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Siamo figli di Olivetti

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In questa visita partivo da pre-contaminato:

Sono figlio di un dipendente Olivetti entrato in azienda a 14 anni come apprendista meccanico e cresciuto nelle scuole di formazione Olivetti prima e con i programmi studio-lavoro che gli hanno permesso di diplomarsi e laurearsi durante il lavoro. Olivetti è un azienda che ha portato un apprendista 14 meccanico a dirigente cha ha guidato impianti di produzione nel mondo (Scozia, Singapore, Russia, nonché Pozzuoli, Crema e la galassia Canavesana).

Sono figlio anche dell’impronta sociale lasciata da Olivetti sul territorio ove operava: Scuole internazionali, centri culturali, gruppi sportivi e assistenza sanitaria.

Sono figlio anche della parabola discendente di Olivetti degli anni novanta, quando da adolescente ho assistito, senza capirla troppo, al rapido declino dell’impero Olivettiano, della grave crisi occupazionale del Canavese e della distruzione dei valori aziendali, ma fortunatamente non di quelli culturali.

Eppure mi mancava qualcosa….

come ogni buon figlio ho sedimentato esperienze da giovane senza troppo capirle ma solo un ri-incontro con l’Olivetti in età più matura mi ha permesso di comprendere il pezzo mancante.

Il Muster ha aggiunto un ulteriore pezzo del puzzle, introducendo interventi di persone che hanno vissuto l’esperienza Olivetti e che sono impegnati con passione a studiare, divulgare e promuovere l’eredità di Olivetti.

E allora ho messo insieme i pezzettini ed a si è messa a fuoco una parola che a mio giudizio riassume l’esperienza Olivetti: La restituzione.

Olivetti ha interpretato il teorema dell’impresa di successo (che genera profitto) inserendo un postulato: restituendo cultura e benessere alla società, posso aumentare il successo dell’azienda.

Ivrea e Olivetti sono luoghi da vedere, vivere e capire e hanno ancora moto da insegnarci, luoghi dove la restituzione della cultura e del benessere del territorio, dell’ambiente, dei dipendenti e della famiglia.

C’era una volta il welfare

Un passaggio mi ha colpito di fronte ai poliambulatori voluti da Olivetti per i propri dipendenti e famigliari nel racconto dell’attore Marco Peroni: i dipendenti per Olivetti non dovevano avere preoccupazioni. E questo l’ha portato a costruire un modello di benessere del dipendente che oggi abbiamo ribattezzato welfare aziendale.

In fondo lo interpreto come un secondo postulato dell’impresa di successo: un dipendente sereno e senza preoccupazione sarà più motivato e produttivo.

Viene da chiederci: dove ci siamo persi? L’aver tradito gli ideali di Adriano ha fatto crollare l’Olivetti e non solo…. Ma dei semi sono rimasti.

Oggi molte aziende moderne hanno carte dei valori che spesso sono solo slogan e che ricadono in alcuni sporadici casi sui propri collaboratori e quasi mai sul territorio. Ma il problema sta proprio li: sono slogan.

Adriano Olivetti ha messo in atto insegnamenti ed azioni di una modernità disarmante e questo ha fatto diventare lui stesso uno slogan, quando spesso personaggi di dubbia credibilità hanno usato messaggi Olivettiani per viverne di luce riflessa.

Vedere come i messaggi di un esperienza industriale di ormai un secolo fa siano sempre attuali, fa nascere una speranza che in ognuno di noi vi sia un fertile terreno su cui i semi Olivettiani possano riattecchire e rifiorire in maniera sempre più rigogliosa.

E’ una sfida che ci ha lasciato Olivetti e che noi tutti dobbiamo portare avanti

P.S.

Sono figlio anche del Carnevale di Ivrea, ma questa ò l’altra faccia di Ivrea ed è un’altra storia da raccontare

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