso nella confusione.

Quali sono le difficoltà.
Quando questo accade, tipicamente, il Leader annuncia che ha preso la decisione. Tenta di mettere fine alla confusione, allo stress, e di risparmiare tempo …. e comunica la decisione. “Va bene … basta così … facciamo in questo modo …, chiudiamola qua.”
Nel caso peggiore questa decisione è percepita in modo molto distante da tutti, come se sia stata presa prima della riunione. Ne segue una profonda sfiducia. “Perché ci siamo riuniti se aveva comunque già deciso?”, pensano tutti … .
Nel caso migliore, le persone restano comunque distanti. Arrivare alla decisione in questo modo è un grave errore.
Allora come facciamo? Come passiamo dal pensiero divergente alla decisione conclusiva?

Dobbiamo renderci conto che il pensiero divergente, con la confusione che nasce dalla varietà di idee e di opinioni, è una ricchezza. Però, molti gruppi, meno competenti, quando la confusione e lo stress aumentano, si fanno l’idea che il gruppo funziona male. E invece, in certe specifiche condizioni è proprio così che deve funzionare. Tuttavia il Leader si spaventa e prende una inutile decisione di cartapesta che nasce viziata e sarà ostacolata da molti.

lotta-e-confusione
I gruppi buoni, che funzionano e realizzano risultati, sono capaci di superare le fasi necessarie di “lotta e confusione” che servono per arrivare a decisioni forti e sostenute da tutti. Talvolta è necessario il contributo di un facilitatore che attiva queste capacità nel gruppo, e le rende permanenti.

Le fasi di lotta e confusione

a) arricchiscono il dibattito con idee intelligenti;
b) portano tutti a sentire le decisioni come proprie;
c) conducono a una decisione/i con una qualità elevata e che viene sostenuta.

Il vero problema a questo proposito è che, anche nei casi di decisioni complesse la fase di “lotta e confusione” è molto temuta, anche perché richiede competenze specifiche, e normalmente non si affronta.
Troppo spesso progetti importanti non vengono portati avanti perché non si riesce ad affrontare o superare la fase di “lotta e confusione.
La fase di Lotta e Confusione allinea il gruppo ed è la base per il successivo pensiero convergente: allineamento e conclusioni supportate da tutti.

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Ed infine … o meglio per iniziare …

-> E proprio vero che i Leaders si spaventano di fronte alla “lotta e confusione”?
-> Se questo è vero, che ragionamenti possiamo fare per supportare i nostri Leaders?
-> Perché un Leader è più Leader, se consente “lotta e confusione”? Oppure non siete d’accordo, e pensate che un Leader deve fare ordine e impedire la “confusione”?
-> Cosa può fare bene, un Leader rispetto alle “conversazioni” con i suoi collaboratori?

Un carissimo saluto … mentre aspettiamo numerosi commenti … in pieno spirito di “lotta e confusione”. 😉

I concetti espressi in questo articolo sono una rielaborazione delle idee di Sam Kaner. Ho conosciuto Sam a Nexus for Change in Ohio, nell Marzo 2007 e ho partecipato ad una sua sessione entusiasmante.

2 Commenti

  1. Devo dire che c’è davvero tanto in questo articolo …

    … proprio pochi giorni fa ho letto un articolo del prof. Guido Sarchielli che titolava “Fare una riunione … per deciderne un’altra”. Il titolo mi ha fatto sorridere e mi ha fatto pensare a quanto queste parole fossero, in molti casi, più che calzanti …

    Il prof. riportava i dati di un’inchiesta condotta qualche anno fa dalla Microsoft dalla quale è emerso che, delle 38.000 persone consultate, ben il 71% riteneva le riunioni quasi sempre poco produttive.

    In azienda si parla molto e molto spesso di coinvolgimento delle persone e dei propri collaboratori. Vedo quindi la riunione un importante strumento di lavoro da due punti di vista:
    – strumento di coinvolgimento, appunto, e di condivisione su obiettivi e linee aziendali
    – metodologia di lavoro finalizzata alla generazione di nuove idee e allo sviluppo dei progetti.

    In entrambe i casi è importante non sottovalutare il fatto che, nel momento in cui convochiamo una riunione o siamo invitati a prenderne parte, stiamo investendo il nostro tempo di lavoro … forse vale la pena impegnarsi affinché questo tempo sia investito in modo efficace. Per l’azienda. Per la persona.

    Concordo quindi sulla necessità di affrontare questi momenti con “metodo”, a partire proprio dalla considerazione che la “riunione” è già di per sé un metodo di lavoro.

    Quante volte ci è capitato di essere convocati ad un incontro per il quale non era definito in modo chiaro l’ordine del giorno? Banalmente: perchè siamo qua? perchè con queste persone? e con quale obiettivo? …
    Sembra un aspetto scontato, il necessario punto di partenza, ma spesso, se andiamo a ripercorrere brevemente le nostre esperienze, possiamo facilmente renderci conto di quanto questo aspetto non sia poi in realtà così scontato. Arrivare ad un incontro senza aver chiara l’agenda, può indurre disorientamento, al contrario, aver chiara visione degli obiettivi, favorisce consapevolezza e, perchè no, consente di “arrivare più preparati” sotto tutti i punti di vista.

    Come anticipavo prima, il tempo che dedichiamo a questo processo, è tempo di lavoro. È quindi importante dargli valore affinché diventi tempo ben investito e, in quanto tale, produttivo; senza togliere nulla al fatto che, produttivo, può essere anche un incontro di condivisione di linee ed obiettivi aziendali, in quanto in grado di generare coinvolgimento e quindi motivazione.

    Arrivati all’incontro condivido quindi l’importanza di gestirlo con metodo: curarne l’organizzazione e rispettare i tempi di inizio e chiusura; gestire i diversi contributi affinché tutti possano esprimersi. Il leader, o meglio, chi convoca l’incontro deve essere in grado di far funzionare tutto questo ed avere doti di facilitatore, capacità di ascolto attivo, capacità di coordinamento. Ciò è ancora più vero nel secondo caso prima citato, in cui la riunione ha la finalità di generare idee nuove e sviluppare nuovi progetti.

    Riporto brevemente le prime riflessioni che mi vengono in mente, rispetto alle domande che poni in chiusura:
    1. “è proprio vero che i Leaders si spaventano di fronte alla “lotta e confusione”? Credo che dipenda molto anche dall’”atteggiamento personale” del leader, dalle caratteristiche della persona. Si, il conflitto non è solo negativo, può bensì essere “generativo” è importante esserne consapevoli e, delle due, facilitarlo. Va guidato. E forse è proprio questa la difficoltà. Il leader deve sapersi “mettere in gioco”. Non è semplice. Anche in questo caso dipende molto, a mio avviso, dalle caratteristiche della persona.
    2. Se questo è vero, che ragionamenti possiamo fare per supportare i nostri Leaders? Banalizzo ma la “cultura dell’esempio” forse è una delle opportunità migliori che ci si può giocare …
    3. Perché un Leader è più Leader, se consente “lotta e confusione”? Oppure non siete d’accordo, e pensate che un Leader deve fare ordine e impedire la “confusione”? Dipende appunto dagli obiettivi dell’incontro. Se ha la finalità di creare condivisione, la lotta e confusione che citi, dal mio punto di vista, si traduce in resistenza al cambiamento… entrano quindi in campo altre variabili. Nel caso in cui la riunione debba essere “generatice del nuovo” la confusione, se guidata, può tradursi in opportunità …
    4. “Cosa può fare bene, un Leader rispetto alle “conversazioni” con i suoi collaboratori?” Dovrebbe dare l’esempio. Essere disposto all’ascolto. Motivare le scelte e guidare alla comprensione degli eventi.

    Infine, grazie a tutto il gruppo di “Fior di risorse” per aiutarci ogni giorno a riflettere su temi tanto importanti. Un caro saluto, Barbara

  2. Ciao Barbara,

    In tanti siamo d’accordo sulla scarsa produttività delle riunioni.
    Anzi, quando le riunioni quando non funzionano, non sono semplicemente inutili, sono dannose.

    Allora? Non facciamo più riunioni?

    In realtà la comunicazione ha luogo comunque, le decisioni vengono prese comunque e il processo produrrà comunque degli effetti (buoni o cattivi) sulle persone e sull’organizzazione.

    Quindi meglio fare riunioni che funzionano!

    – Ogni riunione ha uno scopo;
    – Lo scopo di ogni riunione è funzionale a obiettivi “grandi”;
    – E’ importante avere chiarezza rispetto agli obiettivi “grandi”;
    – Molto spesso la chiarezza manca, in particolare rispetto agli scopi della riunione;

    Quindi la prima domanda è: cosa ci riuniamo a fare? Quale è lo scopo?

    Le riunioni, all’interno di scopi più ampi, possono perseguire uno o più dei seguenti obiettivi:
    – condividere informazioni (dati di vendita – risultati di un questionario)
    – condividere e sviluppare ragionamenti utili (migliorare la comprensione di un problema – analisi)
    – raccogliere opinioni;
    – prendere decisioni;
    – migliorare la comunicazione;
    – migliorare il Team;
    – migliorare la capacità;

    Chi convoca la riunione deve chiarirsi rispetto all’obiettivo della riunione nell’ambito di un progetto/argomento più ampio.
    E’ frequente che un manager convochi una riunione per raccogliere informazioni/opinioni, ma tutti hanno invece l’idea che si deve prendere una decisione tutti insieme.
    Ma se il manager la decisione la prende da solo, (non c’è niente di male), deve chiarire, che nella riunione vuole solo raccogliere le opinioni. L’equivoco è frustrante per i partecipanti.
    Perché me lo chiedi se tanto hai già deciso?“. Meglio dire: ”ci riuniamo perché voglio sentire come la pensate. Il peso della decisione è mio.”

    Se invece il manager vuole che la riunione produca una decisione, (con un certo grado di coinvolgimento), dichiara che la riunione ha successo se si prende una decisione che ha un ragionevole supporto di tutti.

    Il manager vuole/deve valutare (decidere consapevolmente) quale livello di partecipazione alla decisione vuole assicurare, per vedere quale livello di commitment produrre rispetto alla decisione, conoscendo i pro, i contro e le implicazioni.
    Voglio una soluzione svelta, che però si sfalderà in fretta, o una soluzione che resiste nel tempo?
    Cosa posso permettermi?

    Quindi la seconda importante domanda: quale il Design della riunione, in funzione dell’obiettivo?

    Se voglio decidere le specifiche di un prodotto, e voglio aumentare la collaborazione tra marketing, vendite e produzione, farò un design delle attività che produca delle decisioni che tutti sostengono, utilizzando un processo che costruisce comprensione, accettazione e sviluppo della capacità di collaborare tra questi reparti.

    Il design dipende dagli obiettivi E dagli argomenti cui gli obiettivi si riferiscono.
    E’ una questione di routine? E una questione completamente nuova?

    Una proposta per alcune caratteristiche di un Piano di Riunione.

    1. Descrizione di tutti gli argomenti da trattare;
    2. Definizione dello scopo della riunione e dello scopo generale in cui la riunione si inserisce;
    3. Design di un processo che produca il livello di partecipazione desiderato, ed opportuno, (alto o basso). Il processo include una o più attività combinate tra loro secondo la logica prescelta. (queste possono non essere descritte nel documento che viene diffuso in anticipo).
    4. Stima realistica dei tempi delle attività (molto brevi o lunghi, ancora, dipende)
    5. Attività di introduzione che “trasportano” le persone nella riunione e danno un’idea a tutti di cosa si farà;
    6. Attività che diano a tutti un senso di compiutezza: riepilogo dei risultati, i prossimi passaggi, una valutazione della riunione, la possibilità per tutti di fare una osservazione conclusiva.
    7. E’ bene prevedere un break di dieci minuti se la riunione supera le due ore.
    8. Il piano dovrebbe essere disponibile per tutti.

    Quanto al rapporto tra la leadership, le riunioni, e le fasi di lotta e confusione. Il manager normalmente ha timore del caos e vuole controllo.
    Spesso un facilitatore può dare un contributo nella fase di progettazione e/o nella fase di facilitazione vera e propria.
    Il supporto del facilitatore è utile ad una condizione molto importante: deve costruire nel manager, e nel gruppo, capacità permanenti di interazione. Così che quando lui sparisce il gruppo funziona in modo fantastico.

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